“Il Sessantotto, gli anni Sessanta e la musica” con Giorgio Pagano, Maria Cristina Mirabello, Riccardo Borghetti e Claudio Lopresti dei The Cavern Men. Sabato 30 settembre ore 16-19 alla Maggiolina, zona bar
“Il Sessantotto, gli anni Sessanta e la musica”
con Giorgio Pagano, Maria Cristina Mirabello, Riccardo Borghetti e Claudio Lopresti dei The Cavern Men
Sabato 30 settembre ore 16-19
Maggiolina – zona bar
Sabato 30 settembre si concluderà il giro delle presentazioni del libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” nel territorio spezzino. Seguiranno, entro l’anno, altre presentazioni fuori provincia.
Nell’occasione l’Associazione Culturale Mediterraneo e CNA Insieme hanno organizzato una presentazione “speciale” del secondo Volume del libro: un incontro alla Maggiolina sabato 30 settembre dalle 16 alle 19 nella zona bar, dove negli anni Sessanta e nel Sessantotto nacquero i “complessi”. Alla presentazione del libro – ore 16 con Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello – seguirà, alle 16,30. il dialogo con Riccardo Borghetti e con Claudio Lopresti dei The Cavern Men, che alle 17,30 eseguiranno le più belle canzoni di quegli anni. L’incontro ha per titolo “Gli anni Sessanta, il Sessantotto e la musica”.
“La musica – afferma Giorgio Pagano – ebbe un ruolo decisivo nella formazione e nella costruzione dell’identità dei giovani degli anni Sessanta. Al diffuso bisogno di ideali che diano un senso alla vita rispose in primo luogo la musica. Certamente la musica italiana. Si pensi ai cantautori, come Luigi Tenco, la cui scomparsa, nel 1967, lasciò un segno indelebile, o come Francesco Guccini: la sua ‘Dio è morto’, alcuni versi della quale danno il titolo al libro, fu davvero ‘un manifesto programmatico’, come sostiene Beppe Carletti dei Nomadi – che per primi la cantarono – nella sua testimonianza. Ma si pensi anche a Mina, che pure ‘sessantottina’ non era, che affermò in una celebre intervista: ‘Non devo preoccuparmi dei do diesis o dei fa bemolle. Devo solo preoccuparmi di tirar fuori l’inferno di ritmi che ho in me, che tutti noi giovani abbiamo dentro’.
Influì anche la musica francese, ma soprattutto quella americana e britannica. Fu un’energia liberatoria: soprattutto con il folk di Bob Dylan e Joan Baez, e con i Beatles e i Rolling Stones, senza dimenticare il jazz. ‘We Shall Overcome’ diventò un canto emblematico in tutto il mondo. Joan Baez la cantò alla marcia di Washington del 28 agosto 1963, al termine della quale Martin Luther King scandì più volte ‘I have a dream’. Il suo discorso illumina efficacemente il retroterra sociale e culturale che ispirò il Sessantotto. Bob Dylan scoprì la Beat Generation, il folk e il blues e compose, nel 1964, ‘Chimes of Freedom’, la canzone che, strofa dopo strofa, infittisce l’elenco dei marginali e dei sofferenti per i quali suonano le campane della libertà. Mentre i Beatles abbandonarono presto le loro semplici storie d’amore per cantare la solitudine e la sofferenza, come in ‘Eleanor Rigby’ (1966), e il conflitto generazionale, come in ‘She’s Leaving Home’ (1967). John Lennon disse: ‘Dylan ci mostra il cammino’. Il vero inno generazionale fu ‘My generation’ degli Who (1965). Ma il brano musicale più folgorante fu, da questo punto di vista, la versione di ‘The End’ dei Doors, in cui Jim Morrison cantò l’Edipo Re, il 21 agosto 1966. La polemica contro il consumismo fu una costante dei lavori di Frank Zappa, ma anche i Rolling Stones la cantarono in ‘Satisfaction’ (1965). Certamente non furono ‘solo canzonette’, né dal punto di vista musicale né da quello narrativo”.
In questo contesto nacquero, anche alla Spezia, i “complessi”. Furono gli anni delle cantine e delle rassegne. Quella che fece epoca fu lo Show Beat al Monteverdi nel 1966: 4 mila giovani, un pienone mai visto, il teatro scosso dalle fondamenta, le poltrone divelte, ragazze e ragazzi a gridare e a ballare per ore. Riccardo Borghetti e Claudio Lopresti dei The Cavern Men, tra i protagonisti di quella stagione, ne discuteranno con Giorgio Pagano e con gli intervenuti, e poi si esibiranno cantando tante tra le più belle canzoni degli anni Sessanta.
Sabato 30 settembre si concluderà il giro delle presentazioni del libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” nel territorio spezzino. Seguiranno, entro l’anno, altre presentazioni fuori provincia.
Nell’occasione l’Associazione Culturale Mediterraneo e CNA Insieme hanno organizzato una presentazione “speciale” del secondo Volume del libro: un incontro dal titolo “Gli anni Sessanta, il Sessantotto e la musica” dalle 16 alle 19 alla Maggiolina nella zona bar, dove negli anni Sessanta e nel Sessantotto nacquero i “complessi”, la cui storia è raccontata nel libro. Alla presentazione – ore 16 con Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello – seguirà, alle 16,30, il dialogo con Riccardo Borghetti e con Claudio Lopresti dei The Cavern Men, che alle 17,30 eseguiranno le più belle canzoni di quegli anni. Questi alcuni tra i pezzi che saranno cantati da Borghetti: I’m a Believer, Leti t be, Bang Bang, The House of The Rising Sun. Lopresti eseguirà, tra le altre canzoni: Love me do, Yesterday, Mr. Tambourine Man, The Sound of Silence.
