Varese Antoni, un sindaco che ha lasciato il segno
La Nazione – 12 dicembre 2008 – I ricordi che ho di Varese Antoni risalgono ai primi anni ’70: lui alla testa dei cortei, e i suoi comizi. In quel tempo i comizi erano ascoltati. I politici li preparavano con cura e i ragazzi li andavano a sentire, per imparare, anche così, qualcosa in più. Varese conosceva l’arte oratoria, e il pubblico lo ammirava.
Varese l’ho conosciuto bene più tardi, alla fine degli anni ’80: nacque allora un’intesa fatta di tanti incontri, a casa sua tra i quadri di Cagli o nel suo ufficio, quello che lui e sua figlia mi hanno lasciato per l’Associazione Culturale Mediterraneo. Oppure in trattoria o nelle passeggiate in città. E’ in queste occasioni che ho preso, discutendo con lui, le decisioni personali più importanti della mia vita pubblica.
Ricordo soprattutto Varese uomo della Resistenza: il suo rapporto fraterno con i compagni e gli amici della Brigata Garibaldina Cento Croci, l’orgoglio del partigiano per il radicamento popolare della Resistenza, per la solidarietà e la partecipazione coraggiosa della gente di montagna delle valli del Vara e del Taro. Quella gente onesta e laboriosa fu, mi diceva, “il bene più prezioso che abbiamo incontrato lassù tra i monti”. Ricordava il rifugio dal gelo e dalla fame trovato nelle case o nelle cascine. Mi faceva vedere la foto con lui appena ferito alla gamba, e l’altra in un letto dell’ospedale di Albareto, con i medici e le suore. E poi le foto dell’arrivo in Piazza Verdi il 24 aprile del ’45, della discesa dei partigiani a liberare la città tra due ali di folla che applaudiva. Mi faceva così capire il ed è diventata parte di una civiltà, di un’esperienza collettiva. carattere popolare, nazionale, democratico dell’antifascismo. Come la Resistenza si è radicata nella nostra terra, è diventata un grande fatto di popolo, parte di una civiltà, di un’esperienza collettiva.
Sono stato testimone della forza del rapporto umano e della solidarietà ideale tra Varese e uomini della Resistenza che hanno poi militato in partiti diversi: una forza che ha saputo resistere ai conflitti e che emergeva in tutti i momenti più difficili per la democrazia. Dell’antifascismo come valore costitutivo della nostra democrazia Varese è stato un custode, così come lo è stato del valore della Costituzione, espressione di culture politiche diverse che seppero gettare le basi comuni per la convivenza civile.
Ricordo, poi, Varese aperto al futuro e innovatore della sinistra: l’opposizione all’invasione sovietica dell’Ungheria, l’impegno per l’unità europea, il riformismo nel Pci e la ricerca di un approdo socialdemocratico. Una battaglia all’apparenza perduta, anche se oggi il fallimento del neoliberismo ci dice che il tempo delle socialdemocrazie è tutt’altro che passato.
Ricordo, ancora, Varese grande sindaco della città. Quello che ha governato più a lungo, più dei miei dieci anni, come mi diceva scherzando. Mi parlava degli anni della difficile ricostruzione, dal ’51 al ’57. Gli anni della difesa delle fabbriche ma anche dell’impegno per la cultura: dalla Mostra del Golfo alla fontana di Mirko Basaldella in Piazza Brin, con quella falce e martello nascosta nei mosaici, che mi mostrava con un sorriso complice. E poi il periodo ’71-’76: ancora l’impegno per il lavoro, e poi la scuola, il Civico che diventa teatro pubblico, le ordinanze contro l’inquinamento dell’Enel. Sempre lo guidò la rotta dell’unità delle istituzioni e delle forze sociali e della ricerca della partecipazione popolare, perché la città si sentisse una comunità.
Ricordo infine il suo impegno infaticabile per il monumento alla Resistenza ai Giardini: il luogo dove il caso ha voluto che tenessi, al suo fianco, il mio ultimo discorso da sindaco.
Se ne va, con Varese, una parte della nostra storia, un pezzo della nostra vita. Rimane, in un Paese in cui non manca l’egoismo, la forza della passione civile di chi scelse, come ha scritto Vittorio Foa, “di non lasciarsi vivere”, di non pensare alla vita come a una chiusura in se stessi ma come a un cammino da compiere con gli altri, fino a rischiare la vita stessa per la libertà di tutti. Rimane lo spirito innovativo, l’incitamento a trovare nella Resistenza la spinta per nuove battaglie di democrazia e di giustizia sociale. Per tutto questo, caro Varese, ti salutiamo commossi e ti diciamo grazie.
Giorgio Pagano
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