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Presentazione di
“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
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La sfida difficile tra le destre

a cura di in data 24 Aprile 2010 – 09:36

LA  SFIDA  DIFFICILE  TRA  LE  TRE  DESTRE

di Giorgio Pagano

La rottura tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini è la prova che il Pdl nacque in modo superficiale e facilone. Le contraddizioni che sono esplose derivano dal famoso “predellino”, contro cui Fini avrebbe dovuto avere il coraggio di opporsi. O quantomeno il presidente della Camera, prima di aderire, avrebbe dovuto porre condizioni vincolanti. Invece si rassegnò a un ruolo subalterno all’asse tra Berlusconi e Umberto Bossi.  Fini si è mosso soltanto nei giorni scorsi, forse dopo aver sperato che le elezioni andassero meno bene per il centrodestra, con l’obbiettivo di salvare il salvabile.
Berlusconi ha vinto le elezioni, ma grazie alla Lega e non al Pdl. Anche dove le smagliature del suo racconto provocano un calo di consenso, i voti vanno a un’altra destra, più coerente ed omogenea, ma comunque al berlusconismo strettamente legata. Il rapporto Berlusconi – Bossi è infatti di stretta intimità. Ancora più organico è poi il rapporto del leader leghista con Giulio Tremonti, che proprio per questo appare come l’unico “delfino” in campo. Berlusconi, quindi, ha rivinto il referendum su di sé, ma la maggioranza ha cambiato natura: Bossi sta rendendo il Cavaliere sempre meno padrone del gioco. Non si vede, per ora, una via d’uscita per Fini: anzi, la sua rottura con Berlusconi ha reso quest’ultimo più debole e non più forte nei confronti di Bossi. Che non a caso sta alzando il prezzo, ricordando ogni giorno che l’alleanza Pdl -Lega ha un costo che va pagato.
In ogni caso il Pdl, così come lo abbiamo conosciuto finora, è finito. Per la prima volta un’opposizione al Cavaliere si esprime e si organizza, anche se ha il fiato corto e non ha la forza per disfare il patto con la Lega. Inizia una fase in cui Fini, impossibilitato alla “guerra di movimento”, combatterà una “guerra di posizione”, all’insegna del logoramento: una battaglia difensiva, tutta in salita.
La reazione di Berlusconi sarà con tutta probabilità quella delle elezioni anticipate, sia per ipotecarsi il Quirinale sia per liberarsi dagli oppositori nel partito, grazie a una legge elettorale che fa scegliere i parlamentari ai leader nazionali dei partiti. L’obbiettivo di Berlusconi è diventare Presidente della Repubblica, preferibilmente con un plebiscito popolare. Ma se il varo della riforma istituzionale in chiave presidenzialista diventasse difficile per l’opposizione del centrosinistra e di Fini, a Berlusconi basterebbe salire al Colle con il controllo diretto della maggioranza parlamentare. Le condizioni sono due: l’alleanza con la Lega e la disciplina nel Pdl. Fini le combatte entrambe, per questo, presto o tardi, la rottura con Berlusconi sarà definitiva.
Il futuro politico di Fini è davvero incerto. Potrebbe avere un seguito maggiore rispetto all’attuale: ciò dipenderà dalla sua iniziativa ma anche da quella del centrosinistra e del Pd. La forza di Berlusconi e Bossi sta anche nell’assenza di un racconto diverso e alternativo. Perché anche il Pd nacque in modo approssimativo, analogamente al Pdl: un traguardo ambizioso fondato su motivazioni fragili dal punto di vista delle premesse culturali e delle finalità. Fini non andrà a Canossa se il Pd non fallirà, cioè se la sinistra ritroverà identità e cultura.

24 aprile 2010

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