Presentazione di “Un mondo nuovo, una speranza appena nata” di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello. Venerdì 19 Novembre ore 18 al Bar Ristoro Lunatica – Ingresso area archeologica – Luni
Bar Ristoro Lunatica, ingresso archea archeologica
Luni, via Forlino 43
Venerdì 19 Novembre, ore 18
Venerdì 19 novembre alle ore 18 si terrà la presentazione a Luni (Bar Ristoro Lunatica, via Forlino 43 ingresso archea archeologica) del secondo Volume del libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”, intitolato “Dalla Primavera di Praga all’Autunno Caldo”. Interverrà Roberto Centi, docente e Consigliere regionale. Sarà proiettata la presentazione multimediale “Un mondo nuovo, una speranza appena nata”, a cura del Gruppo Fotografico Obiettivo Spezia.
L’iniziativa è organizzata dal Comitato Federativo della Resistenza e dal Comune di Luni nell’ambito delle iniziative organizzate in occasione dell’anniversario del rastrellamento del 29 novembre 1944.
Tra i protagonisti del libro ci sono i tanti giovani ortonovesi che furono protagonisti delle lotte studentesche e operaie e dei doposcuola “alternativi” del periodo. Il libro, inoltre, contiene anche una storia dell’antifascismo nel decennio e più in generale dal dopoguerra ad oggi: l’occasione di presentarlo nell’ambito di un programma di iniziative all’insegna dell’antifascismo consentirà di approfondire anche questo tema.
Nella Prefazione lo storico Paolo Pezzino ha scritto:
“L’opera si segnala per l’utilizzazione di 330 testimonianze di donne e uomini che hanno vissuto le vicende degli anni Sessanta in provincia della Spezia (più quelle dei due autori). Le testimonianze non sono riportate nella loro integralità, ma inserite con frammenti all’interno della narrazione storica. Questa scelta consente di adottare uno stile di racconto coinvolgente e vivace, che fa sì parlare i testimoni, ma dà rilevanza e significato ai loro racconti all’interno di un contesto narrativo.
Altra caratteristica dell’opera è lo spettro veramente impressionante degli argomenti trattati: non ci si limita infatti agli aspetti più evidenti delle lotte sindacali degli operai, del movimento degli studenti, dei rapidi mutamenti del mondo politico, ma si prendono in considerazione anche l’evoluzione del costume, della cultura artistica e musicale, dei quadri ideologici, delle pratiche religiose.
I due volumi sono poi corredati da importanti apparati: una cronologia internazionale e nazionale, oltre che locale, appendici documentarie, le schede biografiche dei testimoni, e le fotografie, che fanno parte a pieno titolo dell’interpretazione e della narrazione storiografica.
In conclusione un’opera monumentale che restituisce alla Spezia, importante città industriale, il ruolo di primo piano che le spetta nel quadro dei sovvertimenti politico-sociali ed economici degli anni Sessanta”.
Scrivono gli autori nel retro di copertina:
“Negli anni Sessanta prese corpo, fino all’esplosione nel 1968-1969, una ‘rivolta etica’: una lotta antiautoritaria contro autorità a cui non si riconosceva più legittimità. Una contestazione della grande razionalizzazione autoritaria che negava autonomia, autorealizzazione di sé e dignità alla persona umana: allo studente della scuola nozionistica e gerarchica, che ossificava la cultura, come all’operaio della fabbrica fordista, nella quale i calcoli ingegneristici applicati ai tempi di produzione si sposavano con un comando brutale affidato all’onnipotenza ed alla prepotenza dei capi.
Si trattò di un movimento complesso, che aveva alle origini una miscela di sentimenti e di politica, un intreccio tra l’affermarsi di una volontà di autogoverno della propria vita e lo sviluppo di un’azione collettiva ispirata ai valori della libertà, dell’eguaglianza e della fratellanza. Protagoniste furono anche le giovani donne: all’insegna, in questa fase, più dell’emancipazione e della parità che della liberazione e della differenza. E tuttavia anche tali caratteristiche segnavano, per l’ampiezza delle ragazze coinvolte (che, in un certo senso, stimolavano la generazione delle madri), qualcosa di veramente nuovo.
