Memorie di un urbanista di Edoardo Salzano
Eddy Salzano, l’uomo che voleva salvare il Belpaese
Un’altra recensione del libro «Memorie di un urbanista. L’Italia che ho vissuto», su Liberazione del 9 maggio 2010
Tutti coloro che vogliono comprendere le motivazioni della inarrestabile cancellazione delle regole urbanistiche nel nostro paese dovranno leggere l’ultimo volume scritto da Edoardo Salzano, Memorie di un urbanista, l’Italia che ho vissuto, edito dal piccolo e prezioso editore La Corte del Fontego di Venezia (20 euro). Eddy Salzano, come noto, è uno dei grandi urbanisti italiani e una buona parte del libro narra proprio la stagione delle speranze degli anni ’70, quando all’interno del Ministero dei Lavori pubblici sotto la direzione di Michele Martuscelli furono insieme a lui coinvolti i migliori urbanisti e intellettuali dell’epoca, da Giovanni Astengo a Luigi Piccinato, da Antonio Cederna a Fabrizio Giovenale, da Marcello Vittorini a Vezio De Lucia.
Erano i primi anni del centro sinistra e fu l’epoca in cui furono portate in approvazione le principali leggi che formano ancora validi strumenti per il governo del territorio. La legge “ponte” del 1967 che scongiurò la manomissione dei centri storici. Il decreto sugli standard urbanistici del 1968 che sanciva il diritto di ciascun cittadino ad avere spazi per il verde e i servizi pubblici. Baluardi di una stagione riformista che si credeva definitiva. E furono anni davvero straordinari, perché il clima culturale favorito dall’azione statale aveva creato una feconda stagione di attenzioni verso il governo delle città, dai progetti di salvaguardia ai tanti piani regolatori che venivano redatti in quegli stessi anni. Lo stesso Salzano sarà in quegli anni chiamato a svolgere il ruolo di assessore all’urbanistica a Venezia. E lì inizia il lungo sodalizio con il giurista Gigi Scano con cui redige tra l’altro il piano regolatore della città storica.
Da questo apice, e cioè dalla metà degli anni ’80 inizia la fase della restaurazione. Il primo atto che inaugura l’involuzione culturale che ha imposto nel paese il rifiuto delle regole urbane è il condono edilizio del 1985. L’offensiva dei chierici si concentrò nella dimostrazione di un teorema tanto assurdo quanto vergognoso: l’abusivismo era figlio della “rigidità” delle regole urbanistiche che non permetteva la soluzione di problemi importanti come quello della casa. Invece di prendere a modello l’Europa civile dove, come noto, non esiste la cultura della trasgressione delle regole pubbliche, si strizzò l’occhio ai più primordiali istinti, come quello di poter disporre a piacere del proprio terreno, di essere, come avverrà con la nascita di Forza Italia, padroni a casa propria.
Il libro di Salzano racconta nel capitolo Verso il buio, tangentopoli e mani pulite di come si affermò questa involuzione culturale che in origine collocata esclusivamente all’interno dello schieramento politico e intellettuale conservatore, iniziò a far proseliti anche nel mondo progressista. Di quella stagione Eddy era un osservatore privilegiato, in quanto presidente dell’Istituto nazionale di urbanistica. Di fronte alla sistematica demolizione delle prerogative della pubblica amministrazione, Salzano propose come tema per lo svolgimento del XIX congresso dell’istituto, alcune “tesi” su cui doveva rinnovarsi il ruolo di governo delle città e del territorio. Un lavoro ambizioso che aveva coinvolto centinaia di urbanisti ma che fu gettato alle ortiche dai pasdaran della restaurazione raccolti intorno a Giuseppe Campos Venuti.
E qui avvenne uno dei fatti cruciali della vita di Salzano e dell’urbanistica italiana. Non contenti di aver cancellato l’intero gruppo che ruotava intorno a lui, i fondamentalisti dell’urbanistica contrattata lo esautorarono anche dalla direzione del periodico dell’istituto, Urbanistica informazioni da lui fondata nel 1972 e che in tanti anni aveva saputo tenere insieme la denuncia civile dei misfatti perpetrati conto le città e il paesaggio e la riflessione sul rinnovamento della disciplina urbanistica. Era questo ruolo che evidentemente dava fastidio e così da un giorno all’altro Eddy fu costretto a lasciare la rivista. E’ ampiamente noto che i fondatori di uno strumento culturale anche in presenza di fisiologici cambi di direzione di testata vengono lasciati liberi di esprimersi ancora proprio in virtù dell’autorevolezza conseguita. In questo caso no. I nemici dell’urbanistica pubblica volevano soltanto impedire l’espressione di una voce libera.
Ma siccome spesso la tracotanza si accompagna alla miopia, fu questo gesto ad aver generato l’inaspettata diffusione della cultura urbanistica alternativa in tante pieghe della società: se infatti Urbanistica informazioni era limitata al mondo degli specialisti, la nuova avventura salzaniana avrebbe permeato pezzi importanti della società italiana.
Dopo la defenestrazione, Eddy ideò e costruì nella splendida solitudine veneziana Eddyburg, un sito che inizialmente (2003) conteneva –oltre alla prima sintetica documentazione in materia urbanistica- anche le foto delle età della sua vita, le ricette culinarie preferite e tante altre stupende cose. Impostazione questa che alle prime cavie costrette a frequentare il sito appariva al più come un geniale passatempo. Come si poteva coniugare infatti l’urbanistica con la ricetta della marmellata di arance?
Sbagliavano di grosso quelle prime incolpevoli vittime del sito: da lì a qualche anno Eddyburg sarebbe diventato il sito più visitato e autorevole dell’urbanistica italiana. Oggi non c’è amministratore, tecnico delle amministrazioni pubbliche, giornalista o uomo di cultura che non tragga da quel prezioso giacimento ispirazione per le proprie azioni quotidiane o per la maturazione di una autonoma posizione culturale in materia. E in questo periodo caratterizzato dal crollo della rappresentanza politica, Eddyburg è diventato anche uno dei principali punti di riferimento della rete del vasto mondo dei comitati che nascono in ogni luogo d’Italia contro il saccheggio del territorio e delle associazioni che portano avanti rivendicazioni di grande importanza.
Mi riferisco ad esempio a Stop al consumo di suolo, l’associazione guidata dal sindaco di Cassinetta di Lugagnano, Domenico Finiguerra, che associa i comuni che hanno deciso di dire basta alla fase dell’espansione urbana, alla Rete toscana per la difesa del territorio guidata da Alberto Asor Rosa, all’Arcipelago Napoli e tante altre meritorie associazioni che sarebbe lungo elencare. Insomma, in una fase ancora segnata dalla cultura neoliberista –in questi giorni il governo Berlusconi sta varando il quarto condono edilizio che rende sanabili anche gli abusi compiuti in aree sottoposte a vincolo paesistico e ambientale- Eddyburg è una grande officina di formazione di una nuova cultura di governo del territorio che non tarderà ad affermarsi nel nostro paese. Una cultura che individua nella città uno straordinario bene comune il cui destino deve essere affidato nelle mani della società civile e non della speculazione.
E, dopo i tanti meriti acquisiti nel corso degli anni – puntualmente elencati nel bel libro-, sarà questo il più importante successo di Edoardo Salzano.
Tratto da: eddyburg.it
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