Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi, Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
14 Novembre 2024 – 21:22

Presentazione di
“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
Massa, Palazzo Ducale – Sala della Resistenza
Il libro di Dino Grassi “Io …

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Comitato Unitario della Resistenza – Apertura dell’anno tematico 2023 “La caduta del fascismo, l’8 Settembre e l’inizio della lotta partigiana” – Varese Ligure, 24 Gennaio 2023 – Intervento di Giorgio Pagano

a cura di in data 22 Marzo 2023 – 10:00

Comitato Unitario della Resistenza
Apertura dell’anno tematico 2023
La caduta del fascismo, l’8 Settembre e l’inizio della lotta partigiana
Varese Ligure, 24 Gennaio 2023
Intervento di Giorgio Pagano
Copresidente del Comitato Unitario della Resistenza

Anche quest’anno ci ritroviamo a Varese Ligure il 24 gennaio, anniversario della costituzione del Comitato Unitario, per apertura dell’anno tematico. Un anno importante, perché avvia il ciclo delle manifestazioni per l’ottantesimo anniversario della Lotta di Liberazione.
Ricorderemo il crollo del fascismo nel 1943, che cominciò con le sconfitte dell’Italia fascista alleata della Germania nazista nella seconda guerra mondiale. L’Italia era entrata in guerra impreparatissima: solo 400 carri armati, 1.400 aerei in gran parte antiquati, scorte di munizioni insufficienti. Mussolini sperava in una vittoria rapida della Germania contro l’Inghilterra, dopo quella sulla Francia. L’Italia aggredì la Grecia, ma con un dilettantismo tale che condusse alla disfatta, simboleggiata dalla morte per congelamento, sui monti greci, di migliaia di poveri alpini calzati con scarpe dalle suole di cartone. Le cose si misero al peggio anche in Libia e in Africa orientale. Eravamo solamente dei comprimari modesti e sottomessi, il ventre molle dello schieramento.
Cresceva il malessere nel popolo italiano anche per la situazione sul fronte interno. Un conto era come vivevano la guerra i figli della povera gente, che andavano a farsi massacrare, un conto era come la vivevano i figli della borghesia, che si facevano esonerare. Il tesseramento dei generi alimentari era rigoroso, ma i privilegiati lo eludevano facendo ricorso al mercato nero.
Alla fine del 1942 la guerra ebbe una svolta: la VI armata tedesca di von Paulus fu assediata e poi si arrese a Stalingrado aprendo la strada alle grandi avanzate sovietiche nel cuore dell’Europa, mentre gli angloamericani sbarcarono in Africa settentrionale minacciando direttamente l’Italia. Alla fine del 1942 era chiara anche la portata del potenziale di guerra americano. L’armata italiana fu travolta in Russia, e abbandonata al suo destino dai “camerati tedeschi”. Anche chi non aveva convinzioni democratiche capiva che la sconfitta tedesca – e italiana – era la via più attendibile per arrivare alla pace.
Il malcontento si trasformò in opposizione organizzata. Nel dicembre 1942 si costituì un comitato antifascista, con i partiti che daranno poi vita al CLN. Nel marzo 1943 scesero in sciopero gli operai di Torino e di Milano: Mussolini fu costretto a cedere alle loro rivendicazioni economiche. Ma le lotte avevano già un sentore politico: contro la guerra, contro il fascismo.
In questo contesto si sviluppò la congiura del re e di parte dei fascisti e delle forze armate che portò al colpo di stato del 25 luglio e all’arresto di Mussolini, sostituito dal maresciallo Pietro Badoglio. Anche gli industriali e la Chiesa avevano preso le distanze dal duce. Il movimento popolare dal basso fu sopravanzato dall’iniziativa dall’alto di gran parte delle classi dirigenti. Le piazze d’Italia si riempirono di cittadini entusiasti. Ma alla fine della dittatura non seguì la fine della guerra, come il popolo sperava.
Alla Spezia la situazione nel corso del 1943 era diventata drammatica: i bombardamenti micidiali di aprile, lo sfollamento nelle campagne, i razionamenti alimentari e la fame. Si formò un comitato sindacale clandestino, a luglio si tennero assemblee volanti dei lavoratori. Dopo il 25 luglio la gioia fu indescrivibile. A Sarzana si manifestò il 26 luglio, a Spezia il 29. Due giovani operai, Rino Cerretti e Lina Fratoni, furono uccisi. Il 29 luglio gli operai della Termomeccanica scesero in sciopero contro l’arresto di cinque lavoratori antifascisti, che vennero poi liberati.
