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Presentazione di
“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
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I flussi economici del turismo vanno riusati per la tutela del territorio

a cura di in data 5 Ottobre 2017 – 10:17

Città della Spezia, 29 settembre 2017 – I dati ci dicono che il turismo è sempre più un asse centrale dell’economia spezzina. Guai a rinunciare all’industria e a puntare solo sul turismo, come ci insegnano le città europee; ma l’economia turistica è ormai, e per fortuna, una realtà davvero significativa. Serve, dunque, una riflessione strategica per non smarrire quanto abbiamo conquistato.

Il primo punto riguarda la regia, la direzione dell’orchestra. Il motore del turismo sono gli operatori privati, ma il regolatore sono le istituzioni pubbliche; insieme devono programmare, per dotarsi di una strategia capace di penetrare nei mercati e di attrarre i turisti di oggi, sempre più “attivi”, camminatori, amanti dell’arte e della storia, dei prodotti tipici, delle due ruote… Il problema è che il pubblico è una sorta di Armata Brancaleone, perché le competenze sono disperse in troppi soggetti: Regione, Agenzia regionale, Sistemi Turistici Locali, Comuni, Parchi… Il tema del rinnovamento dei meccanismi e degli apparati decisionali è dunque un tema chiave. La Regione deve costruire un’offerta complessiva, che tenga insieme tutte le attrattive della Liguria, dalle spiagge al trekking in collina e in montagna, dall’enogastronomia alla cultura. E poi bisogna pensare all’anello intermedio tra la Regione e i Comuni. Scomparse le Apt, le vecchie agenzie di promozione turistica, e ridimensionate le Province, c’è un vuoto da riempire. A Spezia esiste un Sistema Turistico Locale (STL) per il Golfo, la Val di Magra e la Val di Vara, che senza clamori qualche risultato lo ha garantito. Pure le Cinque Terre hanno un loro STL, ma è un perfetto sconosciuto, mentre nel resto della Liguria questo strumento non ha mai attechito. L’assessore comunale spezzino al turismo, Paolo Asti, ha dichiarato che “lo strumento di governance sarà la DMO (Destination Management Organization)”, che mette attorno allo stesso tavolo pubblico e privato. Ma anche l’STL, in teoria, lo è. Lo si vuole migliorare o cancellare? E in tal caso con che cosa lo si vuole sostituire?

Certo, in questo bailamme l’iniziativa deve prenderla il Comune capoluogo, non solo perché è il capoluogo ma anche e soprattutto perché ha avuto una crescita straordinaria, ed è diventato il principale Comune turistico della Liguria di Levante. Ed è giusto che, in una prima fase, lo strumento di governance abbia un carattere provinciale. Prima bisogna mettere ordine in casa propria, poi si deve pensare all’area vasta, che comprende la Lunigiana, la Garfagnana, il Parco dell’Appennino Tosco Emiliano, le Apuane…

Bisogna “fare ordine” e parlare con un’unica voce nel nostro territorio -ripeto: abbiamo due STL in provincia!- ma l’obbiettivo di fondo deve restare lo strumento di area vasta. Solo due esempi della progettualità di area vasta di cui ci sarebbe bisogno. Il primo: in provincia della Spezia ci sono 23 castelli, altre decine nei territori contigui della Lunigiana massese, del Parmense, del Piacentino, del Tigullio. E’ un patrimonio straordinario di emergenze storico-culturali, connesse tra loro da sentieri e da vie dei prodotti tipici, che dovrebbe diventare una rete, un sistema, che potrebbe competere con il sistema francese dei Castelli della Loira e con quello delle grandi dimore inglesi. Il secondo: una pista ciclabile del corridoio tirrenico-ligure che colleghi Capalbio e Ventimiglia, con le connessioni alle aree rurali interne e alle città d’arte, costituirebbe un’enorme potenzialità per promuovere la valorizzazione delle risorse culturali e paesaggistiche di territori bellissimi e favorirebbe un grande indotto economico. Anche in questo caso ci doteremmo di un prodotto competitivo in tutta Europa, che non avrebbe nulla da invidiare alla pista Vienna-Passau sul Danubio. Ragionare in termini di area vasta è necessario perché bisogna offrire al turista una prospettazione la più ampia possibile. Oggi, per fare un esempio, un turista, soprattutto straniero, che va in un agriturismo in Val Di Vara vuole, durante il suo soggiorno, scoprire le tipicità della valle ma anche andare al mare a Levanto o a Sestri Levante o a Chiavari, visitare le Cinque Terre e Spezia o Pisa o Lucca o le cave di marmo…

L’altro punto di riflessione l’ha sollevato il Sindaco di Vernazza Vincenzo Rezasco su “Città della Spezia”: “Non vogliamo morire di troppo turismo… I nostri Paesi sono ormai diventati invivibili, prigionieri di turisti maleducati… Dobbiamo condividere le nostre bellezze con gli altri e il resto del mondo, ma dobbiamo avere la dignità di non essere ostaggio di chi utilizza le Cinque Terre solo per sodisfare appetiti bulimici, di chi non si accontenta mai e vorrebbe ogni giorno guadagnare più di ieri… I nostri paesi sono stressati. Abbiamo superato il giusto equilibrio naturale, prosciugato e sfruttato al massimo le nostre risorse”. Parole pesanti come pietre che chiedono una svolta in direzione di un turismo sostenibile, che non consumi il territorio. Parole analoghe le diceva già, nei primi anni Ottanta, in dialetto, il manarolese Dario Capellini, assessore provinciale, inventore della Cantina sociale delle Cinque Terre: “Di troppo turismo si può anche morire”.

I grandi temi su cui riflettere sono quelli della del contenimento e della regolamentazione del turismo consumistico -quello delle crociere in primis- e del rilancio dell’agricoltura, perché senza i vigneti le Cinque Terre sono destinate a morire lentamente: il bosco al posto dei muretti a secco, i sentieri sempre meno accessibili, le frane, il cambiamento del paesaggio. I flussi economici generati dal boom attuale vanno riusati per la tutela del territorio: altrimenti le risorse per sostenere l’agricoltura e recuperare ciò che si sta perdendo, dalle spiagge ai sentieri, non ci saranno mai. E vanno riusati per scuole e servizi, perché le Cinque Terre non perdano i propri abitanti, cioè la propria identità. Se i cinque piccoli borghi diventeranno come Disneyland tutto finirà.

Giorgio Pagano
Presidente dell’Associazione Culturale Mediterraneo

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