Giorgio Pagano presenta “Eppur bisogna ardir. La Spezia partigiana 1943-1945” Venerdì 5 Febbraio a Lerici e a Sesta Godano
GIORGIO PAGANO PRESENTA
“EPPUR BISOGNA ARDIR. LA SPEZIA PARTIGIANA 1943-1945”
Lerici, Sala consiliare venerdì 5 febbraio ore 17,30
Sesta Godano, Sala consiliare 5 febbraio ore 21
Il libro di Giorgio Pagano “Eppur bisogna ardir. La Spezia partigiana 1943-1945”, dopo le affollate presentazioni alla Spezia, a Sarzana e a Levanto, verrà presentato venerdì 5 febbraio alle ore 17,30 a Lerici, nella Sala consiliare, e alle ore 21 a Sesta Godano, nella Sala consiliare. La presentazione pomeridiana è organizzate dall’Associazione Culturale Mediterraneo e dalla sezione Anpi di Lerici; quella serale dall’Associazione e dal Comune di Sesta Godano. A entrambe le iniziative parteciperà Donatella Alfonso, giornalista di Repubblica e scrittrice, nonché autrice della prefazione al libro. A Lerici interverrà anche Carla Ambrosi, segretaria della sezione Anpi; a Sesta Godano interverranno anche il Sindaco Marco Traversone e il Presidente dell’Unione dei Comuni della Val di Vara Riccardo Barotti.
Il libro, edito da Cinque Terre, è una storia della Resistenza nella IV Zona operativa, fatta rivivere attraverso le testimonianze dei protagonisti, le ragazze e i ragazzi di settant’anni fa. “Eppur bisogna ardir” si apre con l’introduzione dell’autore e prosegue con i tre capitoli “La Storia”, “Racconti e ritratti” e “Facio e Laura” (si tratta delle pagine dedicate alle figure di Dante Castellucci “Facio”, partigiano ucciso da altri partigiani, e della sua compagna Laura Seghettini).
Tra i protagonisti del libro ci sono anche i partigiani e i resistenti di Lerici, da Tommaso Lupi, tipografo clandestino alla Rocchetta e poi commissario politico della IV Zona, a Luigi Fiori “Fra Diavolo” e Giuseppe Cargioli “Sgancia”, fino all’ultimo testimoni instancabili della Resistenza. Così come ci sono i partigiani e i resistenti della Val di Vara, nelle cui montagne e colline hanno operato la maggior parte delle nostre bande: da Federico Salvestri “Richetto” ad Antonio Siligato “Nino”, da Daniele Bucchioni “Dany” a don Giovanni Bobbio, ai tanti contadini e alle tante donne che ovunque sfamarono, curarono e protessero i partigiani.
La conclusione è affidata al saggio “La Resistenza e la sua eredità 1945-2015”, una riflessione su come trasmettere ai giovani la scelta morale e la concezione della politica della Resistenza e su come far sì che l’antifascismo e la Costituzione siano alla base di uno “spazio repubblicano” condiviso da tutti gli italiani. “Oggi -sostiene l’autore- i partiti non ci sono più, o almeno non ci sono più quelli veri, radicati nel popolo. Prima l’eredità della Resistenza cercavano, anche se non ci sono mai riusciti fino in fondo, di trasmetterla loro. Ma oggi? Dobbiamo ripartire dalle persone, dalle donne e dagli uomini semplici che hanno fatto la Resistenza, che sono i protagonisti delle tante piccole storie di questo libro. Ma ripartire anche, più in generale, dalle donne e dagli uomini semplici della nostra storia del dopoguerra e di oggi. Non dai poteri costituiti, ma dai germogli che nascono dal basso, dalla società”.
