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Intervento di Giorgio Pagano alla manifestazione del 25 aprile 2018 al Monumento della Resistenza

a cura di in data 30 Aprile 2018 – 09:51
celebrazioni del 25 Aprile, l'intervento di Giorgio Pagano

Manifestazione del 25 aprile 2018, l’intervento di Giorgio Pagano
(foto archivio Cds)

1945 – 2018
FESTA DELLA LIBERAZIONE
Monumento alla Resistenza
La Spezia – Giardini Pubblici
Intervento di Giorgio Pagano
Copresidente del Comitato Provinciale Unitario della Resistenza

Ancora una volta siamo qui a celebrare il giorno della fine di un ventennio di dittatura e l’inizio di una vita nuova illuminata dalla libertà e dalla giustizia.
Il 25 aprile commemora e significala liberazione dell’Italia dal fascismo; la liberazione dell’Italia dalla guerra; la liberazione dell’Italia dalla violenza che eretta a regime e a culto pretendeva di annichilire l’umanità intera.
Il 25 aprile ricorda le innumerevoli vittime del fascismo e delle guerre dal fascismo generate;e afferma l’impegno affinché quell’orrore mai più si ripeta nella storia dell’umanità.
Il 25 aprile ricorda la luminosa Resistenza degli esseri umani che “volontari si adunarono / per dignità non per odio / decisi a riscattare / la vergogna e il terrore del mondo”, come scrisse Piero Calamandrei nella lapide che si conclude con le parole “ora e sempre / Resistenza”; e chiama tutti gli esseri umani a proseguire nella lotta in difesa dell’intera umanità.
Nella nostra città e nei monti della IV Zona Operativa il 25 aprile ricorda 509 partigiani caduti, 407 mutilati, 257 caduti nei campi di sterminio nazisti, 25 caduti nei campi di lavoro in Germania.
Nella nostra città e nei monti della IV Zona Operativa il 25 aprile ricorda la lotta di 4355 partigiani e patrioti, uomini e donne, e di migliaia di donne delle campagne e delle montagne che sfamarono, protessero, curarono i partigiani: senza di loro la Resistenza non avrebbe mai potuto vincere.

