Presentazione di “Tra utopia e realismo. Appunti sul Sessantotto” – Martedì 5 Novembre ore 17 a La Spezia, Centro Anziani di Piazza Brin
Presentazione di
“Tra utopia e realismo. Appunti sul Sessantotto”
Martedì 5 Novembre ore 17
La Spezia, Centro Anziani di Piazza Brin
Il libro “Tra utopia e realismo. Appunti sul Sessantotto” (ETS edizioni) sarà presentato martedì 5 novembre alle ore 17 al Centro Anziani di piazza Brin alla Spezia, in via Corridoni 7.
Giorgio Pagano, curatore del libro, dialogherà con Mario Amilcare Grassi, scrittore e poeta.
L’iniziativa è organizzata dalle Sezioni ANPI La Spezia, Chiappa, Ponente e Muggiano e dall’Associazione Culturale Mediterraneo.
Il libro ospita scritti di: Giorgio Pagano, Marcello Flores, Luisa Passerini, Chiara Dogliotti, Giovanni Gozzini, Alessandro Santagata, Alfonso Maurizio Iacono, Massimo Cappitti, Luca Basile, Marcello Montanari, Guido Viale.
Sessant’anni fa, il 30 novembre 1964, iniziò l’occupazione di Sproul Hall, nel campus di Berkeley. Joan Baez intonò Blowin’ in the wind di Bob Dylan («Su quante strade deve camminare un uomo / Prima di essere chiamato tale?»). Mario Savio, leader del Free Speech Movement, tenne un brevissimo discorso agli studenti, basato sul concetto che «la storia non è finita» e che «è possibile una migliore società». Il Sessantotto fu la richiesta di un cambiamento di civiltà all’insegna della fratellanza: l’essere persone nuove e il sentirsi reciprocamente legati. Più che un movimento nato nelle sedi istituzionali della politica, un movimento “morale” che poi scoprì la politica ma non assunse una forma definita. E che volle rispondere alle sfide della secolarizzazione ricercando un nuovo senso della vita, intrecciando in questo tentativo spinte di provenienza marxista, cattolica, libertaria. Fu utopia, ma anche realismo, lotta per conquistare qui e ora una scuola e una fabbrica più libere e democratiche, una radicale riforma del sapere e della cultura, una maggiore giustizia sociale.
In questo libro storici, filosofi e studiosi di diversa provenienza riflettono e discutono ancora sugli anni Sessanta e sul Sessantotto. Forse perché l’utopia concreta di «una migliore società» non può esaurirsi, e la storia può e deve ricominciare. Quegli anni sono ormai molto lontani da noi, ma l’approccio umanistico contro un mondo disumanizzato è più che mai necessario.
Il libro “Tra utopia e realismo. Appunti sul Sessantotto” ha suscitato partecipazione e una vivace discussione anche in piazza Brin, al centro di via Corridoni.
Giorgio Pagano, curatore del libro, e Amilcare Mario Grassi “Celè”, protagonista del Sessantotto spezzino, hanno dialogato tra loro e con alcuni tra i partecipanti all’incontro. Per Grassi ci furono “tanti Sessantotto”: “il mio – ha detto – fu all’insegna della lotta al classismo e alle ingiustizie sociali, per altri fu innanzitutto un’esperienza antiautoritaria, poi le due spinte si fusero”. Pagano ha convenuto, e ha identificato nel libro dei ragazzi della scuola di Barbiana e di don Milani “Lettera a una professoressa” il testo chiave del Sessantotto, non a caso il più letto: “perché univa antiautoritarismo e lotta alla scuola e alla società di classe, in modo molto coinvolgente, senza schemi dottrinari ma con un linguaggio originale che muoveva dalla concretezza della dimensione personale”.
Sul tema della sconfitta del Sessantotto, Grassi ha sostenuto: “Il movimento nacque contro la tradizione, poi recuperò la tradizione e le sue vecchie idee ma lo fece nel modo sbagliato, dottrinario e conformista”. Anche per Pagano si può parlare di “una miscela di elementi vecchi e nuovi”: “l’incontro del movimento studentesco e intellettuale con il movimento operaio era necessario, ma alla fine prevalse un po’ in tutti il punto di vista di classe, operaistico, senza la capacità di integrarlo con la spinta dei giovani per la democratizzazione della scuola e per una riforma morale della società. Operai e studenti uniti nella lotta rimase solo uno slogan”.
Dopo la discussione, che ha avuto accenti diversi – sulle responsabilità del PCI e dei gruppi della sinistra extraparlamentare –, Pagano ha concluso: “Il distacco tra partiti e società cominciò già negli anni Sessanta: il sistema politico formatosi nell’immediato dopoguerra si separava sempre più dalle inquietudini sociali. La grande politicizzazione dei primi anni Settanta, seguita al Sessantotto, durò ben poco, anche se ottenne risultati straordinari, come lo Statuto dei lavoratori o il divorzio. La sconfitta sia del PCI che della ‘nuova sinistra’ alla fine del decennio aggravò enormemente il distacco, che non troverà più soluzione”.
Oggi, hanno convenuto un po’ tutti, resta un’eredità del ‘Sessantotto degli inizi’ che ci parla ancora e ci aiuta a sperare nel futuro: unire questione sociale e ricerca di un nuovo senso della vita, suscitare partecipazione, battersi per un cambiamento non solo politico ma anche personale, culturale e sociale, e per il pacifismo contro la minaccia dell’autodistruzione nucleare. Mettendo al centro anche la difesa della natura, tema allora assai poco presente. A coloro che, intervenendo, hanno detto di non avere più speranza, Pagano ha risposto: “Il sogno di una migliore società oggi appare difficile, ma non può esaurirsi. Nella copertina del libro c’è una foto dello studente italo-americano Mario Savio, che in un discorso a Berkeley poi diventato famoso disse: ‘La storia non finita’. Il timore c’era anche allora, ma poi la storia ricominciò”.
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