Conflitto porto città serve la buona politica
Il Secolo XIX, 28 febbraio 2018 – Le contrapposizioni tra città e porto rischiano di farci tornare a vent’anni fa. Se ne può uscire, come allora, con la Politica, che non è esibizione muscolare ma arte della convivenza e della ricerca della sintesi tra interessi e punti di vista diversi. E’ grazie alla Politica che il Comune nel dicembre 2001 approvò il Piano Regolatore del Porto, frutto della copianificazione con l’Autorità Portuale e della partecipazione popolare, che portò a un voto quasi unanime in Consiglio Comunale. Il Piano fu poi approvato dalla Regione nel 2006, dopo qualche anno trascorso nei meandri ministeriali. Seguirono gli anni “dell’ignavia” (2007-2010), in cui nulla si fece, e poi gli anni del “ritorno del conflitto”: la proposta di masterplan del waterfront, sensibilmente diverso dal progetto vincitore del concorso di idee e dallo strumento urbanistico comunale; la scelta, sepolto il masterplan dalle critiche, di adibire il molo Garibaldi alle crociere senza aspettare la riconversione di Calata Paita e la costruzione della stazione crocieristica; lo scontro violento, sulle crociere, tra A. P. e Comune, prima subalterno all’A.P., poi suo critico feroce. Tutto il resto è andato avanti con grande lentezza. Si è dimenticato che il PRP è legge, vincolante per tutti, e che va attuato rispettando le fasi temporali, le prescrizioni ambientali e le volumetrie previste (140.000 mq più le compensazioni per la realizzazione della fascia di rispetto), coinvolgendo il “Tavolo permanente pubblico”. Oggi, per recuperare il tempo perduto, non si può che rispettare la legge e tornare all’esercizio della Politica.
In particolare occorre riflettere su un obbiettivo della pianificazione di allora che è più che mai attuale. La concentrazione tra compagnie armatoriali e l’aumento delle dimensioni delle navi farà sì che sarà sempre più ridotto il numero dei porti. Si sceglieranno solo quelli che potranno mettere a disposizione spazi retrostanti adeguati. Un porto non deve limitarsi a movimentare le merci, ma offrirsi come chi sa lavorare le merci prima di imbarcarle o dopo averle sbarcate. Sono soprattutto queste attività di stoccaggio, distribuzione, logistica che creano lavoro. Anche sulle aree retroportuali di Santo Stefano e più in generale sugli interporti va quindi accelerata la fase attuativa.
Giorgio Pagano
Presidente dell’Associazione Culturale Mediterraneo
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