Il titolo del libro è quello di un verso originario di “Fischia il vento”, la canzone più amata dai partigiani ai monti. Giorgio Pagano spiega così lo spirito che pervade il libro: “L’ardore, inteso come coraggio morale, è il tema di questo libro. Perché, come disse Robert Kennedy, ‘il coraggio morale è merce più rara del coraggio in battaglia o dell’intelligenza’. Settant’anni fa ognuno si trovò solo di fronte alla propria scelta. Ogni partigiano ebbe un suo personale ‘ardir’: da tutte queste storie individuali sorse una storia collettiva. Fu la dimensione morale, che Piero Calamandrei indicava come una sorta di impulso diffuso, generato ‘da una voce sotterranea’, a indicare agli italiani la via della ribellione e del riscatto. Le ombre della Resistenza, che pure ci furono, non scalfiscono la luce della dimensione morale. Il valore del coraggio morale dei partigiani è più che mai attuale in una fase in cui è del tutto assente dalle qualità degli uomini pubblici, sostituito dall’accondiscendenza supina e dalla cedevolezza d’animo. Di coraggio morale abbiamo bisogno per tornare alla politica-virtù contro la politica-cinica tecnica del potere”.
Proseguono le presentazioni del libro di Giorgio Pagano “Eppur bisogna ardir. La Spezia partigiana 1943-1945”, che ovunque danno vita a incontri molto intensi e partecipati dedicati alla memoria della Lotta di Liberazione nelle diverse località della provincia e più in generale alla riflessione sull’attualità degli ideali della Resistenza e della Costituzione e sul come trasmettere, oggi, questa eredità. A Lerici ci si è soffermati soprattutto sulla vicenda della tipografia clandestina del Fodo, alla Rocchetta, e sull’intreccio tra lotte operaie, antifascismo, Resistenza e impegno democratico nelle Amministrazioni lericine del dopoguerra, emblematico nelle figure di Tommaso Lupi, Armando Isoppo, Alfredo Ghidoni e Argilio Bertella. Mario Peoni, dell’Anpi di Lerici, ha riferito dell’impegno dell’Associazione per acquisire la villa del Fodo e destinarla a Museo della Resistenza.
A Sesta Godano, nella Val di Vara “luogo sacro della Resistenza e della Costituzione”, come l’hanno definito Marco Traversone, Sindaco di Sesta Godano, e Riccardo Barotti, Sindaco di Rocchetta e Presidente dell’Unione dei Comuni della Val di Vara, si è messo l’accento sul sostegno della popolazione contadina, e delle donne in particolare, alla lotta partigiana. Lo sforzo costante del libro di Pagano, ha detto in entrambi gli incontri Paolo Galantini, copresidente del Comitato Unitario della Resistenza in rappresentanza della Fiap, è “quello di rievocare non solo lo scontro bellico ma anche la corposità e l’intensità della Resistenza civile, non armata, e di far parlare non solo i comandanti militari, ma anche le donne, gli operai, i contadini, i ragazzi, i sacerdoti”. Barotti ha definito “Eppur bisogna ardir” una “enciclopedia viva, non una storia fredda ma piena di passione e di insegnamenti sul futuro”. Tra i tanti eroi e uomini semplici protagonisti del libro, ne sono stati ricordati in particolare alcuni, tra cui Giovanni Pagani e Ezio Grandis, di cui è appena ricorso il 71° anniversario della morte: si immolarono perché altri potessero essere risparmiati dalla barbarie nazifascista, con un sacrificio che ricorda quello di Piero Borrotzu, che diede la vita per salvare la popolazione di Chiusola. Galantini ha chiesto “più rispetto per la Costituzione”: “bisogna tornare allo spirito della Costituzione, la stella polare del nostro cammino, che fu approvata dalla grandissima maggioranza dell’Assemblea Costituente, e per questo è di tutti: se ci si mette mano non lo si può fare a opera di una minoranza, senza una larga convergenza”. Inoltre, ha aggiunto, “bisogna stare attenti ad agire su una parte, perché si tocca il tutto, con il rischio del crollo dell’intero impianto”. Giorgio Pagano ha ripreso il tema, definendo le riforme costituzionali ed elettorali “contrassegnate dalla cultura dell’uomo solo al comando e del cittadino spettatore”. Bisogna tornare, ha aggiunto citando la testimonianza del partigiano Luigi Fiori, alla “cultura della Resistenza e della Costituzione, del cittadino attore e non spettatore”. “Il cambiamento tocca a noi -ha concluso- non dobbiamo aspettarlo dai vertici dei partiti e dei poteri costituiti ma costruirlo assieme, nella società e nella cultura, ripartendo dalle persone, specie dalle più umili, perché è qui che sono i germogli del futuro”.
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