Presentazione di “Tra utopia e realismo. Appunto sul sessantotto” – Mercoledì 26 giugno 21 al Circolo Arci Canaletto
Presentazione di “Tra utopia e realismo. Appunto sul sessantotto“
Mercoledì 26 giugno 21
al Circolo Arci Canaletto
Mercoledì 26 giugno alle ore 21, al Circolo ARCI Canaletto, sarà presentato il libro “Tra utopia e realismo. Appunti sul Sessantotto” (ETS edizioni). L’iniziativa, organizzata dall’Associazione Culturale Mediterraneo e dall’Istituto spezzino per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea, sarà introdotta da Patrizia Gallotti e da Nicola Pedretti. Interverranno Giorgio Pagano, curatore del libro, Chiara Dogliotti, dottore di ricerca in Storia Contemporanea, e Luca Basile, ricercatore in Storia delle Dottrine Politiche all’Università di Bari.
Il libro ospita scritti di: Giorgio Pagano, Marcello Flores, Luisa Passerini, Chiara Dogliotti, Giovanni Gozzini, Alessandro Santagata, Alfonso Maurizio Iacono, Massimo Cappitti, Luca Basile, Marcello Montanari, Guido Viale.
Quella al Circolo ARCI Canaletto è la prima presentazione alla Spezia. Il libro è già stato presentato con successo a Sarzana, a “Libri per strada”, dove hanno dialogato Roberto Centi, Giorgio Pagano e Alfonso Maurizio Iacono, docente di filosofia all’Università di Pisa.
Secondo i relatori la democrazia partecipata e la lotta per la giustizia sociale furono i temi di fondo del Sessantotto in tutto il mondo, mentre oggi stanno crescendo l’apatia politica e le
diseguaglianze.
Il tema del lavoro allora era centrale, ha detto Iacono, e oggi sembra sparito, ma non è così: “il lavoro è frammentato, solo, atomizzato, ma esiste ancora come lavoro sfruttato”. Anche il tema dell’autoritarismo, ha aggiunto, “resta attualissimo”, perché “c’è qualcosa di simile contro cui lottare, il dispotismo che pervade la democrazia”. “Non possiamo vivere nell’eterno presente, dobbiamo comprendere il passato e tornare a sperare nel futuro – ha concluso – il libro ha la qualità di inserire il Sessantotto in un contesto storico più lungo e di cogliere di esso ciò che è irripetibile e ciò che ci parla ancora”.
La quarta di copertina
Sessant’anni fa, il 30 novembre 1964, iniziò l’occupazione di Sproul Hall, nel campus di Berkeley. Joan Baez intonò Blowin’ in the wind di Bob Dylan («Su quante strade deve camminare un uomo / Prima di essere chiamato tale?»). Mario Savio, leader del Free Speech Movement, tenne un brevissimo discorso agli studenti, basato sul concetto che «la storia non è finita» e che «è possibile una migliore società». Il Sessantotto fu la richiesta di un cambiamento di civiltà all’insegna della fratellanza: l’essere persone nuove e il sentirsi reciprocamente legati. Più che un movimento nato nelle sedi istituzionali della politica, un movimento “morale” che poi scoprì la politica ma non assunse una forma definita. E che volle rispondere alle sfide della secolarizzazione ricercando un nuovo senso della vita, intrecciando in questo tentativo spinte di provenienza marxista, cattolica, libertaria. Fu utopia, ma anche realismo, lotta per conquistare qui e ora una scuola e una fabbrica più libere e democratiche, una radicale riforma del sapere e della cultura, una maggiore giustizia sociale.
In questo libro storici, filosofi e studiosi di diversa provenienza riflettono e discutono ancora sugli anni Sessanta e sul Sessantotto. Forse perché l’utopia concreta di «una migliore società» non può esaurirsi, e la storia può e deve ricominciare. Quegli anni sono ormai molto lontani da noi, ma l’approccio umanistico contro un mondo disumanizzato è più che mai necessario.
Il libro “Tra utopia e realismo. Appunti sul Sessantotto” (ETS edizioni) è stato presentato al Circolo ARCI Canaletto, per iniziativa dell’Associazione Culturale Mediterraneo e dall’Istituto spezzino per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea.
Sono intervenuti Nicola Pedretti, presidente del Circolo, Giorgio Pagano, curatore del libro, Chiara Dogliotti, dottore di ricerca in Storia Contemporanea, e Luca Basile, ricercatore in Storia delle Dottrine Politiche all’Università di Bari.
Il libro ospita scritti di: Giorgio Pagano, Marcello Flores, Luisa Passerini, Chiara Dogliotti, Giovanni Gozzini, Alessandro Santagata, Alfonso Maurizio Iacono, Massimo Cappitti, Luca Basile, Marcello Montanari, Guido Viale.
Chiara Dogliotti ha definito il libro “molto agevole e nel contempo molto ricco di spunti”, perché “i vari autori toccano i temi principali del Sessantotto e con approcci diversi”. Ha inoltre definito “una scommessa vincente” la scelta di Giorgio Pagano di “individuare, con il suo libro prima e con questi appunti a più voci ora, il Sessantotto spezzino come prisma per comprendere, dalla dimensione locale, il Sessantotto nazionale e internazionale”.
Luca Basile ha sostenuto che il Sessantotto fu essenzialmente “una spinta per la partecipazione, per attuare la Costituzione nella scuola, nella fabbrica, nella vita quotidiana,nel costume” e che “la sua sconfitta, dovuta ad errori del movimento, all’incapacità del PCI di rappresentarlo, oltre che alla reazione dell’avversario, che diede vita al pensiero neoliberista e neoautoritario ancora oggi dominante” ci consegna una situazione “disperata”, in cui bisogna “organizzare il pessimismo”.
Giorgio Pagano ha ripreso i punti di fondo del libro, concludendo così:
“In un mondo sempre più disumanizzato, c’è ancora da contestare un ‘sistema’ che ha ricostruito gerarchie e diseguaglianze e che presenta un nuovo dramma, allora intuito da pochi: quello della distruzione della Natura. Si può uscire dall’attuale crisi della democrazia solo con un surplus di partecipazione e con politiche in grado di garantire una maggiore ripartizione delle risorse e un maggiore equilibrio dei poteri. Si dice: ‘dobbiamo uscire dal Novecento’. Ma in Italia sta governando il partito più novecentesco che c’è! Il Novecento non è stato solo violenza, è stato anche altro: speranze di riscatto, infinite possibilità positive. Non dobbiamo apparire degli zombie ma nemmeno essere immemori. C’è un racconto dei vinti che è un patrimonio immenso, che va tramandato. Ecco il motivo del mio impegno di storico. Viviamo un’epoca in cui domina il presentismo assoluto, privo di memoria e di speranza. Un’epoca in cui la vita è racchiusa nel presente è un’epoca smemorata e disperata. E’ bene, allora, far parlare alcune tracce della trama della storia. E’ indubbiamente necessario un nuovo pensiero del cambiamento, sia personale che sociale. Ma resta la consapevolezza delle potenzialità di una parte del passato. Le speranze degli anni Sessanta e del Sessantotto possono ancora essere utili perché nascano le utopie realistiche del ventunesimo secolo: si sviluppò allora una grande spinta umanistica, una lezione ancora fondamentale per il nuovo umanesimo che stiamo cercando”.
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