LA COSTITUZIONE DEL COMANDO DELLA IV ZONA OPERATIVA E LA FIGURA DI MARIO FONTANA
Il tema scelto dal Comitato Unitario della Resistenza per le iniziative del 2018 è la costituzione del Comando della IV Zona Operativa.Nei primi mesi del 1944 i nazifascisti si illusero di aver stroncato il movimento delle prime bande partigiane, cresciute troppo in fretta e con scarso coordinamento tra loro. Ma dalla repressione e dallo sbandamento nacque, per volontà del CLN provinciale, un movimento nuovo, organizzato e disciplinato: l’esercito della Liberazione.Il risultato finale di questo processo fu la costituzione, il 25 luglio 1944, della I Divisione “Liguria”, che assunse in seguito il nome di IV Zona Operativa. Comandante fu nominato il Colonnello del regio esercito Mario Fontana “Turchi”, socialista (il nome di battaglia era ironico, perché era il cognome del fascista Capo della provincia), mentre come Commissario politico fu scelto il comunista Antonio Cabrelli “Salvatore”, poi sostituito dal comunista Tommaso Lupi “Bruno”.
Il Comando unico estese gradualmente la sua funzione e la sua autorità grazie essenzialmente aMario Fontana, che seppe infondere ai partigiani delle diverse bande equilibrio esenso di responsabilità.Cominciarono le azioni coordinate di guerriglia: occupazioni di caserme per sequestrare armi, distruzione di ponti, atti di sabotaggio. I partigiani resistettero al terribile rastrellamento del 20 gennaio 1945 (la “Battaglia del Gottero”), costringendo 25.000 nazifascisti a ritirarsi. Fu una delle più belle pagine di eroismo e di sacrificio della Resistenza italiana, vinta grazie soprattutto alla tattica militare decisa dal Comando: la difesa e lo “sganciamento”, cioè la tattica della guerriglia. Fu lo scacco definitivo per i nazifascisti, che aprì il cammino allo scatenamento della lotta partigiana fino alla vittoria di aprile.
Il 22 aprile pomeriggio Mario Fontana diede ordine di avviare l’operazione di occupazione di Spezia.
Il 23 aprile tedeschi e fascisti lasciarono Spezia verso Aulla e la Cisa e i partigiani delle SAP (Squadre Azione Patriottica) presero possesso degli edifici principali. Sempre il 23 aprile i partigiani, mentre scendevano in città dalla Val di Vara, combatterono con un nucleo di retroguardia tedesco a San Benedetto; la battaglia proseguì fino alla sera del 24 aprile, quando arrivarono a combattere anche reparti della 92a Divisione Buffalo già transitata a Spezia e diretta verso Genova. Il 24 aprile mattina entrarono nella città già liberata, senza sparare un colpo, i primi reparti americani. Il 25 aprile i partigiani dell’Esercito di Liberazione, conclusa l’ultima battaglia, scesero in città, sfilando tra due ali di folla festanti.
Ricordiamo oggi, a settant’anni dalla morte, Mario Fontana e le sue doti: la competenza militare, la fede nei valori alla base della lotta partigiana e l’amore per i giovani.Lo ricordiamo con le parole pronunciate da Pietro Mario Beghi, il Prefetto della Liberazione, nel discorso tenuto il 5 ottobre 1964 in occasione della inaugurazione della scuola media a lui intitolata: “Mario Fontana aveva realizzato il suo capolavoro: lotta alle barbarie, lotta agli aspetti truci dei primi mesi, lotta alle improvvisazioni e alle avventure, lotta agli eroismi individuali. Calma, metodicità, paziente ricerca del minimo mezzo, rispetto di se stessi e degli altri (anche dei nemici), intima e fraterna collaborazione con le popolazioni delle quali i partigiani dovevano essere diretta espressione. Mentre Mario Fontana forgiava a sua somiglianza i propri ragazzi, questi trasfondevano giorno per giorno in lui nuove energie, nuovi entusiasmi, nuove speranze. Mario Fontana ebbe piena coscienza di questo travaglio e ne andava orgoglioso. Impose i suoi partigiani al rispetto di tutti: nemici e alleati. Insegnò che con i nemici bisognava essere dignitosi e anche generosi, ma irriducibili; che con gli amici bisognava essere leali ma gelosi della propria dignità. Quando il 25 aprile 1945, dopo aver aperto la strada agli Alleati che inseguivano i nazifascisti in rotta verso i valichi appenninici, fece confluire le sue formazioni su Spezia, su Spezia distrutta e martoriata, diede inequivocabile segno che, scacciata la barbarie, entrava la civiltà, una civiltà nuova. Lo testimonia il fatto che gli Alleati non lasciarono alla Spezia un solo reparto delle proprie truppe: bastava il Colonnello Mario Fontana con i suoi partigiani. Designato dal CLN ad assumere la carica di Prefetto della Spezia, rifiutò e a nulla valsero le molte pressioni universalmente esercitate su di lui. Preferì continuare a interessarsi ai suoi ragazzi, costituì l’associazione partigiana. Il 1° giugno 1945 venne nominato Comandante del Presidio Militare e Capo Ufficio della Commissione interrogatorio prigionieri, e successivamente promosso al grado di Generale di Brigata per meriti di guerra. La guerra aveva logorato le sue energie fisiche e mentali e un male atroce ebbe a stroncarlo il 10 maggio 1948 presso una clinica medica di Firenze. La Spezia aveva perduto uno dei suoi figli migliori, simbolo dell’epopea partigiana della IV Zona Operativa, dei giorni in cui si moriva perché l’Italia vivesse”.

