Asili nido cittadini in linea con l’Europa
Il Secolo XIX 20 settembre 2009 – Il conto alla rovescia è terminato, la scuola ha riaperto i battenti. I primi a partire sono stati i 900 bambini dei nidi e delle scuole comunali dell’infanzia: 244 nei nidi a gestione diretta, 18 nelle Sezioni Primavera rivolte ai piccoli dai 24 ai 36 mesi, 207 nei nidi gestiti per conto del Comune da cooperative sociali, 425 nelle scuole dell’infanzia. Ci sono poi i nidi privati autorizzati dal Comune, che ospitano 228 bambini. In totale i posti disponibili per i nidi sono 697, il 30,91% dei bambini da 0 a 3 anni residenti nel Comune di Spezia. Qualche anno fa le liste d’attesa erano state quasi azzerate, quest’anno ci sono 75 bambini in lista d’attesa nelle strutture scelte in sede di domanda, a fronte di 34 posti disponibili in altre strutture: il segno di un costante incremento delle richieste, a cui occorre rispondere. Intanto sono di prossima apertura due nidi aziendali, uno della Marina Militare per 45 bambini e uno di Call & Call per 15. Con questi 60 posti la percentuale di copertura territoriale dei servizi salirà al 33,56%, raggiungendo quella prevista per il 2010 dalla Conferenza europea di Lisbona. In Italia, invece, il nido resta un miraggio: 9 bambini su 10 restano a casa, la percentuale di copertura è del 10%.
I nostri, dunque, sono risultati importanti: siamo quasi un pezzo di nord Europa trapiantato nel Mediterraneo. I nidi non sono un luogo dove “parcheggiare” i figli, ma un’esperienza pedagogica fondamentale per i bambini di oggi, anche perché spesso sono figli unici, e lì possono non solo apprendere ma anche socializzare.
Gli studi ci dicono che è nei primi anni di vita che acquisiamo i fondamenti del sistema logico e linguistico. Se in quel periodo i piccoli vivono in famiglie povere di conoscenza il loro sviluppo sarà compromesso. Le statistiche sulla dispersione scolastica mostrano che più tardi si entra in contatto con “l’istituzione scuola”, prima si tende ad abbandonarla. Ecco perché è importante investire in nidi e materne di qualità. Così si offrono punti di partenza meno sfavorevoli ai figli delle famiglie delle classi deboli, riducendo le disuguaglianze sociali. E si mettono le basi per accumulare un buon capitale umano diffuso in futuro, che è fondamentale perché la società cresca anche economicamente: è vero che la conoscenza crea sviluppo, ma solo se è molto diffusa. Questa strategia produce ricchezza anche nell’immediato: posti di lavoro, soprattutto femminile, in questi servizi e possibilità per le madri di immettersi nel mercato del lavoro.
Purtroppo di questi argomenti si parla poco nel dibattito politico. Sembra che la chiave dello sviluppo stia nelle grandi opere pubbliche. Importanti sì (anche se non tutte), ma non quanto l’istruzione. Nel 1997 fu istituito il Piano Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza, che avrebbe dovuto avere cadenza biennale, ma da allora ne sono stati fatti solo due. Sorte simile per il Fondo Nazionale per l’Infanzia, di cui negli ultimi anni sono rimaste poche tracce. In questa situazione già difficile si sono aggiunti il pesante taglio al Fondo per le Politiche Sociali dell’ultima Finanziaria e la stretta sui Comuni, che ha frenato la loro spesa per i servizi all’infanzia.
A Spezia ciò non è mai accaduto. Fin dagli anni ’70 la classe dirigente è stata guidata da una consapevolezza: una società che investe sull’infanzia scommette sul proprio futuro e sulle proprie capacità di crescita. Dobbiamo esserne orgogliosi, e proporci di fare sempre di più.
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