A settant’anni dallo sciopero del 1° marzo 1944
Città della Spezia, Cronaca4, Gazzetta della Spezia – 1° Marzo 2014 – C’era chi, tra i più giovani, ignorava persino il significato di quella parola: sciopero. Eppure quel giorno, la mattina del 1° marzo 1944, gli operai spezzini incrociarono le braccia, riconquistando quella libertà e quella dignità che il fascismo aveva negato loro per un ventennio. Alla fine del ’43 i tedeschi premevano perché aumentasse la produzione di guerra e instauravano il controllo militare nelle fabbriche per impedire ogni agitazione. Le condizioni alimentari dei lavoratori erano estremamente dure: sopravvivevano solo perché erano anche contadini e coltivavano verdura nei loro piccoli orti. All’inizio del ’44 la direzione del Partito Comunista, dopo aver consultato i rappresentanti dei comitati segreti di agitazione di Piemonte, Lombardia e Liguria, decise di organizzare in queste regioni lo sciopero generale, le cui direttive furono non più semplicemente economiche ma anche politiche: contro la guerra, l’invasore tedesco e i fascisti, per fare cessare le deportazioni di uomini in Germania, impedire il trasferimento dei macchinari e bloccare la produzione. La decisione fu condivisa dal CLN (Comitato di Liberazione Nazionale), composto da tutti i partiti antifascisti. Fu scelta la data del 1° marzo: quando, quella mattina, in tutte le fabbriche del Nord il lavoro si arrestò, fu chiaro a tutti che si trattava di una battaglia gigantesca, di non minore importanza delle grandi battaglie militari della Resistenza. Fu il più grande sciopero che si sia mai avuto nell’Europa invasa.
Spezia fu tra gli epicentri della lotta. Già ai primi di gennaio erano scesi in sciopero i lavoratori delle grandi fabbriche, Oto Melara, Ansaldo Muggiano e Termomeccanica. Verso il 20 febbraio iniziò una massiccia operazione di diffusione della stampa clandestina, anche nelle piccole officine. Il 1° marzo tutti gli stabilimenti si fermarono: gli operai entrarono in fabbrica e restarono fermi ai loro banchi. Anche in Arsenale, pieno di soldati tedeschi. Le brigate nere si precipitarono in ogni luogo di lavoro, ma furono cacciate o ignorate. La sera del 1° il CLN provinciale si riunì in un clima di grande entusiasmo e decise di proseguire lo sciopero anche per il giorno dopo. I fascisti già nella notte dal 1° al 2 e poi il 2 arrestarono gli operai sospettati di essere gli organizzatori della lotta, per consegnarli ai tedeschi. Il 2 sera il CLN decise di cessare lo sciopero, che aveva raggiunto il suo obbiettivo politico e rischiava ora di provocare molte vittime. Ciò nonostante all’Oto lo sciopero continuò anche la mattina del 3. Molti lavoratori, comunisti, socialisti, indipendenti, furono arrestati. Solo in cinque tornarono vivi dai campi di concentramento. La mattina del 3 marzo dalla tipografia della Rocchetta uscì un comunicato. C’era scritto: “Lo sciopero generale è stato un’affermazione e una vittoria dei lavoratori italiani, degni di essere l’avanguardia nella lotta per la liberazione e l’indipendenza del proprio Paese”. Fu davvero così. Da quel momento migliaia di operai e di giovani andarono a rafforzare l’esercito partigiano e diventarono protagonisti di battaglie memorabili, fino alla vittoria d’aprile.
Giorgio Pagano
Copresidente del Comitato Provinciale Unitario della Resistenza
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