Presentazione di “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello – Giovedì 19 dicembre 2024 ore 17 a Porto Venere – Ristorante La Marina Calata Doria
15 Dicembre 2024 – 19:29

Presentazione di
“Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”
di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello
Giovedì 19 dicembre 2024 ore 17
Porto Venere – Ristorante La Marina Calata Doria
I due …

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Giorgio Pagano presenta “Eppur bisogna ardir. La Spezia partigiana 1943-1945”. Sabato 23 Gennaio a Sarzana

a cura di in data 15 Gennaio 2016 – 08:55
Invito

Invito

GIORGIO PAGANO PRESENTA
EPPUR BISOGNA ARDIR.
LA SPEZIA PARTIGIANA 1943-1945

Sabato 23 gennaio ore 16
Sarzana – Sala della Repubblica

Sabato 23 gennaio alle ore 16 “Eppur bisogna ardir. La Spezia partigiana 1943-145”, l’ultimo libro di Giorgio Pagano, copresidente del Comitato Unitario della Resistenza in rappresentanza dell’Anpi e presidente dell’Associazione Culturale Mediterraneo, sarà presentato a Sarzana, nella Sala della Repubblica. L’iniziativa è organizzata dalla sezione Anpi di Sarzana, da Archivi della Resistenza – Circolo Edoardo Bassignani, dall’Associazione Culturale Mediterraneo e dal Museo audiovisivo della Resistenza. Interverranno, oltre all’autore: Piero Guelfi, partigiano, presidente della sezione Anpi di Sarzana; Massimo Dadà, presidente del Museo audiovisivo della Resistenza; Alessio Giannanti, di Archivi della Resistenza – Circolo Edoardo Bassignani e Andrea Ranieri, giornalista e scrittore. L’iniziativa sarà conclusa da un intervento musicale di Egildo Simeone & Livio Bernardini.

Il libro, edito da Cinque Terre, è una storia della Resistenza nella IV Zona operativa, quella delle colline e delle montagne di Val di Vara, Val di Magra e Lunigiana, fatta rivivere attraverso le testimonianze dei protagonisti, le ragazze e i ragazzi di settant’anni fa. “Eppur bisogna ardir” si apre con la prefazione di Donatella Alfonso, giornalista di “Repubblica” e scrittrice, e prosegue con l’introduzione dell’autore e i tre capitoli “La Storia”, “Racconti e ritratti” e “Facio e Laura” (si tratta delle pagine dedicate alle figure di Dante Castellucci “Facio”, partigiano ucciso da altri partigiani, e della sua compagna Laura Seghettini). Tra i protagonisti del libro ci sono molti partigiani e partigiane sarzanesi e della Val di Magra, appartenenti alla Brigata “Muccini”: Flavio Bertone “Walter”, Vanda Bianchi “Sonia”, Piero Galantini “Federico”, Piero Guelfi “Danilo”, Paolino Ranieri “Andrea”. Ancora: Luigi Fiori “Fra Diavolo”, che combatté nel parmense, Carlo Bertolani “Carlin”, appartenente al Battaglione “Vanni”, le sorelle Dora e Elvira Fidolfi, di Arcola, fino al partigiano più discusso della nostra Resistenza, il santostefanese Primo Battistini “Tullio”, “eroe e fuorilegge”.

La conclusione è affidata al saggio “La Resistenza e la sua eredità 1945-2015”, una riflessione su come trasmettere ai giovani la scelta morale e la concezione della politica della Resistenza e su come far sì che l’antifascismo e la Costituzione siano alla base di uno “spazio repubblicano” condiviso da tutti gli italiani. “Oggi -sostiene l’autore- i partiti non ci sono più, o almeno non ci sono più quelli veri, radicati nel popolo. Prima l’eredità della Resistenza cercavano, anche se non ci sono mai riusciti fino in fondo, di trasmetterla loro. Ma oggi? Dobbiamo ripartire dalle persone, dalle donne e dagli uomini semplici che hanno fatto la Resistenza, che sono i protagonisti delle tante piccole storie di questo libro. Ma ripartire anche, più in generale, dalle donne e dagli uomini semplici della nostra storia del dopoguerra e di oggi. Non dai poteri costituiti, ma dai germogli che nascono dal basso, dalla società”.

