Presentazione di “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia e provincia” di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello, Giovedì 27 ottobre ore 17.30 a Sarzana – Sala della Repubblica
Presentazione di
“Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia e provincia”
di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello,
Giovedì 27 ottobre ore 17.30 a Sarzana
Sala della Repubblica
I due Volumi del libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” saranno presentati giovedì 27 ottobre alle ore 17,30 a Sarzana, nella Sala della Repubblica. All’iniziativa, organizzata dal Circolo Culturale Alessandro Pertini e dall’Associazione Culturale Mediterraneo, interverranno, insieme agli autori, Nicola Caprioni, presidente del Circolo Culturale Alessandro Pertini, e Chiara Dogliotti, storica.
Il libro approfondisce, grazie a molte testimonianze e immagini e a molti documenti, il ruolo politico e culturale svolto da Sarzana e dai sarzanesi negli anni Sessanta e nel 1968-1969: dai partiti “storici” ai sindacati, dai circoli culturali ai cineforum, dal movimento studentesco ai doposcuola popolari, dalla Chiesa e dal mondo cattolico -il Seminario Vescovile, la Fuci, le Acli, il gruppo Azione Comunitaria, il “campo di lavoro” all’Olmarello- alle formazioni della nascente sinistra extraparlamentare, come La Voce Operaia. La musica, infine, fu una grande protagonista, grazie ai tanti complessi musicali. Uno dei complessi formati da giovani sarzanesi in voga allora, gli H2 SO4, si esibirà nel corso della serata.
Nella Prefazione lo storico Paolo Pezzino ha scritto:
“L’opera si segnala per l’utilizzazione di 343 testimonianze di donne e uomini che hanno vissuto le vicende degli anni Sessanta in provincia della Spezia (più quelle dei due autori). Le testimonianze non sono riportate nella loro integralità, ma inserite con frammenti all’interno della narrazione storica. Questa scelta consente di adottare uno stile di racconto coinvolgente e vivace, che fa sì parlare i testimoni, ma dà rilevanza e significato ai loro racconti all’interno di un contesto narrativo.
Altra caratteristica dell’opera è lo spettro veramente impressionante degli argomenti trattati: non ci si limita infatti agli aspetti più evidenti delle lotte sindacali degli operai, del movimento degli studenti, dei rapidi mutamenti del mondo politico, ma si prendono in considerazione anche l’evoluzione del costume, della cultura artistica e musicale, dei quadri ideologici, delle pratiche religiose.
I due volumi sono poi corredati da importanti apparati: una cronologia internazionale e nazionale, oltre che locale, appendici documentarie, le schede biografiche dei testimoni, e le fotografie, che fanno parte a pieno titolo dell’interpretazione e della narrazione storiografica.
In conclusione un’opera monumentale che restituisce alla Spezia, importante città industriale, il ruolo di primo piano che le spetta nel quadro dei sovvertimenti politico-sociali ed economici degli anni Sessanta”.
I due Volumi del libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” sono stati presentati a Sarzana su iniziativa del Circolo Culturale Alessandro Pertini e dall’Associazione Culturale Mediterraneo. Sono intervenuti, insieme a Giorgio Pagano, Nicola Caprioni, presidente del Circolo Pertini, e Chiara Dogliotti, storica. Numerosi i presenti, così come coloro che hanno partecipato al dibattito che è seguito: Egidio Banti, Paolo Putrino, Carlo Ruocco, Paolo Zanetti ed altri, a vario modo impegnati nel Sessantotto spezzino e sarzanese.
Per Chiara Dogliotti “Un mondo nuovo, una speranza appena nata” è “un esempio di microstoria: attraverso il prisma spezzino, in questo libro c’è tutto il Sessantotto”. Si tratta di “un libro sessantottino” perché “dà la parola a tutti e perché parte dalla dimensione soggettiva, individuale, per arrivare a quella collettiva, al coro, alla comunità”. Negli anni successivi “l’afflato libertario fu soffocato dalla dimensione collettiva, alla quale si reagì poi con l’individualismo”: “la sintesi tra libertà e eguaglianza, che Pagano definisce fratellanza, ci fu nel Sessantotto degli inizi”, poi andò perduta. Tuttavia, ha concluso Dogliotti, il Sessantotto ci ha lasciato i frutti della “rivoluzione molecolare”: “la vita delle persone e delle istituzioni è cambiata in meglio, chi allora non aveva diritti ha preso la parola, dagli operai alle donne agli omosessuali”. Il Sessantotto ci ha lasciato “anticorpi” ai disvalori emersi dagli anni Ottanta ad oggi, ha concluso la storica, che “sono validi ancora oggi”.
Anche per Giorgio Pagano il Sessantotto ha lasciato “pulsioni vitali, che sono segni difficili da cancellare”:
“Il Sessantotto rifluì nelle vecchie idee contro cui si era battuto. Nacque l’estremismo. D’altro lato le pulsioni vitali del movimento non riuscirono a entrare nel patrimonio genetico delle varie forze politiche. Tutte le culture politiche, nel medio periodo, fallirono. Va aggiunto che ebbero certamente un ruolo anche altri attori politici, relegati nel ‘sommerso della Repubblica’: lo stragismo. Tutto ciò fece sì che il sogno di una generazione venisse spezzato. E’ vero che la ‘rivolta etica’ del movimento fu agente di riforme di notevole portata, sia pure non inquadrate in un progetto politico unitario. Ma già alla fine degli anni Settanta cominciò l’egemonia di un altro pensiero, di un’altra idea della modernizzazione: quella liberista. Gli anni Settanta, frutto dei processi vincenti negli anni Sessanta, furono progressivamente sconfitti dai processi definitivamente vincenti negli anni Ottanta.
Tuttavia le pulsioni vitali del Sessantotto degli inizi hanno lasciato segni che ci riguardano e ci parlano ancora. Non basta ‘il punto di vista di classe’, perché occorre creare un nuovo ‘senso comune’, una nuova moralità, un nuovo senso della vita: da qui la centralità della scuola, degli apparati dell’egemonia culturale, della riforma intellettuale e morale. Non basta la conquista del potere dall’alto, perché serve la liberazione della persona, la sua capacità di autodeterminare la propria vita. Non basta la politica come potenza, perché nella ridefinizione della politica è centrale il problema della nonviolenza. È vero, ‘andò diversamente’. Ma in quelle idee c’era una virtualità generatrice di futuro. Di quell’ebollizione, di quella grande marea l’onda di ritorno arriva fino a noi. Quei lasciti ci sono ancora, come potenzialità attuali. Come tracce di culture ‘dormienti’ che possono tornare in forme nuove”.
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