Giorgio Pagano presenta “Eppur bisogna ardir. La Spezia partigiana 1943-1945” a Massa, venerdì 19 agosto ore 21,15, e a Groppo di Sesta Godano, sabato 20 agosto ore 20,30
GIORGIO PAGANO PRESENTA
“EPPUR BISOGNA ARDIR. LA SPEZIA PARTIGIANA 1943-1945”
* Massa, Mostra della Resistenza, venerdì 19 agosto ore 21,15
* Groppo di Sesta Godano, Terrazza Circolo Anspi San Siro, sabato 20 agosto ore 20,30
Il libro di Giorgio Pagano “Eppur bisogna ardir. La Spezia partigiana 1943-1945”, dopo le affollate presentazioni alla Spezia, Sarzana, Levanto, Lerici, Sesta Godano, Migliarina, Follo, Valmozzola, Pontremoli, Arcola, Sestri Levante, Massa (MemoFest), Genova, Pignone e Monterosso, verrà presentato venerdì 19 agosto alle 21,15 a Massa (Mostra della Resistenza, Piazzale Partigiani) per iniziativa del Comune di Massa e dell’Anpi di Massa e sabato 20 agosto alle 20,30 a Groppo di Sesta Godano (Terrazza Circolo Anspi San Siro) per iniziativa del Circolo Anspi e del Consorzio Il Cigno. A Massa interverranno il Sindaco di Massa Alessandro Volpi e lo storico Massimo Michelucci; a Groppo di Sesta Godano interverrà Lorena Calabria, studiosa della Resistenza in Val di Vara.
Il libro, edito da Cinque Terre, è una storia della Resistenza nella IV Zona operativa, fatta rivivere attraverso le testimonianze dei protagonisti, le ragazze e i ragazzi di settant’anni fa. “Eppur bisogna ardir” si apre con l’introduzione dell’autore e prosegue con i tre capitoli “La Storia”, “Racconti e ritratti” e “Facio e Laura” (si tratta delle pagine dedicate alle figure di Dante Castellucci “Facio”, partigiano ucciso da altri partigiani, e della sua compagna Laura Seghettini).
La Resistenza spezzina si svolse in buona parte in territorio lunigianese, nel pontremolese e nello zerasco, ed ebbe molti partigiani lunigianesi tra i protagonisti principali; il legame con la Resistenza di Massa fu inoltre molto stretto sul versante della Val di Magra ai confini con il territorio apuano.
Tra i protagonisti del libro ci sono poi i partigiani e i resistenti della Val di Vara, nelle cui montagne e colline operarono la maggior parte delle nostre bande: da Federico Salvestri “Richetto” ad Antonio Siligato “Nino”, da Daniele Bucchioni “Dany” a don Giovanni Bobbio, ai tanti contadini e alle tante donne che ovunque sfamarono, curarono e protessero i partigiani.
La conclusione è affidata al saggio “La Resistenza e la sua eredità 1945-2015”, una riflessione su come trasmettere ai giovani la scelta morale e la concezione della politica della Resistenza e su come far sì che l’antifascismo e la Costituzione siano alla base di uno “spazio repubblicano” condiviso da tutti gli italiani. “Oggi -sostiene l’autore- i partiti non ci sono più, o almeno non ci sono più quelli veri, radicati nel popolo. Prima l’eredità della Resistenza cercavano, anche se non ci sono mai riusciti fino in fondo, di trasmetterla loro. Ma oggi? Dobbiamo ripartire dalle persone, dalle donne e dagli uomini semplici che hanno fatto la Resistenza, che sono i protagonisti delle tante piccole storie di questo libro. Ma ripartire anche, più in generale, dalle donne e dagli uomini semplici della nostra storia del dopoguerra e di oggi. Non dai poteri costituiti, ma dai germogli che nascono dal basso, dalla società”.
Il titolo del libro è quello di un verso originario di “Fischia il vento”, la canzone più amata dai partigiani ai monti. Giorgio Pagano spiega così lo spirito che pervade il libro: “L’ardore, inteso come coraggio morale, è il tema di questo libro. Perché, come disse Robert Kennedy, ‘il coraggio morale è merce più rara del coraggio in battaglia o dell’intelligenza’. Settant’anni fa ognuno si trovò solo di fronte alla propria scelta. Ogni partigiano ebbe un suo personale ‘ardir’: da tutte queste storie individuali sorse una storia collettiva. Fu la dimensione morale, che Piero Calamandrei indicava come una sorta di impulso diffuso, generato ‘da una voce sotterranea’, a indicare agli italiani la via della ribellione e del riscatto. Le ombre della Resistenza, che pure ci furono, non scalfiscono la luce della dimensione morale. Il valore del coraggio morale dei partigiani è più che mai attuale in una fase in cui è del tutto assente dalle qualità degli uomini pubblici, sostituito dall’accondiscendenza supina e dalla cedevolezza d’animo. Di coraggio morale abbiamo bisogno per tornare alla politica-virtù contro la politica-cinica tecnica del potere”.
