Ecoturismo e privati per salvare la Palmaria
Il Secolo XIX, 7 aprile 2016 – Da Sao Tomè, uno Stato insulare africano dove sto lavorando al Piano di sviluppo sostenibile di una regione, seguo il dibattito sulla Palmaria. La somiglianza è sorprendente. In entrambi i casi le isole sono un paradiso incontaminato e un ecosistema ricco di biodiversità, e ospitano edifici abbandonati di grande valore storico e architettonico: i forti e le batterie in un caso, le roças, piantagioni già coloniali, nell’altro caso. Comuni sono i rischi: lo sfruttamento incontrollato della risorsa turistica, l’economia dei resort, la perdita dell’identità. Paradisi naturali unici che diventano uno dei tanti paradisi immobiliari. Ma comune è anche la soluzione: l’ecoturismo che rispetta l’identità dei luoghi e ha come interlocutore privilegiato il turista “attivo”, esploratore e amante della natura, della cultura, della gastronomia, della vita comunitaria dei luoghi. Un tipo di turismo in continua crescita, come dimostrano i dati di tutto il mondo, anche quelli spezzini e di Sao Tomè.
In Africa ho imparato che la partecipazione comunitaria delle popolazioni locali è un fattore decisivo dello sviluppo dell’ecoturismo. Un anno fa, a Sao Tomè, è nata, la “Plataforma do turismo responsavel e sustentavel”: un’associazione che raduna oltre 50 associazioni, ong, comunità e imprese. La “Plataforma” si è dotata di un fondo, che serve per promuovere le attività: gestione del Parco, manutenzione dei sentieri, informazione e marketing turistico, formazione delle guide… Al di là delle differenze, vale l’esempio di una gestione comunitaria di un bene comune, che vuole supplire alla carenza di risorse pubbliche, umane e finanziarie. E’ la stessa sfida del neonato “Laboratorio Palmaria”: “un programma di riuso civico” e “una gestione a carattere ecologico-economico, a partire dalla natura di Parco e di proprietà pubblica dell’isola”. Una sfida anche alla partecipazione di capitali privati, disponibili a investire nell’ecoturismo. A Sao Tomè partecipano alla “Plataforma” anche imprese, locali e straniere, che hanno investito molto nell’ecoturismo, con buoni ritorni. E’ la prova che si deve tornare ai territori per ritrovare estro e competitività: ripartire dal capitale territoriale e dalla resilienza del locale nell’epoca della finanziarizzazione dell’economia e dei flussi globali. Non ci salveranno gli emiri ma le virtù civiche, i saperi e le imprese che si fondano sul capitale sociale e la coscienza dei luoghi. A Sao Tomè come alla Palmaria.
Giorgio Pagano
Presidente dell’Associazione Culturale Mediterraneo
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