Riccardo Borghetti vanta una lunghissima carriera e molteplici collaborazioni, debutta con i Bats 66, band fondata nel 1966, proponendo un genere legato alla cultura anglosassone: Beatles, Rolling Stones, Animals, Kinds. Quindi prosegue con i Lords 77. Con questa band esegue serate in tutta Italia in sale da ballo e night club. In questo periodo incide anche un 45 giri, con il brano “In un momento” da lui interamente composto. Lasciata la band, il ritorno agli studi e la scoperta di De André e altri autori come Brassens, Dylan, Cohen e i “francesi” come Brel, Trenet, Ferrè. Da qui l’inizio della carriera di cantautore e di autore per altri musicisti: da citare l’album “Io e me” scritto per Fanigliulo, la collaborazione con Pierangelo Bertoli per il disco “A muso duro” e la scrittura di canzoni per Mina, Zanicchi, Bobby Solo, Fred Bongusto, Marcella, Dik Dik, Marco Lucchinelli, Memo Remigi, Mino Reitano, Marina Occhiena, Giovanna, Umberto Smaila, Shel Shapiro. L’attività di autore è proseguita anche per la televisione (Telemontecarlo, Canale 5, Rete 4, Rai 3), con la realizzazione di molte sigle televisive e jingle pubblicitari, e con la musica per cinema e teatro.
Il gruppo The Cavern Men viene fondato nel 1965. Questa la prima formazione (1965-1967): Luciano De Facendis (chitarra ritmica – cantante solista), Claudio Lopresti (chitarra solista), Roberto Ranieri (chitarra basso), Luciano Puccetti (batteria.) Successivamente si costituisce la formazione definitiva (1967-1973): Luciano De Facendis (chitarra basso e ritmica, cantante solista), Claudio Lopresti (chitarra solista, Gino Angeloni (tastiere) e Luciano Puccetti (batteria). Il gruppo esegue serate in locali in tutta Italia. Il repertorio è in prevalenza basato sulla musica dei Beatles, Rolling Stones, Bob Dylan, Kinks, Simon & Garfunkel, Shadows, e, fra gli italiani, Lucio Battisti. Dal 1973 in poi Luciano De Facendis e Claudio Lopresti, dopo il periodo dei concerti con The Cavern Men, hanno continuato a collaborare componendo i loro brani.
Grande partecipazione, sabato 30 settembre al Parco della Maggiolina, all’incontro “Gli anni Sessanta, il Sessantotto e la musica”, organizzato dall’Associazione Culturale Mediterraneo e da CNA Insieme in occasione della conclusione del lungo giro – iniziato nel gennaio 2020 – di presentazioni nel territorio spezzino dei due volumi del libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”. Nei prossimi mesi, hanno detto Pagano e Mirabello, si terranno altre presentazioni ancora, fuori provincia.
Pagano ha fatto un bilancio del giro: “69 presentazioni, 4 mila presenze, una grande discussione di massa su un tema che ci è contemporaneo, perché ci parla della spinta umanistica a dare un segno morale e umano alla modernità, che allora fu sconfitta ma che stiamo cercando ancora in un mondo sempre più disumanizzato”.
Mirabello ha ricordato l’Indice generale dei nomi del libro, pubblicato online sui siti dell’Associazione Culturale Mediterraneo e dell’Istituto spezzino per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea: “4.306 nomi, tantissime persone protagoniste del decennio, operai, sindacalisti, studenti, politici, uomini e donne, musicisti, cinefili, teatranti, pittori, scultori, fotografi, giornalisti, parroci, vescovi, pastori protestanti… Dai nomi esce fuori più che mai la dimensione ‘glocale’ del libro”.
Subito dopo è iniziato il confronto tra i due autori del libro, Riccardo Borghetti e Claudio Lopresti del gruppo dei The Cavern Men, sulla musica, definita da Pagano “come collante e fattore di identità della generazione del Sessantotto”. “La musica ha fatto da apripista, ha anticipato i cambiamenti sociali, culturali e nel modo di comportarsi – ha affermato Borghetti – ed è diventata per la prima volta a portata di tutti, fruitori e autori sullo stesso piano”. “Eravamo noi giovani a comandare il gioco – ha proseguito Lopresti – ed eravamo, forse, la prima generazione a farlo in questo modo. Avevamo la speranza di essere padroni del mondo, e la voglia di metterci insieme. Oggi possiamo ripartire solo da lì”.
Poi i due musicisti hanno cantato e suonato molti pezzi. Obbligatorio l’omaggio ai Beatles: “Leti t be” (Borghetti) e “Yesterday” e “Across the universe” (Lopresti). E poi ai principali gruppi dell’epoca. L’unico autore italiano non poteva che essere Fabrizio De Andrè: Borghetti ha cantato “Avventura a Durango”, versione di “Romance of Durango” di Bob Dylan.
IL VIDEO DELL’INIZIATIVA
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