La manutenzione del territorio spinge edilizia e occupazione
Primocanale, 21 aprile 2015 – L’avviso di garanzia all’assessore Paita sollecita due riflessioni. La prima: il lavoro della magistratura va, come in ogni caso, rispettato. Fino alla sentenza nessuno è penalmente colpevole. Io mi auguro che Paita riesca a dimostrare la sua estraneità ai reati per cui ha ricevuto l’avviso. Ai tempi della politica alla “House of cards”, ridotta a cinica e sistematica demolizione dell’avversario, è bene recuperare un po’ di civiltà nel pur duro confronto politico. La seconda riflessione: detto questo, la vicenda non può che portare a ribadire che tutta la Giunta regionale, Paita compresa, è politicamente colpevole in materia di lotta al dissesto idrogeologico e di impegno per la sicurezza del territorio.
In tutti questi anni si è pensato alle grandi opere, ma non si è pensato alle tante piccole opere, agli interventi puntuali e costanti sui versanti dei bacini per recuperare il reticolo idrico ferito dall’espansione edilizia; non si è pensato al recupero delle pratiche agricole e all’attivazione di tutte le molteplici attività in grado di contrastare l’abbandono del territorio; non si è pensato a misure che impediscano di continuare a costruire sulla costa, vicino ai fiumi, nelle zone esondabili. La vera protezione civile dovrebbe essere questa: ma in Liguria non esiste.
L’ordine delle vere priorità della nostra regione è stato scompaginato e alterato. L’ultima prova, in ordine di tempo, è l’approvazione della nuova legge urbanistica regionale: poteva contenere misure innovative dal punto di vista della riduzione del consumo di suolo, ma sono state bocciate. La Giunta e il “partito unico della regione” che governa il Consiglio Regionale hanno cercato di cavarsela demandando tutto ai piani comunali e di settore: “non serve -hanno detto- una norma generale e astratta, ma una lettura puntuale del territorio specifico”. E’ una posizione che sfugge al problema vero: secondo l’Istat la superficie urbanizzata in Liguria è pari al 10%, la nostra regione è quinta in Italia per consumo di suolo ed è quella che nel quindicennio 1990-2005 ha cementificato la maggior superficie libera del suo territorio. E dopo il 2005 le cose non sono andate meglio, come ci spiegano anche i dati dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). Frenare il consumo di suolo è dunque una priorità: serve una legge quadro nazionale e, in attesa di essa, servono le leggi regionali. Altrimenti, aspettando i piani di dettaglio, arriveremo a babbo morto: esattamente ciò che sta accadendo in Liguria.
Un primo esempio: da Marinella di Sarzana a Ventimiglia sono stati cancellati in 23 anni quattromila chilometri di costa. Fissare un vincolo di inedificabilità assoluta per tutte le aree costiere ancora libere dall’edificato di almeno 500 metri dal mare è, giunti a questo punto, un provvedimento indispensabile. Purtroppo la Giunta e il “partito unico della regione” l’hanno considerato “generale” e “astratto” e l’hanno cassato. Ma in questo modo una parte rilevante dell’identità ligure, e una potenzialità unica di valorizzazione turistica ed economica, rischiano di andare definitivamente perdute. Difendere il suolo dalle aggressioni indiscriminate significa difendere la risorsa strategica della Liguria: l’ambiente, il paesaggio, la bellezza.
Un secondo esempio: in questi decenni le varianti ai Piani di Bacino provinciali hanno permesso di costruire comunque in prossimità di fiumi e torrenti, molti dei quali poi regolarmente esondati. Impedire nuove edificazioni nelle aree poste a meno di 100 metri da fiumi e torrenti di prima categoria è quindi, oggi, il minimo che si possa fare. Ma pure questo obbiettivo è stato considerato “generale” e “astratto”, e bocciato. Eppure avrebbe significato proteggere la nostra regione dalla minaccia del dissesto idrogeologico, che trova origine non solo nell’abbandono del territorio ma anche nell’uso dissennato che se ne fa.
Un ultimo esempio: la Regione Toscana, non solo con il recente Piano di indirizzo paesistico ma anche con la legge regionale 10 novembre 2014, n.65, ha deciso che gli interventi comportanti impegni di suolo non edificato siano consentiti solo all’interno del territorio urbanizzato individuato dal piano strutturale dei Comuni. Anche altre Regioni si sono affidate a normative locali con la finalità di contenimento del consumo di suolo e di contrasto al dissesto idrogeologico: ma non la Liguria. Giunta e maggioranza del Consiglio hanno infatti bocciato, considerandola “generale” e “astratta”, la proposta di riprendere la normativa toscana: quella stessa di cui, secondo il responsabile della struttura di missione contro il dissesto idrogeologico Erasmo D’Angelis, la nostra Regione dovrebbe fare “copia e incolla” (“La Repubblica”, 29 novembre 2014).
Infine: non sono, queste, proposte “contro il lavoro”. Anzi: la ripresa del settore edilizio può avvenire solo con un grande cantiere di manutenzione del territorio, con la rigenerazione urbana, con il recupero, il riuso e la riqualificazione energetica degli edifici esistenti, con la bonifica dei siti inquinati e delle aree industriali dismesse. Non certo con le ennesime speculazioni edilizie.
Giorgio Pagano
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