Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi, Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
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Presentazione di
“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
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La Chiesa cambia. E la Sinistra?

a cura di in data 4 Giugno 2013 – 09:07

Il blog di Mastro Geppetto – 3 Giugno 2013 – I funerali di don Gallo sono stati un fatto rilevante nella vicenda della Chiesa italiana. E’ emerso come mai in passato -per la prima volta il Presidente della Cei è stato zittito mentre era all’altare- il contrasto tra due modi diversi di essere fedeli. Il Cardinal Bagnasco ha sbagliato a non capire l’emozione che vibrava davanti a lui e a citare il Cardinal Siri senza quell’atto di riparazione che il Gallo avrebbe meritato. Di fronte alla contestazione ha fatto bene Lilli, storica collaboratrice del Gallo e anima dietro le quinte della Comunità di San Benedetto al Porto, a parlare con parole forti, le parole di don Gallo. Il suo messaggio è stato chiaro: il profetico atto d’amore del Gallo per gli uomini non era contro la Chiesa titolare della dottrina, che è la “nostra casa”. Subito dopo le parole di don Ciotti sono state nette, quasi brutali nella loro diversità rispetto a quelle di Bagnasco, ma anch’esse “per” e non “contro”: “Andrea ha testimoniato una Chiesa che non dimentica la dottrina anche se non ha mai permesso che la dottrina diventasse più importante dei più fragili, dei più deboli, degli ultimi”. E allora: “dentro i gay, dentro le lesbiche, dentro i divorziati, perché la Chiesa è soprattutto Misericordia”. E Bagnasco ha dato la Comunione a Luxuria e alla trans Regina Satariano. Forse saldare il Cielo e la Terra è possibile. Il Gallo alla fine della sua vita aveva tanta speranza in più, riaperta in lui e in tanti credenti dall’elezione del Papa venuto dalla fine del mondo. In fondo anche i più critici devono ammettere che la forza della Chiesa è il mostrare infiniti volti, il saper parlare linguaggi infiniti, quello “da salotto”, quello del potere peccatore, ma anche quello di mons. Oscar Romero, di don Gallo e di don Ciotti. E di papa Francesco, che pochi giorni fa ha scelto di contrapporre le banche e la grande finanza ai poveri, il “popolo eletto” della Chiesa Universale. Questo linguaggio, a Genova, si è imposto sugli altri. La contesa continuerà, ma la Chiesa del Vangelo della strada è oggi più forte.

I funerali del Gallo spingono anche la sinistra italiana, mai così debole, a riflettere. “Ci voleva il Gallo per mettere insieme tutti questi pezzi di sinistra”, ha detto il Presidente della Regione Claudio Burlando. Perché? Che insegnamenti ci lascia Andrea? Io penso che, fondamentalmente, siano due. Il primo: la sinistra ha bisogno di una dose robusta di immaginazione, della disponibilità a pensare, come suggeriva il filosofo Theodor Adorno, il mondo dal punto di vista della sua trasformazione. Insomma, serve qualche confidenza con l’idea di trascendenza -che può caratterizzare i valori religiosi ma anche i valori umanistici di molti non credenti- capace di allargare la nostra concezione del tempo e dello spazio, ma soprattutto i confini della nostra anima. Il secondo: chi si batte per tutti gli uomini deve riuscire a capire e ad amare gli uomini concreti che si trova ogni giorno di fronte, a capire e ad amare i loro limiti, le loro debolezze, le loro sofferenze. Perché tutti gli uomini sono persone che hanno il diritto alla dignità.
Il Gallo aveva anche, come ha scritto il Sindaco di Genova Marco Doria, “un grande intuito politico, una capacità di pensare e vedere i fenomeni della politica”. In questi anni mi ha aiutato e accompagnato in tante avventure. Ci scrivevamo via e-mail: i suoi pensieri, espressi nel suo stile sintetico, erano molto potenti. Riportarne qualcuno può forse essere utile. Mi limito a quelli dal 2011 in poi. I primi riflettono la grande speranza che nasceva dalle lotte dei metalmeccanici per la dignità del lavoro, dai referendum sui beni comuni e dalla vittoria del centrosinistra alle amministrative (Genova in primis). Di fronte a queste formidabili novità il Pd avrebbe dovuto cambiare, darsi un nuovo programma. Ma non successe nulla. Fu l’ultimo momento utile per uscire a sinistra dalla crisi della Seconda Repubblica. Non trovando una sponda a sinistra le domande di quei mesi si trasformarono in indignazione sotto le uniche bandiere disponibili della lotta alla Casta. Ci impegnammo insieme, a fianco di Vendola nelle primarie, poi di Bersani. Ma oramai era troppo tardi, e il Gallo ne era consapevole: “La Sinistra è ‘quasi’ fuori dalla Storia”; “Siamo all’ultimo tram. Il 2013 è l’ora Z. Spero che ci sia una svolta democratica”; “Cerchiamo insieme di costruire Democrazia. A piccoli passi… La crisi è di sistema e sarà di lunga durata”. Ecco l’“intuito politico” del Gallo. Aveva capito che la sinistra doveva ascoltare il “risentimento” popolare e dargli una prospettiva ideale e politica. Fabrizio Barca direbbe: superare la “fratellanza siamese” tra partito e Stato, cioè la “statalizzazione” della politica che non sa parlare al dolore sociale, agli uomini concreti che si trova ogni giorno di fronte. La sinistra deve ripartire dalla trasformazione del mondo, cioè dai valori, e scegliere con chiarezza un campo, quello del lavoro e dei ceti più deboli. Poi, certamente, deve innovare, e molto. Ma a partire da questa identità. Chiediamoci: per quanto varrà ancora, tra noi, il pregiudizio contro “il radicalismo minoritario”? Le sole vittorie recenti, dall’acqua pubblica al no al nucleare, fino all’elezione di Pisapia a Milano, sono il frutto di scelte riformiste radicali, non per questo meno popolari, anzi maggioritarie. Ecco l’ultimo pensiero che mi è arrivato dal Gallo: “Sinistra significa valori. Siamo in tempi bui, ma piccoli fuochi sono accesi in tutto il mondo”. Ci aspetta un impegno di lunga lena. Il Gallo sarà certamente al nostro fianco.

Giorgio Pagano

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