Al plebiscito di Renzi si risponde con il no
Il Secolo XIX, 18 novembre 2016 – I sostenitori del No al referendum non sono un’alleanza di governo ma uno schieramento costituzionale composto da soggetti politici e forze civiche con storie, valori e obbiettivi diversi, come è giusto che sia quando si parla di Costituzione. La Costituzione, infatti, è una cosa e il governo un’altra. Perché la Carta è di tutti, mentre l’esecutivo rappresenta solo la maggioranza del momento. Nello schieramento costituzionale ha un forte ruolo la sinistra, a differenza di quanto ha scritto Luca Basile. Sono molto critico verso la sinistra, sia interna che esterna al Pd: ha fatto molti errori e deve ripensare se stessa alla radice.Guardo con simpatia e con vigilanza critica al M5S, che pur con tutti i suoi difetti è un movimento che esprime una richiesta giusta di rinnovamento della politica, e che dello schieramento costituzionale è parte decisiva. Ma apprezzo anche il segno rilevante che ha voluto darvi la sinistra.
A Spezia lo testimonia il Civico gremito per D’Alema, così come la presenza sul palco di due dirigenti del Pci come Aldo Giacché e Sandro Bertagna. Figure emblematiche, come quella di Luigia Cordati Rosaia. Non è vero, come dice Basile, che “nelle file del Sì si sono schierati non tutti ma certo molti dei più vecchi esponenti della tradizione del comunismo italiano”. Non avviene né a Spezia né in Italia, a parte Napolitano.Tortorella e Reichlin non hanno avuto esitazione a negare il sostegno a un plebiscito.Lo stesso Macaluso, il dirigente più vicino a Napolitano, ha lanciato un segnale pesante di dissenso: la scheda bianca. Si recupera così il filo rosso della cultura costituzionale del Pci ma anche di Dc e Psi, come dimostrano le posizioni di De Mita e Formica, e a Spezia di Pino Ricciardi e Angelo Landi.
Al plebiscito, voluto dal leader di un partito che ha perso le elezioni e che governa solo grazie ad altri partiti, creati da voltagabbana,che non si sono presentati alle elezioni,si risponde necessariamente con il no, a prescindere dai contenuti della riforma. Che sono comunque sbagliati: perché trasformano la democrazia parlamentare in democrazia del premier, mantengono il bicameralismo rendendolo più complicato e riducono i poteri delle autonomie locali.
Giorgio Pagano
dirigente dell’Anpi
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