Storie operaie del marzo 1944 – Prima parte
Città della Spezia, 3 marzo 2024
Dopo lo sciopero del gennaio 1944 – ne ho scritto in questa rubrica nell’articolo “’Vogliamo più pane, vogliamo più grassi’. Gennaio 1944, gli operai in sciopero contro la fame”, 14 gennaio 2024 – la situazione alimentare ed economica degli operai spezzini continuava ad essere grave, nonostante le conquiste strappate.
Il CLN della Spezia, composto inizialmente – a ottobre – da comunisti, socialisti e liberali, a gennaio si rafforzò con l’ingresso dei rappresentanti del Partito d’Azione e della Democrazia Cristiana. In una riunione successiva allo sciopero di gennaio stabilì di “lanciare un manifesto alla cittadinanza e alla classe operaia per incitarla allo sciopero”.
Lo sciopero era parte integrante di un’iniziativa ben più ampia. Il teatro di guerra era cambiato, in senso sempre più favorevole agli alleati. Si parlava sempre più spesso di loro sbarchi sulle coste dell’Italia occupata, Liguria compresa. La liberazione di Roma sembrava vicina. Occorreva dunque sostenere lo sforzo degli alleati sviluppando tutto il potenziale espresso dalle lotte operaie.
Lo sciopero del primo marzo fu organizzato dal Comitato segreto di agitazione per Piemonte, Liguria e Lombardia (creatura del Partito comunista) e fu sostenuto dal CLN, quindi da tutti i partiti antifascisti. In una prima fase si era pensato a uno sciopero insurrezionale, ma la prospettiva di liberazione in tempi brevi di Roma e dell’Italia cadde. Gli obiettivi furono modificati. Nell’ultima versione erano obiettivi economici e alimentari, ma puntavano anche alla salvezza degli impianti e della manodopera dal saccheggio tedesco – il Muggiano, per esempio, era stato minato e forte, anche alla Spezia, era la spinta a deportare gli operai nelle fabbriche tedesche – e alla cessazione della produzione bellica per il Reich: “pane e libertà”, com’era scritto nel volantino del Comitato segreto di agitazione della Spezia del primo marzo, che vedete nell’immagine in alto.
Alla Spezia l’adesione fu compatta: OTO Melara, Muggiano, Termomeccanica, Jutificio, Pertusola, le piccole fabbriche, perfino l’officina congegnatori dell’Arsenale Militare, allora sotto il comando tedesco.
Ma ora lascio la parola a un protagonista di quella lotta: Ioriche Natali, operaio dell’OTO Melara. I testi sono tratti da due sue testimonianze, entrambe inedite.
Domenica prossima, nella seconda parte dell’articolo, lascerò la parola a Mario Pistelli, operaio del Cantiere Muggiano, e a un altro protagonista, anch’esso operaio del Muggiano, finora sconosciuto: il testo che ho potuto leggere non è firmato. Anche queste due testimonianze sono inedite.
Tutti e tre furono tra gli organizzatori dello sciopero. Natali e Pistelli furono per questo arrestati e deportati nel campo di sterminio nazista di Mauthausen. Solo loro due, oltre a Dora Fidolfi dello Jutificio, tornarono. Del protagonista finora sconosciuto non sappiamo se si salvò o se fu tra i deportati che non tornarono: il suo testo, scritto “in diretta”, si interrompe il 2 marzo mattina, quando al Muggiano ci fu chi si salvò e chi fu arrestato.
Prima di leggere i due testi di Ioriche è giusto ricordare i nomi dei caduti: Oreste Buzzolino (Bargiacchi), Michele Castagnaro (OTO Melara), Armando Cialdini (Muggiano), Umberto Colotto (Muggiano), Filippo Dondoglio (Muggiano), Elvira Fidolfi (Jutificio), Pietro Milone (OTO Melara), Giuseppe Sanvenero (OTO Melara), Giuseppe Tonelli (Muggiano).
Potete vedere i loro volti nell’immagine in basso.
IORICHE OPERAIO DELL’OTO MELARA
Ioriche Natali era operaio all’OTO. Ecco alcuni brani del suo racconto sullo sciopero, depositato nell’archivio dell’Istituto ligure per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea:
“Dopo l’8 settembre si costituì nell’ambito della fabbrica di armi OTO il Comitato di Agitazione con il compito di organizzare un fronte di resistenza operaia contro i nazifascisti. Detto Comitato era composto da un numero ristretto di operai ed impiegati, al quale facevano capo dei responsabili di reparto.
L’attività di questo Comitato, favorita da una radicata coscienza antifascista della maggioranza delle maestranze occupate nello stabilimento (circa 3.000 unità), portò a un rallentamento sostanziale della produzione bellica, sino al punto di far intervenire le autorità tedesche, intervento che provocò l’abbandono della direzione della fabbrica da parte dei massimi dirigenti, che passarono il fronte allora fissato sulla linea gotica. Il Comitato contribuì anche alla formazione dei distaccamenti partigiani e delle SAP inviando uomini e mezzi.