“Eppur bisogna ardir. La Spezia partigiana 1943-1945” ha fatto tappa anche alla “Mostra della Resistenza” a Massa e a Groppo di Sesta Godano.
A Massa il libro è stato presentato dal Sindaco Alessandro Volpi, che lo ha definito “un importante contributo storiografico sul tema della Resistenza nell’area spezzina”, che “contiene tuttavia alcuni aspetti che lo rendono un testo assai particolare, non definibile nell’ambito della produzione storica in senso stretto”: combina infatti “interventi di ricerca, notazioni commemorative, brani dal chiaro sapore pedagogico, elementi tenuti insieme da una forte passione civile che intende sottrarre la Resistenza al rischio della dimensione meramente celebrativa, destinata a indebolirne la carica di matrice originaria della nostra democrazia”. Volpi ha condiviso l’insistenza di Pagano “sulla centralità del ‘coraggio morale’ di tanti italiani nel periodo 1943-1945, una virtù pubblica e collettiva, ben più rilevante in termini culturali, istituzionali e politici rispetto ai pur rilevanti ardimenti dei singoli”; e la sua visione della Resistenza come “atto fondativo della Repubblica perché rappresenta un bene comune in grado di dare corpo a un’altrimenti inesistente tradizione democratica e perché esprime il riscatto di un popolo”. Lo storico Massimo Michelucci si è soffermato, in particolare, sulle pagine dedicate a “Facio” e sull’insistenza di Pagano sulla “Resistenza come moto popolare dal basso”. “La storia d’Italia -ha detto- potrebbe essere narrata come una storia in cui la ‘politica dall’alto’ non ha saputo interpretare e guidare la ‘politica dal basso’, come dimostra per esempio la vicenda degli Arditi del Popolo, lasciati soli dai partiti a combattere il fascismo nascente”. Pagano si è detto d’accordo: “I germogli sociali e culturali dal basso sono stati interpretati e guidati dai partiti nella Resistenza, poi ancora nel moto del luglio 1960, che diede vita al centrosinistra, ma molto meno nel ’68-69, un movimento che rimase senza risposta politica”. Oggi l’’ardir’, ha concluso Pagano, “deve manifestarsi in un moto contro il mutamento della forma di governo prevista dalla Costituzione, perché la concezione dell’uomo solo al comando mette a rischio i valori sociali della prima parte della Carta”.
A Groppo il libro è stato presentato dalla studiosa Lorena Calabria, che ha condiviso le due “categorie fondamentali del libro, quella del coraggio morale e quella del moto popolare”. La Calabria ha proposto come figura simbolica di queste due categorie la contadina Carmela di Boschetto, sopra Antessio: la sua casa accolse i partigiani del Battaglione “Matteotti-Picelli”, e Carmela salvò i patrioti sorpresi dai tedeschi parlando con un ufficiale: “Non sapeva una parola di italiano, parlava solo in dialetto, ma a convincere il tedesco bastarono i suoi gesti… poi andò subito a preparare la pattona ai partigiani”. L’autore ha condiviso e ha citato tante altre testimonianze raccolte nel libro, che testimoniano tutte “l’intensità della Resistenza sociale e civile, soprattutto delle contadine e dei contadini della Val di Vara, senza cui la Resistenza armata non ce l’avrebbe mai fatta”. Il dibattito si è soffermato sui temi della crisi politica e morale attuale e del come restituire ai giovani l’eredità della Resistenza. “Dal ’45 a oggi -ha detto Pagano- è uscita stritolata la Resistenza popolare e civile, delle donne e degli uomini comuni, che avrebbe dovuto essere posta a fondamento del tentativo di formare le ‘virtù civiche’ degli italiani”. Ma è da qui, ha concluso, che occorre ripartire: “dalle persone, dalle donne e dagli uomini semplici che hanno fatto la Resistenza, e poi la storia democratica del dopoguerra e di oggi, animati dalla stesso coraggio morale di allora… il dibattito costituzionale è un’opportunità: le donne e gli uomini semplici possono dimostrare di voler essere cittadini, non sudditi, ed esercitare la ‘mente costituente’ che è mancata ai vertici del potere, difendendo a grande maggioranza lo spirito e la lettera della Costituzione nata dalla Resistenza”.
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