Presentazione di “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” a Pitelli Sabato 10 Dicembre ore 18, a Follo Giovedì 15 ore 18 e a Celle Ligure Venerdì 16 ore 18.30
Presentazione di
“Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”
di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello,
Sabato 10 Dicembre ore 18 a Pitelli
Giovedì 15 Dicembre ore 18 a Follo
Venerdì 16 Dicembre ore 18,30 a Celle Ligure
Entrambi i Volumi del libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” verranno presentati sabato 10 dicembre alle ore 18 a Pitelli, al Circolo ARCI, con Cesare Bonaldi, Johnny Mora e Roberto Centi; giovedì 15 dicembre alle ore 18 a Follo, nella Sala consiliare, con Rita Mazzi e Luca Basile; venerdì 16 dicembre alle ore 18,30 a Celle Ligure, nella Società di Mutuo Soccorso, con Franco Astengo, Franco Zunino e Renato Zunino. Le iniziative sono organizzate, rispettivamente, da ARCI e ANPI Pitelli, dal Comune di Follo e da ARCI e ANPI di Celle Ligure.
I due Volumi hanno per titolo “Dai moti del 1960 al Maggio 1968” e “Dalla Primavera di Praga all’Autunno Caldo”.
L’opera si caratterizza come un libro di microstoria che consente di comprendere, attraverso il “prisma spezzino”, il Sessantotto nazionale e internazionale.
Nella Prefazione lo storico Paolo Pezzino ha scritto:
“L’opera si segnala per l’utilizzazione di 330 testimonianze di donne e uomini che hanno vissuto le vicende degli anni Sessanta in provincia della Spezia (più quelle dei due autori). Le testimonianze non sono riportate nella loro integralità, ma inserite con frammenti all’interno della narrazione storica. Questa scelta consente di adottare uno stile di racconto coinvolgente e vivace, che fa sì parlare i testimoni, ma dà rilevanza e significato ai loro racconti all’interno di un contesto narrativo.
Altra caratteristica dell’opera è lo spettro veramente impressionante degli argomenti trattati: non ci si limita infatti agli aspetti più evidenti delle lotte sindacali degli operai, del movimento degli studenti, dei rapidi mutamenti del mondo politico, ma si prendono in considerazione anche l’evoluzione del costume, della cultura artistica e musicale, dei quadri ideologici, delle pratiche religiose.
I due volumi sono poi corredati da importanti apparati: una cronologia internazionale e nazionale, oltre che locale, appendici documentarie, le schede biografiche dei testimoni, e le fotografie, che fanno parte a pieno titolo dell’interpretazione e della narrazione storiografica.
In conclusione un’opera monumentale che restituisce alla Spezia, importante città industriale, il ruolo di primo piano che le spetta nel quadro dei sovvertimenti politico-sociali ed economici degli anni Sessanta”.
Evento del 10 Dicembre a Pitelli
La presentazione a Pitelli di entrambi i Volumi del libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”, organizzata dalla Sezione ANPI e dal Circolo ARCI di Pitelli, è stata l’occasione per ricordare i tanti pitellesi, studenti e operai, protagonisti delle lotte degli anni Sessanta e del biennio 1968-1969. Pagano, dialogando con Roberto Centi, insegnante e consigliere regionale, si è soffermato in particolare su due figure.
La prima è Valeria Vassale, studentessa del Liceo Classico Costa, che si commosse vedendo, dalla finestra della scuola, il primo corteo operaio alla Spezia dopo dieci anni, quello degli operai del Muggiano del 16 maggio 1961 e scrisse una lettera a “L’Unità” che fu pubblicata in prima pagina, così presentata: “Come i lettori vedranno, si tratta di un documento pervaso di tanta umanità e di tanta verità che qualsiasi commento rischierebbe di sminuirlo”. Pagano ne ha letto un brano:
“Sono una ragazza come tante altre, che frequenta una scuola dalla quale, come dice il mio profes¬sore di italiano, usciranno i futuri dirigenti dell’Italia. Stamani, dalla finestra della mia aula, ho visto gli scioperanti dell’Ansaldo sfilare per le vie di Spezia. Tanti e coraggiosi. I miei compagni facevano ironici commenti. […] Avrei, forse, dovuto rispondergli che ciò che a quegli operai importa è di essere considerati uomini, non macchine per far soldi; invece ho taciuto, perché non avevo parole nella mente. C’era solo un disperato bisogno di piangere, specialmente quando è passato un gruppo di operai che cantava pacatamente. Ho afferrato soltanto poche parole: ‘Viviamo del nostro lavoro’, il cuore mi si è gonfiato di dolore. Io vedevo sfilare tanti visi sconosciuti, certi della giustezza delle loro rivendicazioni. Non sono stata più in grado di seguire la lezione per il resto della mattinata, perché pensavo all’ingiustizia del mondo, nel quale entrerò come dirigente, secondo quanto dice il mio professore”.