PARTIGIANI E ALLEATI
Il tema del Comando della IV Zona Operativa ci rimanda al tema del rapporto tra partigiani e Alleati. Il ruolo degli Alleati fu decisivo per la liberazione dell’Italia. Nei prossimi giorni la città ricorderà giustamente il contributo degli Alleati anglo-americani a ovest. E’ giusto ricordare anche il contributo degli Alleati sovietici a est. Basta una sola parola: Leningrado. Una città circondata dai tedeschi dal settembre 1941 al gennaio 1944. Hitler voleva prenderla per fame, ma gli abitanti resistettero fino allo stremo, con oltre un milione di morti, nutrendosi di aghi di pino bolliti, della colla della carne da parati, poi dei cadaveri di chi non ce la faceva più. Una storia atroce di fame e di dolore.
Ma se il ruolo degli Alleati fu certamente decisivo, altrettanto certamente l’azione dei partigiani fu rilevantedal punto di vista militare e fondamentale dal punto di vista politico e morale.I ribelli non si arresero mai e non accettarono mai di essere solo testimoni passivi degli sconvolgimenti che attraversavano il loro Paese, la loro città, le loro famiglie. Come ha scritto Maurizio Fiorillo, storico della Resistenza sui nostri monti, “offrirono una speranza e un’alternativa per il futuro: è questa, forse, la loro principale vittoria”.
La domanda cruciale che dobbiamo porci è questa: e se la guerra si fosse conclusa esclusivamente con la conquista da parte degli eserciti degli Alleati? Se le autorità militari anglo-americane non avessero avuto a che fare con i partigiani, con i CLN e con i rinati partiti politici che ai CLN avevano dato vita?
Così risponde Gustavo Zagrebelsky, già Presidente della Corte Costituzionale:
“La sconfitta del III Reich e della Repubblica di Salò non fu certo determinata soltanto, e nemmeno prevalentemente, dalle forze della Resistenza interna. Ma, se questa non ci fosse stata, la parola adatta a descrivere la situazione del nostro Paese sarebbe ‘debellatio’, annichilimento. Gli Alleati trovarono un popolo dove si lottava per la propria identità, oltre che per il proprio onore e il proprio futuro. Molto diversa l’Italia dalla Germania, per quanto entrambe sconfitte. Gli storici discutono delle dimensioni della Resistenza, tra resistenza attiva con le armi in pugno, resistenza passiva, aiuto e sostegno diffuso, fiancheggiatori più o meno esposti. In ogni caso, quella Resistenza che in Italia ci fu e in Germania non ci fu, permise al nostro Paese di salvaguardare la propria autonomia, di sedere nel contesto internazionale tra le nazioni libere e di ricominciare a prendere nelle nostre mani l’opera della ricostruzione. Il primo passo fu l’Assemblea Costituente, il primo Parlamento democratico del nostro Paese, eletto a suffragio universale, uomini e donne; il primo frutto fu la Costituzione”.

DALLAREPUBBLICA DEL DOLORE ALLA REPUBBLICA DELLA MEMORIA STORICA
Per molti anni l’Italia è stata soprattutto una Repubblica del dolore e del ricordo dei caduti. I nostri testimoni ci hanno raccontato il dolore dei bombardamenti, dei rastrellamenti, delle torture all’ex XXI Reggimento Fanteria, delle sevizie atroci della banda Gallo, delle deportazioni in Germania. Ora la legge naturale della vita e del tempo che scorre ci spinge a essere sempre più una Repubblica della memoria storica: intesa non solo come ricordo doloroso ma come conoscenza. Ecco l’importanza della scuola, dei musei, dei libri, dei film, dei monumenti, delle lapidi, delle celebrazioni. Ecco l’importanza di questa festa, che non potrà mai essere cancellata: il 25 aprile.

LA POSTA IN GIOCO E LA SCELTA MORALE DA COMPIERE
La memoria storica non deve mai dimenticare quale fu la posta in gioco, e quale fu la scelta morale da compiere. Lo possiamo capire nel modo più vivo attraverso le Lettere dei condannati a morte della Resistenza, in cui la coscienza è lacerata tra due fedeltà: l’una verso un ideale politico; l’altra verso i familiari e le persone care, alle quali si chiede perdono per aver anteposto all’amore verso di loro, l’amor di Patria (parola allora ricorrente: i partigiani si facevano chiamare patrioti).
I patrioti rifiutarono il conformismo di chi sta alla finestra quando si combatte per beni supremi come la libertà, l’indipendenza, la dignità degli esseri umani, la pace.Nell’antichità, quando un conflitto di questo genere si verificava e nessun’altra soluzione sembrava possibile, l’impegno personale e diretto -o di qua o di là- si considerava un obbligo civile. Una legge di Solone puniva gli inerti. Si voleva evitare che si stesse alla finestra, come fanno gli opportunisti, per poi approfittare del sacrificio di chi si è messo in gioco e ha rischiato la vita per un ideale. Di tutte le posizioni, la meno degna è proprio questa: assumere l’opportunismo come virtù; credere di superare il conflitto che oltre settant’anni fa ha diviso l’Italia in nome d’una debolezza. Facciamo attenzione a che l’appello giusto e ripetutoalla “memoria condivisa” e alla riconciliazione, non finisca per esaltare l’opportunismo come virtù politica.
Oggi certamente vogliamo la riconciliazione. Ma rifiutando l’opportunismo e tenendo ferma la distinzione tra chi ha combattuto per mantenere una feroce dittatura e chi invece ha combattuto per la libertà e la democrazia. Non conserviamo rancori, ma non siamo disposti a violentare la realtà storica e a restituire spazio alle idee che sono state sconfitte oltre settant’anni fa.