Nel libro si delineano i tratti, riguardanti la cultura -si pensi all’importanza del linguaggio della musica- ma anche gli stili di consumo ed i comportamenti di vita, della comunità giovanile protagonista della ‘rivolta’. ‘Dio è morto’ fu anche il manifesto di questa comunità e della frattura giovani-adulti che si verificò. Era emersa una generazione, per molti aspetti diversa dalla precedente e da essa distinta, insoddisfatta del presente ma anche delle proposte di cambiamento indicate sia dal centrosinistra che dalla ‘sinistra storica’.
Il tentativo di questa generazione di costituire una ‘soggettività politica’ subì uno scacco. Ma le sue pulsioni vitali hanno lasciato segni che ci riguardano ancora”.
Il libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” ha fatto tappa anche a Luni, dove è stato presentato il secondo Volume, intitolato “Dalla Primavera di Praga all’Autunno Caldo”. Dopo l’introduzione del presidente della Sezione ANPI di Luni Francesco Pietrini, è intervenuto Roberto Centi, poi gli autori e il pubblico presente.
L’iniziativa si è tenuta nell’ambito del programma dedicato all’anniversario del rastrellamento del 29 novembre 1944 ed è stata anche l’occasione per una riflessione sulla storia dell’antifascismo dal dopoguerra ad oggi, tracciata nel libro. Sul tema è intervenuto Giorgio Pagano:
“Dopo i moti del 1960 contro il congresso del MSI a Genova l’antifascismo divenne parte integrante dell’ideologia egemone in Italia. Negli anni Cinquanta, dopo il 1948, l’ideologia dominante era stato l’anticomunismo. Dopo il 1960 La DC continuò ad essere anticomunista, ma la sua grande maggioranza fece la scelta dell’inconciliabilità con il neofascismo, escluse governi con il MSI ed aprì al centrosinistra con il PSI. Si sviluppò, anche a Spezia, una solidarietà intergenerazionale tra i giovani e i partigiani, che diede una nuova linfa ai partiti antifascisti, il PCI e il PSI, ma anche la DC. Le manifestazioni contro il comizio di Caradonna a Spezia nel 1963 furono l’emblema del ‘fronte unito degli antifascisti’, che fu messo in discussione solo con gli sviluppi del Sessantotto. Con la sconfitta della rivolta morale del Sessantotto degli inizi venne spezzato il sogno di una generazione che veniva dal 1943-1945. Il fascismo perse la sua fisionomia e diventò una sorta di categoria dello spirito: per l’estremismo ogni dissenso veniva etichettato come fascista. La Resistenza fu concepita solo come lotta rivoluzionaria e di classe, e la democrazia non venne più distinta o quasi dal fascismo. Dall’altro lato prendeva corpo una concezione della Resistenza ‘imbalsamata’, tricolore, unitaria, senza conflitti. Due retoriche speculari che non facilitavano la comprensione del fascismo, e di fatto assolvevano le responsabilità degli italiani, che pure ci furono. Veniva stritolata la Resistenza popolare e civile, la Resistenza delle persone semplici: l’antifascismo che può e deve unire le coscienze degli italiani. Il grande storico Claudio Pavone evidenziò la rottura tra la Resistenza e il Sessantotto di coloro che si definivano ‘nuovi partigiani’, ma anche la profonda vicinanza tra la Resistenza e l’atmosfera aurorale, di lotta morale per la fratellanza, che caratterizzò il primo Sessantotto. La fratellanza è ciò che unisce la Resistenza e la parte vitale del Sessantotto. Sono questi i segni della storia che ci parlano ancora e costituiscono una bussola per il futuro”.
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