La lettera suscitò un ampio dibattito, dal quale scaturì il primo incontro nazionale tra operai e studenti, che si tenne alla Spezia il 9 giugno 1961.
La seconda figura è quella di Gianfranco Padula, operaio del Muggiano, democristiano della CISL, “simbolo -ha detto Pagano- della profonda trasformazione del sindacato cattolico lungo il decennio, che portò all’unità sindacale”. Questo un brano della sua testimonianza, che racconta la lotta operaia per la dignità, contro la “fabbrica caserma”:
“Entrai in Cantiere nel 1955, prima lavoravo con le ditte. Ho cominciato come manovale, alla fine ero capo dei pompieri. Il lavoro era pesante, il clima autoritario. Sui moli avevamo i gabinetti che andavano in mare. Se ci andavi e non facevi niente, era meglio avere i sassi in tasca da gettare in acqua, cosi il guardiano non protestava. Nelle riunioni con la Direzione quando trattavi avevi paura: potevi avere dei grattacapi. […] Sono stato Segretario della Sezione DC di Pitelli dal 1954 al 1966, ero della corrente di sinistra, quella legata alla CISL, di Pastore e poi Donat-Cattin. Noi dicevamo sempre: ‘Il nemico non è la CGIL, è il padrone’. […] Mi misero a fare il capo dei pompieri, cosi non potevo scioperare”.
Gianfranco Padula è scomparso oggi, a 89 anni. Ai familiari, presenti all’iniziativa, vanno le condoglianze commosse di ANPI e di ARCI Pitelli e degli autori del libro.
Evento del 15 Dicembre a Follo
Entrambi i Volumi del libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” sono stati presentati a Follo, nella Sala consiliare, per iniziativa del Comune. Dopo il saluto del Sindaco Rita Mazzi, Giorgio Pagano ha dialogato con Luca Basile, storico del pensiero politico, dell’Università di Bari.
“Il Sessantotto fu vissuto anche nei luoghi di provincia, il libro di Pagano -ha detto Basile- dimostra l’importanza del Sessantotto spezzino, sia studentesco che operaio che intellettuale. Un vero e proprio ‘prisma’ per comprendere il Sessantotto globale”. Secondo Basile “il Sessantotto apre e chiude un ciclo”. Da un lato, “dalla Chiesa a De André tutti pensano che si può cambiare nel segno della socialità, crescono i salari, si rompe la separatezza della scuola e delle altre istituzioni, avanza l’idea che l’unica cura per la democrazia è la maggior democrazia”. Ma, dall’altro lato, “queste speranze non vengono accolte dalla politica, come dimostra il fallimento della solidarietà nazionale alla fine degli anni Settanta: i pensatori della Trilateral sostengono la ‘necessità dell’apatia’ contro la partecipazione, del liberismo contro la giustizia sociale”. “Qualcosa si chiude -ha concluso- e si arena il tentativo di portare l’antifascismo nelle istituzioni e di dar vita a una democrazia sostanziale”.
Giorgio Pagano ha concordato con questa analisi:
“Il Sessantotto fu il momento conclusivo di un processo di democratizzazione iniziato con la Costituzione. Se la generazione degli anni Quaranta aveva reinventato la democrazia e la libertà politica, quella degli anni Sessanta voleva ritrovare la democrazia nella vita quotidiana, nella scuola e nel lavoro come nelle relazioni intersoggettive. Il libro cerca di raccontare questo movimento, questa speranza: il bisogno di una soggettività, e il tentativo di costituzione di una soggettività, che fu forse solo sentita, intuita e ricercata ma che non riuscì ad assumere una forma definita e a operare nel mondo. Allo scacco di questa mancata costituzione ho dato un nome, quello di ‘sconfitta del Sessantotto degli inizi’, libertario ed etico: una sconfitta che coincise con la ripresa dei vecchi strumenti organizzativi e delle vecchie nozioni, della ‘Dottrina’. Il Sessantotto rifluì nelle vecchie idee contro cui si era battuto. Nacque l’estremismo. D’altro lato le pulsioni vitali del movimento non riuscirono a entrare nel patrimonio genetico delle varie forze politiche. Tutte le culture politiche, nel medio periodo, fallirono. Va aggiunto che ebbero certamente un ruolo anche altri attori, relegati nel ‘sommerso della Repubblica’: lo stragismo nero e poi ‘rosso’. E che il ‘nuovo pensiero’ della Trilateral diventò egemone. La svolta degli anni Ottanta, preparata negli anni Settanta, avvenne in nome della restaurazione, della cancellazione degli anni Sessanta e del Sessantotto”.
“Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” è stato presentato anche a Celle Ligure, nella Società di Mutuo Soccorso, per iniziativa di ANPI e ARCI Savona. Giorgio Pagano ha dialogato, nell’occasione, con Franco Astengo, dell’associazione “Il Rosso non è il nero”.
Evento del 16 Dicembre a Celle Ligure
Entrambi i Volumi del libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” sono stati presentati a Celle Ligure, nella Società di Mutuo Soccorso. L’iniziativa è stata organizzata da ARCI Savona e da ANPI Savona. Dopo i saluti di Franco Zunino, presidente ARCI provinciale, e di Renato Zunino, presidente ANPI provinciale, Giorgio Pagano ha dialogato con Franco Astengo, dell’associazione “Il Rosso non è il nero”.
“Il libro di Pagano e Mirabello è un lavoro enorme, che spiega il Sessantotto nazionale e internazionale a partire da un’esperienza locale”, ha detto Franco Astengo, che ha rilevato “le analogie delle esperienze spezzine e savonesi, dalle lotte operaie fin dall’inizio degli anni Sessanta all’impegno culturale, simboleggiato dai fratelli Rescio, Aldo attivo a Spezia e Stelio a Savona”. Per Astengo il biennio fu l’intreccio tra “lotta per un nuovo modo di vivere” e “lotta operaia per la dignità e il potere in fabbrica”, fino alla strage di piazza Fontana, dopo la quale “ci si ritrova nel clima degli anni Cinquanta”. Gli anni Settanta “non furono però solo quelli del terrorismo, ma anche quelli della crescita dei diritti”, fino alla sconfitta: “il PCI non praticò l’alternativa, e non solo per la questione dei blocchi”.
Pagano ha convenuto con l’analisi di Astengo:
“L’originalità del Sessantotto italiano sta nella varietà dei soggetti protagonisti: non solo gli universitari, anche gli studenti medi, gli operai, i giovani intellettuali. Proprio per questo Spezia, città non universitaria, fu importante nella storia del Sessantotto. L’esperienza operaia fu contigua dal punto di vista comportamentale a quella studentesca: partiva anch’essa dalla soggettività per approdare alla dimensione comunitaria. Voglia di essere liberi e voglia di stare insieme, nelle occupazioni studentesche come nei cortei operai. Questa ‘rivolta etica’ fu sconfitta a causa degli errori del movimento -il ritorno alla ‘Dottrina’-, della mancata capacità della classe dirigente della sinistra di interpretarne le pulsioni vitali e della reazione avversaria: lo stragismo e il ‘nuovo pensiero’ conservatore, nato contro le idee di partecipazione e di giustizia sociale del Sessantotto. Il mancato aggancio con la politica portò da un lato alla spoliticizzazione nel privato, dall’altro all’iperpoliticismo di una rivoluzione impossibile”.
Sulla responsabilità del PCI Pagano ha detto: “Il problema della risposta del PCI alle istanze del Sessantotto era quello di superare un’ottica economicista e classista e di affrontare il tema della riorganizzazione etico-politica della società: ‘questione intellettuale’ -scuola e saperi-, questione dell’autogoverno della vita -nuove relazioni intersoggettive-, questione della nonviolenza -il Sessantotto degli inizi fu nonviolento. Una risposta che non poteva essere trovata nella versione leninista del marxismo. Poteva essere trovata in Gramsci, ma il PCI non fu mai sufficientemente gramsciano”. Quindi, ha concluso, “ha ragione Astengo: non tutto dipese dal rapporto con l’URSS, molto dipese anche dai limiti della cultura politica del partito”.
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