Iniziarono i “quarantacinque giorni” del governo Badoglio. Il 27 luglio il generale Mario Roatta, che era stato capo del SIM sotto il fascismo, emanò la famigerata circolare che porta il suo nome, che ordinava di sparare contro la folla, “mirando non in aria”. I due morti spezzini del 29 luglio furono tra le tante vittime di questa circolare. Il partito fascista venne sciolto, ma i partiti democratici non ebbero vita facile. Fu positivo, tuttavia, il fatto che le confederazioni sindacali fasciste vennero sì lasciate in vita, ma date da amministrare a esponenti sindacali antifascisti. Non solo: fu favorito un accordo fra i sindacati e la Confindustria per il riconoscimento delle Commissioni Interne, organi di rappresentanza operaia nei luoghi di lavoro soppressi dai fascisti appena arrivati al potere. Furono quindi poste alcune premesse significative per il futuro del Paese.
Sappiamo di uno sciopero organizzato all’OTO Melara nell’agosto per obiettivi economici: ci furono due arresti e quattro feriti. E sappiamo che, dall’agosto, funzionò la Commissione Interna al Cantiere Muggiano. Ad agosto tornarono a farsi sentire anche gli operai di Torino e Milano.
Il governo Badoglio portò all’armistizio dell’8 settembre. Si ordinava alle truppe di cessare ogni resistenza contro gli anglo-americani e di resistere invece “ad eventuali attacchi di altra provenienza”. Nel frattempo il re, Badoglio e un gruppo di generali e funzionari fuggì a Brindisi, in territorio già controllato dai nuovi alleati. Per alcuni giorni fu il caos. Mentre la maggior parte dei comandanti militari si arrendevano ai tedeschi, altri si opposero. La Marina, la più antifascista delle armi, non ebbe esitazioni. La flotta si diresse verso Malta, dopo aver perso per via una delle migliori unità, partita dal porto della Spezia agli ordini dell’ammiraglio Carlo Bergamini: la corazzata Roma affondata dai tedeschi. Morirono in 1.253. Non era ancora la Resistenza: ma certamente Bergamini fu mosso dal senso del dovere e dell’interesse della patria. Esitazioni non ebbero neppure i soldati del presidio di Cefalonia, 8.400 dei quali furono massacrati dai tedeschi, e i molti soldati stanziati nei Balcani che si unirono ai partigiani jugoslavi. Ma la grande massa degli sbandati, senza ordini e capi, raggiunse casa, salvo coloro che furono presi prigionieri dai tedeschi e condotti nei campi di concentramento. Ognuno si trovò solo con la propria coscienza a fare le proprie scelte. Bisognava combattere non solo contro i tedeschi, ma, in molti casi, anche contro sé stessi, il proprio passato. Nella sventura il popolo italiano ritrovò la sua civiltà e il suo spirito di solidarietà. Ogni soldato italiano ebbe un abito borghese, aiutato da altri connazionali: fu il più grande “travestimento di massa” della storia.
L’8 settembre morì la patria fascista, ma nacque, nel dolore e nella solidarietà, una nuova patria.
Le truppe tedesche e anglo-americane stavano affluendo già da tempo in Italia. Il Paese si spaccò in due. Nel Nord occupato dai tedeschi si costituì, liberato Mussolini il 12 settembre, la Repubblica Sociale: uno strumento al servizio dei tedeschi, nel quale rivisse lo squadrismo delle origini. A ottobre il governo Badoglio dichiarò guerra alla Germania. Il 9 settembre i partiti antifascisti avevano dato vita al CLN. Nell’autunno del 1943 iniziarono nelle città i sabotaggi e le azioni dei GAP (Gruppi di Azione Patriottica) e si formarono, ai monti, le prime bande dei “ribelli”.
Spezia il 9 settembre era già occupata dai tedeschi. Pochi militari resistettero. Alcuni reparti delle divisioni “Rovigo” e “Alpi Graie” ingaggiarono la lotta, ma i combattimenti durarono poche ore. Vi fu un caduto, un ufficiale medico del bolognese, alla periferia di Sarzana. Il suo nome è finora rimasto sconosciuto.
Si cominciò a raccogliere armi e informazioni, a operare clandestinamente in città, nelle fabbriche e ai monti. Le prime bande, tra Vara e Magra, videro protagonisti antifascisti del ventennio e giovani sbandati e renitenti alla leva della RSI: un intreccio tra antifascismo politico, dei partiti, e antifascismo spontaneo, esistenziale, dal basso.
Fino al 25 aprile 1945 ci fu l’oppressione nazista e fascista. E ci fu la convivenza complessa con questa oppressione: la Resistenza armata, la Resistenza sociale e civile, senza la quale la prima non ce l’avrebbe mai fatta, ma anche l’indifferenza e la passività, e pure il collaborazionismo con l’invasore. Ma la grande massa voleva la pace, la libertà e la giustizia: per questo fu contro il fascismo. Se la Resistenza, pur avendo breve durata, ha avuto così grande influenza nella storia, ciò è dipeso dalla sua scelta politica di fondo: aver contrapposto al nazifascismo la pace, la libertà, la giustizia.

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