Il titolo del libro è quello di un verso originario di “Fischia il vento”, la canzone più amata dai partigiani ai monti. Giorgio Pagano spiega così lo spirito che pervade il libro: “L’ardore, inteso come coraggio morale, è il tema di questo libro. Perché, come disse Robert Kennedy, ‘il coraggio morale è merce più rara del coraggio in battaglia o dell’intelligenza’. Settant’anni fa ognuno si trovò solo di fronte alla propria scelta. Ogni partigiano ebbe un suo personale ‘ardir’: da tutte queste storie individuali sorse una storia collettiva. Fu la dimensione morale, che Piero Calamandrei indicava come una sorta di impulso diffuso, generato ‘da una voce sotterranea’, a indicare agli italiani la via della ribellione e del riscatto. Le ombre della Resistenza, che pure ci furono, non scalfiscono la luce della dimensione morale. Il valore del coraggio morale dei partigiani è più che mai attuale in una fase in cui è del tutto assente dalle qualità degli uomini pubblici, sostituito dall’accondiscendenza supina e dalla cedevolezza d’animo. Di coraggio morale abbiamo bisogno per tornare alla politica-virtù contro la politica-cinica tecnica del potere”.


Anche a Sarzana sala affollata per la presentazione di “Eppur bisogna ardir. La Spezia partigiana 1943-1945” di Giorgio Pagano, organizzata da Anpi Sarzana, Archivi della Resistenza, Associazione Culturale Mediterraneo e Museo audiovisivo della Resistenza. A introdurre l’incontro, dopo che Livio Bernardini e Egidio Simeone avevano cantato “Bella ciao”, è stato il partigiano Piero Guelfi, presidente di Anpi Sarzana: “Mai nessun titolo avrebbe potuto, come ha fatto quello di questo libro, farmi ricordare il tempo della Resistenza”, ha detto commosso, ricordando anche la partigiana Vanda Bianchi e i tanti momenti passati con lei e con l’autore. Massimo Dadà, presidente del Museo, ha definito “Eppur bisogna ardir” “non solo un libro di storia, ma anche e soprattutto un libro politico e morale, che spinge a metterci in gioco e ci fa venire voglia di metterci in gioco” perché rivivano gli ideali della Resistenza. Alessio Giannanti, di Archivi della Resistenza, ha parlato di “doppia seduzione del libro”: “perché ha l’odore di un album di famiglia, che intreccia la storia della Resistenza ligure e di quella toscana” e “perché riflette su che cos’è la memoria di fronte alla crisi dell’antifascismo”. Anche per Giannanti il libro di Pagano “non è solo un libro di storia, ben documentato, ma è molto di più, è un libro politico e morale, e anche un libro dal forte impatto emotivo, non solo utile ma anche emozionante”. I protagonisti del libro, ha concluso, “sono gli uomini e le donne, e la Costituzione”. Per Andrea Ranieri, giornalista e scrittore, figlio di Paolino -che fu capo partigiano e poi sindaco di Sarzana- è giusto, come fa Pagano, “ripartire dalle persone di fronte alla crisi delle organizzazioni sociali e politiche”, perché la “Resistenza non si tramanda come fatto istituzionale, ma andando a scavare nelle persone”. Non dobbiamo, ha aggiunto, “avere paura dell’individuo”, ma lottare “per una rivoluzione della dignità che parta dalle persone”. L’altro protagonista del libro, ha convenuto Ranieri, è la Costituzione, “che non va difesa, va attuata”. Nel prossimo referendum sulla Costituzione “in gioco non c’è tanto questa o quella riforma del Senato, ma la concezione della politica”. La politica, ha proseguito Ranieri, “non può essere decisione dall’alto, con i cittadini spettatori”, è partecipazione, come insegna la Resistenza e come dice la Costituzione.

Infine l’autore, che si è soffermato sull’attualità perenne del “coraggio morale” dei resistenti e della loro concezione della vita “come cammino non solo individuale ma collettivo”: valori indispensabili anche oggi, “di fronte alla vigliaccheria e all’individualismo”. Restituire ai giovani l’eredità della Resistenza è difficile, ha aggiunto, “perché non esistono più partiti ‘costituzionali’, così come li definiva lo storico cattolico Pietro Scoppola”: “possiamo ripartire solo dalle persone, dalle storie, dalla società, dalla cultura”. In fondo, ha aggiunto Pagano, è sempre stato così: “una forza nuova si afferma nella politica e nelle istituzioni solo se prima si palesa nelle persone, nella società: come fu nella Resistenza, e poi nel giugno-luglio 1960, quando tutto partì dai giovanissimi”. Questa la conclusione: “Ha ragione Enzo Bianchi, il monaco priore di Bose: ‘Per ora manca un’insurrezione delle coscienze, ma prima o poi i giovani e i poveri si ribelleranno’”. Poi tutta la sala ha cantato “Fischia il vento”: un verso originario di questa canzone, che fu il vero inno dei partigiani ai monti, è diventato il titolo del libro.

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