Presentazione di “Un mondo nuovo, una speranza appena nata” di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello. Mercoledì 3 Novembre ore 17.45 al Circolo ARCI Lo Zenzero a Genova
GENOVA – Circolo ARCI “Lo Zenzero”
Mercoledì 3 Novembre, ore 17.45
Mercoledì 3 novembre alle ore 17,45 si terrà la presentazione a Genova del libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”. L’incontro, organizzato dall’APS Consorzio Zenzero e dall’Associazione per un Archivio dei Movimenti, si terrà al Circolo ARCI Lo Zenzero, via Torti 35. Interverrà Chiara Dogliotti, dottore di ricerca in Storia Contemporanea. Sarà proiettata la presentazione multimediale “Un mondo nuovo, una speranza appena nata”, a cura del Gruppo Fotografico Obiettivo Spezia.
Nell’occasione saranno presentati entrambi i Volumi del libro.
Per unirsi all’incontro si può cliccare su questo link:
https://us02web.zoom.us/j/82327716693?pwd=eHFvN2E3YWY4OVY3SjJ1MHh5QWt1dz09
ID riunione: 823 2771 6693
Passcode: 440008
Nella Prefazione lo storico Paolo Pezzino ha scritto:
“L’opera si segnala per l’utilizzazione di 330 testimonianze di donne e uomini che hanno vissuto le vicende degli anni Sessanta in provincia della Spezia (più quelle dei due autori). Le testimonianze non sono riportate nella loro integralità, ma inserite con frammenti all’interno della narrazione storica. Questa scelta consente di adottare uno stile di racconto coinvolgente e vivace, che fa sì parlare i testimoni, ma dà rilevanza e significato ai loro racconti all’interno di un contesto narrativo.
Altra caratteristica dell’opera è lo spettro veramente impressionante degli argomenti trattati: non ci si limita infatti agli aspetti più evidenti delle lotte sindacali degli operai, del movimento degli studenti, dei rapidi mutamenti del mondo politico, ma si prendono in considerazione anche l’evoluzione del costume, della cultura artistica e musicale, dei quadri ideologici, delle pratiche religiose.
I due volumi sono poi corredati da importanti apparati: una cronologia internazionale e nazionale, oltre che locale, appendici documentarie, le schede biografiche dei testimoni, e le fotografie, che fanno parte a pieno titolo dell’interpretazione e della narrazione storiografica.
In conclusione un’opera monumentale che restituisce alla Spezia, importante città industriale, il ruolo di primo piano che le spetta nel quadro dei sovvertimenti politico-sociali ed economici degli anni Sessanta”.
Scrivono gli autori nel retro di copertina:
“Negli anni Sessanta prese corpo, fino all’esplosione nel 1968-1969, una ‘rivolta etica’: una lotta antiautoritaria contro autorità a cui non si riconosceva più legittimità. Una contestazione della grande razionalizzazione autoritaria che negava autonomia, autorealizzazio¬ne di sé e dignità alla persona umana: allo studente della scuola nozionistica e gerarchica, che ossificava la cultura, come all’operaio della fabbrica fordista, nella quale i calcoli ingegneristici applicati ai tempi di produzione si sposavano con un comando brutale affidato all’onnipotenza ed alla prepotenza dei capi.
Si trattò di un movimento complesso, che aveva alle origini una miscela di sentimenti e di poli¬tica, un intreccio tra l’affermarsi di una volontà di autogoverno della propria vita e lo sviluppo di un’azione collettiva ispirata ai valori della libertà, dell’eguaglianza e della fratellanza. Protagoniste furono anche le giovani donne: all’insegna, in questa fase, più dell’e¬mancipazione e della parità che della liberazione e della differenza. E tuttavia anche tali caratte¬ristiche segnavano, per l’ampiezza delle ragazze coinvolte (che, in un certo senso, stimolavano la generazione delle madri), qualcosa di veramente nuovo.
Nel libro si delineano i tratti, riguardanti la cultura -si pensi all’importanza del linguaggio della musica- ma anche gli stili di consumo ed i comportamenti di vita, della comunità giovanile protagonista della ‘rivolta’. ‘Dio è morto’ fu anche il manifesto di questa comu¬nità e della frattura giovani-adulti che si verificò. Era emersa una generazione, per molti aspetti diversa dalla precedente e da essa distinta, insoddisfatta del presente ma anche delle proposte di cambiamento indicate sia dal centrosinistra che dalla ‘sinistra storica’.
Il tentativo di questa generazione di costituire una ‘soggettività politica’ subì uno scacco. Ma le sue pulsioni vitali hanno lasciato segni che ci riguardano ancora”.
Il libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” ha fatto tappa anche a Genova, per iniziativa dell’APS Consorzio Zenzero e dell’Associazione per un Archivio dei Movimenti. Ha presentato il libro Chiara Dogliotti, dottore di ricerca in Storia Contemporanea, secondo la quale “la scelta della microstoria per un fenomeno globale come il Sessantotto si è rivelata vincente, perché dal prisma interessantissimo del caso spezzino è possibile capire davvero tanto della storia globale”. Tra i tratti di fondo del Sessantotto, preparato dalle culture e dalle lotte degli anni Sessanta, la Dogliotti ha evidenziato “l’antiautoritarismo, la critica al formalismo della democrazia rappresentativa nel nome della partecipazione, l’antiimperialismo e la critica sia verso gli USA che verso l’URSS” e ha condiviso l’accento posto da Pagano sul concetto di fratellanza, “sintesi di libertà e di eguaglianza”. Il Sessantotto, ha concluso Dogliotti, “non fu una rivoluzione in senso classico ma non va sottovalutato perché portò a una rivoluzione molecolare, che ha trasformato i vissuti delle persone nel tempo, come emerge nella parte finale del libro, intitolata ‘Quel che resta di quegli anni’, tanto che si potrebbe dire che anche chi non ha fatto il Sessantotto è stato sessantottino”.
Giorgio Pagano, dopo essersi soffermato sulle caratteristiche essenziali del libro, ha interloquito con il pubblico presente in sala, soprattutto sui temi della scuola e del lavoro, così centrali allora, ma anche oggi: “Il Sessantotto ebbe la capacità di mettere al centro la scuola, il sapere critico, la cultura, ma poi abbandonò questo terreno per dedicarsi solo alla fabbrica. Fu un errore perché il punto di vista di classe non basta, occorre creare un nuovo ‘senso comune’, una nuova moralità, un nuovo senso della vita, come il Sessantotto degli inizi aveva capito. Anche la lotta operaia regredì alla dimensione economico-corporativa, perdendo la dimensione ‘storico-morale’ di lotta per la dignità e la libertà del lavoro e della persona umana”. “Le pulsioni vitali del Sessantotto degli inizi -ha concluso Pagano- furono abbandonate dal movimento e non furono recepite dalle forze politiche, ma in quelle idee c’era una virtualità generatrice di futuro. Di quell’ebollizione, di quella grande marea l’onda di ritorno arriva fino a noi. Quei lasciti ci sono ancora, come potenzialità attuali”.
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