Collaborazione oltre il municipalismo
Il Secolo XIX – 3 agosto 2008 – Recentemente al Cittàterritorio Festival di Ferrara esperti di tutte le discipline hanno discusso delle città.
La prima parola chiave, coniata dal sociologo Aldo Bonomi, è stata “città infinita”: la città non ha più bordi definiti che la contengono e si espande nel territorio. Come ha detto l’architetto Stefano Boeri “svaniscono i confini con la campagna e con le città contigue, sfuma il perimetro della città”. Una città che include al suo interno la parte antica, quella moderna e le sue periferie, e poi i tanti oggetti che vediamo scorrere quando viaggiamo e ci accorgiamo che le città hanno sempre porzioni nuove: le palazzine residenziali, l’autolavaggio, il capannone industriale, poi il villaggio a schiera, il centro commerciale, il multisala, il call center … La “città infinita” incontra molte critiche perché si teme che venga meno la socialità, che aumenti l’uso dell’auto e quindi l’inquinamento, che la nuova forma di città sia più ” brutta” della precedente.
Per governare questo mutamento ci manca il “progetto”, ha detto l’urbanista Bernardo Secchi; e ci manca, ha aggiunto il sindaco di Venezia Massimo Cacciari, la “governance “, una forma di governo che segna la distanza dalle forme tradizionali perché basata sull’interazione e la connessione tra le diverse istituzioni dell’area vasta e tra pubblico e privato.
“Progetto” e “governance”, le altre due parole chiave, richiamano l’esperienza della pianificazione strategica, sviluppatasi in Italia dalla fine degli anni ’90 in una trentina di città, sulla scia dei successi europei. Il piano strategico è una visione del futuro della città condivisa e partecipata, che ha bisogno di una forma di governo di area vasta, basata sulla collaborazione tra tutte le istituzioni e tra queste e gli attori sociali. La risposta alle sfide della “città infinita” non può essere dunque quella del localismo claustrofobico e neppure quella di un municipalismo virtuoso, adatto ad epoche ormai lontane: ormai è chiaro che la dimensione comunale non è la più adatta per pianificare. Cacciari ha insistito sulle proposte dell’Anci: nelle grandi città unire i Comuni nella Città metropolitana e abolire la Provincia; nelle altre città mantenere alla Provincia funzioni di pianificazione di area vasta, da esercitare insieme ai Comuni, e costruire le Unioni dei Comuni più piccoli.
Il tema si pose anche alla Spezia, dove il piano strategico fu -non a caso- promosso da Comune e Provincia, concordato con la Regione e con tutte le istituzioni e le associazioni a carattere provinciale e arricchito da protocolli di intesa con i Comuni limitrofi e quello di Sarzana. Oggi, al di là delle modalità, si ripropone la stessa esigenza: una forma di governo che veda cooperare, sulle scelte strategiche, più istituzioni e coinvolga gli attori sociali. Solo due esempi: le scelte, stringenti, sulla Snam e sull’Enel. Ogni autonomia deve cercare accordi con altre autonomie, partecipando a forme più elaborate di “governare insieme”. E’, da noi, un’attitudine ormai consolidata, che non va dispersa. Il percorso è faticoso ma obbligato: perché “strategico” e “comunale” sono ormai termini incompatibili tra loro. E la nave, per tenere il mare, deve essere governata da più piloti.
lontanoevicino@gmail.com
Popularity: 4%