E SE AVESSERO VINTO FASCISTI E NAZISTI?
Ecco la seconda domanda cruciale che dobbiamo porci: “Che cosa sarebbe successo se avessero vinto i fascisti e i loro alleati nazisti?”. Vediamo anche in questo caso la risposta di Zagrebelsky:
“Guardiamo ai fatti e ricordiamo i programmi. La Germania vincitrice avrebbe istituito il ‘Reich millenario’. Avrebbe distrutto la civiltà liberale e cristiana, avrebbe instaurato il dominio della ‘razza ariana’, sterminando i ‘non integrabili’, gli ebrei, i rom, gli omosessuali, gli oppositori politici; avrebbe sottomesso le ’razze inferiori’, gli slavi e anche i popoli latini dal sangue impuro per i tanti mescolamenti o ‘contaminazioni’ prodottesi nei secoli. Al di là del nostro piuttosto ridicolo orgoglio nazionalistico e della retorica da eredi della ‘romanità’, saremmo stati costretti a servire l’impero ariano. Oggi si dice che all’Italia sarebbe stato riconosciuto un suo degno posto nel nuovo ordine mondiale, cioè la mano libera nella colonizzazione di alcune parti del continente africano. Che bella prospettiva: colonialismo su larga scala! Saremmo stati dei colonizzatori a nostra volta colonizzati. Comunque, la guida del nuovo mondo doveva essere la Germania, con la sua ideologia, la Wehrmacht, le SS, la Gestapo, i campi di concentramento e di sterminio. L’Italia e l’Europa tutta sarebbero state sotto il giogo d’un regime di pretesi super-uomini che avevano dato prova di sé scatenando guerre d’espansione e pulizie etniche, provocando milioni di morti, diffondendo il terrore nella vita quotidiana, promuovendo mostruosi esperimenti e campagne eugenetiche. Non sono esagerazioni: questo era l’alleato, questi i super-uomini che i nostri fascisti goffamente volevano imitare, questa l’ideologia totalitaria razziale che già fin all’inizio di quella tragica avventura era stata annunciata a chiare lettere, a chi avesse voluto intendere, nel MeinKampf di Adolf Hitler”.
Una parte, dunque, stava con queste barbarie, l’altra contro. Occorre ricordare e rendere onore e gratitudine a chi ha scelto la parte secondo umanità, giustizia e libertà, la parte che ci consente di essere qui a discutere liberamente del nostro passato e del nostro futuro.

LA MEMORIA STORICA DEVE DARCI INDICAZIONI PER L’OGGI
La memoria storica deve essere anche una riflessione sul tempo nostro.Un esame di coscienza sul presente. La memoria va cioè connessa alla vitae darci indicazioni utili per il mondo di oggi. Solo così possiamo dare forza al ricordo.
L’indicazione più utile è certamente quella della giustizia sociale e della lotta alle diseguaglianze.
Il 25 aprile ci convoca quindi, di fronte a una distanza crescente tra chi ha e chi non ha, all’impegno per un’Italia più giusta e meno diseguale.
Così come, di fronte al razzismo, ci convoca all’impegno per la convivenza e la solidarietà.
Così come, di fronte alle guerre e al militarismo, ci convoca all’impegno per la pace e per la salvezza dell’umanità e alla scelta della nonviolenza.
Così come, di fronte al maschilismo, ci convoca all’impegno contro tutte le oppressioni e per la liberazione delle donne.
In una parola, il 25 aprile ci convoca ad attuare la Costituzione nata dalla Resistenza.

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