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Presentazione di
“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
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“La scoperta del mondo” di Luciana Castellina

a cura di in data 29 Marzo 2012 – 09:21

Luciana Castellina ha quattordici anni quando la partita di tennis estiva che sta giocando con la sua compagna di classe Anna Maria Mussolini viene interrotta dalla guardia in borghese che si occupava dei figli del Duce nella grande villa di Riccione: è il 25 luglio 1943, Mussolini è appena stato arrestato, il fascismo è finito.

Con questo episodio, insieme storico e privato, si apre il diario che Luciana Castellina, giornalista e scrittrice, ma soprattutto militante politica e parlamentare comunista, tiene tra i quattordici e i diciotto anni, ovvero dal 1943 al 1948, anni cruciali per l’Italia, e per la sua crescita personale.

Nell’introduzione, la figlia Lucrezia Reichlin scrive che il libro avrebbe potuto intitolarsi La felicità: e il diario sembra in effetti essere il racconto del percorso compiuto dall’autrice dalla felicità innocente di un’infanzia fatta di affetti familiari e di agiatezza alla felicità consapevole dell’esistenza del mondo esterno, con le sue contraddizioni e i suoi dolori.

Tra le due felicità, scorrono la giovinezza e il diario di Luciana: l’inverno a Verona al seguito del marito della madre e i pomeriggi al cinema prima del coprifuoco al Cine Guf, il ritorno a Roma, la guerra che continua, con la casa condivisa con i parenti triestini di sangue ebraico costretti alla clandestinità dalle leggi razziali, e il dolore inconsolabile per la morte di una persona cara.

Gli avvenimenti si susseguono, e le idee politiche, ancora confuse tra l’educazione fascista ricevuta a scuola e l’antifascismo moderato della sua famiglia, assumono man mano una forma più decisa («Il 20 ottobre – 1943 – per la prima volta, prendo finalmente atto che i partigiani esistono»), pur senza prendere mai completamente il sopravvento su quei racconti personali così vivi che rendono questo diario una testimonianza unica. Così la Resistenza, lo sbarco degli americani, la fine dell’occupazione si intrecciano ai primi amori, e alla scoperta della passione per la pittura: Carrà, Guttuso, Mafai, Picasso diventano per la Castellina il primissimo punto di collegamento tra il personale e il collettivo, tra l’individuo e la storia.

 Finita la guerra, la curiosità politica dell’autrice si fa sempre più forte, il mondo in cui è vissuta fino a quel momento diventa improvvisamente piccolissimo e autoreferenziale: non resta che partire, destinazione Parigi. E a seguire Praga, il Festival della Gioventù, l’incontro con il comunismo internazionale e, come in un flusso inarrestabile, la Jugoslavia di Tito, dove la Castellina va a ricostruire una ferrovia, imparando la fatica del lavoro manuale, ma anche la gioia e l’emozione della condivisione.

La scoperta del mondo racconta una doppia formazione: quella dell’autrice, e quella, forse ancora in corso, di un Paese, l’Italia, che si riaffaccia alla vita dopo la guerra.

Quel che colpisce, nel diario di Luciana Castellina, è l’unione magica della freschezza adolescenziale che sembra fondersi con lo sguardo adulto che sovrintende l’opera senza mai sovrapporvisi.

L’importanza riconosciuta dall’autrice agli anni della giovinezza è evidente, e non a caso il libro è dedicato ai nipoti, «perché si facessero un’idea di che cosa significava avere la loro età nei remoti anni ’40, quando niente era scontato e il mondo era ancora tutto da scoprire»: il diario della Castellina è la conversazione che tutti avremmo voluto (o dovuto) avere con chi quegli anni li ha vissuti, cercando di capire il mutamento irreversibile che avrebbero significato per tutti noi.

E non è un caso neppure che il libro termini idealmente con il primo tesseramento al PCI dell’autrice. La “transizione” è finita, ora Luciana Castellina è pronta a percorrere le vie del mondo, con quello che il PCI rappresenterà per lei: «Se oggi mi si chiede qual è stata la ragione essenziale della mia scelta comunista, rispondo banalmente che vi ho visto il modo di non guardare più al mio ombelico, e nel PCI lo strumento per guardare al mondo, per non sentirmi inutile di fronte alle ingiustizie. A me, innanzitutto, il PCI ha evitato di restare stupida, come sarei stata se non fossi uscita dal mio ghetto di provenienza, se non avessi avuto la possibilità di condividere con i miei compagni “diversi” la passione più bella: quella di cercare di cambiare il mondo».

L’AUTORE

Luciana Castellina, giornalista e scrittrice, ma soprattutto militante politica, si è iscritta al PCI nel 1947, partito da cui è stata radiata nel 1969 quando, con Magri, Natoli, Parlato, Pintor e Rossanda, fonda il manifesto, di cui diviene una delle voci piú autorevoli. Tra i suoi libri piú recenti, ricordiamo Il cammino dei movimenti (2003), Cinquant’anni d’Europa. Una lettura antiretorica (2007) ed Eurollywood (2009).

Fonte: www.libriconsigliati.it

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