Centrosinistra in crisi servono progetti
Il Secolo XIX – 27 Marzo 2013 – Il gran botto delle elezioni ha scoperchiato la pentola della politica spezzina. In provincia il Pd è passato da 58.000 voti (politiche del 2008) a 42.000, dal 40,5% al 32,2%. Il Pdl si è dimezzato: da 50.000 (34.9%) a 24.000 voti (18,8%). Per poco il M5S non è il primo partito: con 38.000 voti raggiunge il 29,4%. Nel Comune capoluogo i grillini sono il primo partito nei seggi di Fossamastra, Ruffino, Pegazzano e in uno del centro; e superano il 30% a Marola, Melara, Favaro, Valdellora… E’ una svolta profonda, che modifica alla radice i confini tra politica, società e territorio. Il dato è nazionale: destra e sinistra, come ha spiegato Ilvo Diamanti, perdono il loro popolo. Anche a Spezia i due principali partiti hanno perso la loro base di riferimento. Il Pd resta forte tra i pensionati, il Pdl tra le casalinghe, mentre il 40% degli operai e il 47% dei giovani ha votato per il M5S.
Per il centrosinistra, che si credeva vincitore, lo schiaffone è stato violento. In questi anni ha smarrito il suo ancoraggio sociale e ogni idea di mutamento radicale dell’esistente, ed è stato assimilato al resto del ceto politico, subalterno ai poteri dell’economia e lontano dal dolore che raggela l’esistenza di tante persone. Complici i comportamenti non certo esemplari di alcuni suoi esponenti: si pensi alle spese pazze nel Consiglio regionale ligure, che hanno coinvolto tutti gli schieramenti
Il voto obbliga anche il centrosinistra spezzino a un ricambio di idee e di uomini. Oggi, pur sommando ai voti di Bersani quelli di Udc e di Ingroia (che a livello locale sostengono, più o meno, la Giunta), non si arriva al 40%. E non si arriva al 30% se si considera l’intera platea degli elettori, cioè anche il 25% di astenuti. Del resto le amministrative erano già state un segnale: la vittoria al primo turno con un 46% di astenuti era il frutto del consenso di appena un quarto dell’elettorato.
La crisi non riguarda solo i partiti, ma anche sindacati, associazioni, istituzioni locali. C’è una disgregazione sociale che sta creando individui soli e separati tra loro, ma c’è anche un’esplosione partecipativa, la spinta di cittadini che vogliono essere ascoltati e contare ma non trovano una risposta. Nemmeno nel centrosinistra. Se ne esce solo con grandi idee e obiettivi e una nuova forte iniziativa politica, fondata sulla partecipazione dei cittadini. Serve un radicale cambio di sguardo da parte di una classe dirigente che deve mettersi seriamente in discussione. Deve essere cioè pronta a cimentarsi con la sfida di un progetto per il futuro: una nuova idea di sé della città in un’Italia e in un mondo che cambiano. E a costruire forme decentrate di democrazia diretta, che accompagnino i processi decisionali della città. Messe in soffitta la pianificazione strategica e le circoscrizioni, esperienze con limiti ma in grado di raccogliere in una rete fitta molte persone, ora resta la frammentazione, che spesso assedia il Palazzo. Grillo sbaglia a pensare di fare a meno della democrazia rappresentativa; ma essa, per non morire, va integrata con strumenti di democrazia diretta. Servono nuovi canali interattivi tra cittadini, politica e istituzioni. Altrimenti la vera rappresentatività si trasferirà sempre più fuori dai circuiti politici e istituzionali tradizionali.
Giorgio Pagano
Presidente dell’Associazione Culturale Mediterraneo
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