In accordo con i nuovi dirigenti della fabbrica, fu riconosciuto ai lavoratori impegnati nella lotta partigiana e agli arrestati un assegno mensile pari al 75% della loro retribuzione.
Nel corso della sua attività il Comitato organizzò due scioperi, uno nel gennaio 1944 e uno il primo marzo dello stesso anno, ai quali partecipò la quasi totalità dei lavoratori. […]
Lo sciopero di marzo aveva un carattere squisitamente politico e anche le maestranze ne conoscevano il fine, che era lotta ad oltranza per l’abbattimento del regime nazifascista.
Sin dalle prime ore del mattino, su parola d’ordine lanciata dal Comitato di Agitazione, i lavoratori smisero di lavorare pur rimanendo nei reparti e negli uffici.
Sempre nella mattinata i lavoratori furono invitati a riunirsi nel piazzale al fine di ascoltare una concione dell’allora federale fascista Bertozzi.
Ad un certo momento, quando il Bertozzi nella sua foga oratoria nominò a torto l’Unione Sovietica, su invito di una voce rimasta anonima tutti i lavoratori abbandonarono il piazzale lasciandolo solo con uno sparuto gruppo di seguaci.
Nel pomeriggio lo stabilimento fu invaso da una schiera di brigate nere con alla testa il famigerato Bergamini, che con rivoltella in pugno cercarono inutilmente di fare riprendere il lavoro”.
Ioriche non partecipò alle altre due giornate di sciopero, il 2 e 3 marzo, perché fu arrestato nella sua abitazione la notte del primo marzo.
Il suo testo si conclude così:
“Per quanto mi ricordo i componenti il Comitato erano i seguenti lavoratori: Giovannelli Otello operaio comunista; Natali Ioriche operaio comunista; Tozzetti Loris capo operaio comunista; Marchiani Pietro capo officina comunista; Neri operaio socialista.
Gli arrestati furono:
Castagnaro Michele, dirigente della scuola allievi operai della fabbrica, deceduto nel campo di concentramento, comunista; Milone Pietro, manovale indipendente deceduto; Sanvenero Giuseppe, operaio comunista deceduto; Natali Ioriche, operaio comunista unico superstite”.
Il 2 marzo l’OTO fu invasa da 80 mitraglieri del nucleo AntiSom del Varignano. Nonostante tutto, lo sciopero continuò. Gli operai rinunciarono a formare una delegazione per andare a trattare la liberazione dei compagni incarcerati: l’arresto dei componenti sarebbe stato certo. Si scioperò anche il giorno dopo, fino alle 14,30. Alla direzione, che si disse pronta a discutere sui motivi dello sciopero, i lavoratori risposero che, in ogni caso, dovevano diventare operanti gli accordi stipulati dopo lo sciopero di gennaio.
Il Comitato segreto di Agitazione provinciale stampò e diffuse un volantino già il 3 marzo, in cui era scritto: “Lo sciopero generale è stato un’affermazione e una vittoria dei lavoratori italiani”
Il colpo che i nazisti e fascisti avevano subito era davvero pesante. L’8 marzo 1944 il New York Times scrisse: “in fatto di dimostrazioni di massa non è mai avvenuto nulla di simile nell’Europa occupata che possa assomigliare alla rivolta degli operai italiani”. La repressione antioperaia era stata drammatica: ma quella classe che resisteva aveva ormai assunto, nella società e nella politica italiane, un ruolo decisivo e una funzione “nazionale”. Il lavoro umano tornò ad essere centrale: nella visione delle forze antifasciste durante la Resistenza e poi nella Costituzione frutto di quella lotta.
IORICHE DEPORTATO A MAUTHAUSEN
Ora Ioriche riprende la parola. Quelli che seguono sono brani del testo intitolato “I quindici mesi a Mauthausen-Gusen di dieci compagni di La Spezia”, che i familiari hanno messo a disposizione di una mia ricerca. Fu scritto negli anni immediatamente successivi al ritorno di Ioriche alla Spezia.
Il racconto descrive il lungo calvario: il carcere a Villa Andreini, poi a Marassi, a Fossoli, a Bergamo. Poi a Mauthausen:
“Alle quattro del mattino del giorno 8 aprile arrivammo a destinazione.
Nel buio della notte spiccarono dei bagliori di viva luce sulla collina e ai nostri occhi, nel loro stile gotico, apparvero le alte mura del famigerato campo. Spogliati di tutto, dopo avere assistito al primo caso di inumana barbarie: un uomo per futili motivi di incomprensione di lingua venne percosso a sangue e fatto dilaniare da un feroce cane lupo, fummo portati al bagno dove feroci aguzzini in veste di barbieri fecero scempio delle nostre carni, nel depilarci in ogni parte del corpo.
Con sola camicia e mutande, con zoccoli a piedi nudi, dovemmo vivere per ben tre giorni soffrendo per il freddo ancora intenso.
Trasporto di pietre, di carbone, scavare fosse, sempre con la minaccia del bastone sulle nostre teste, per la prima prova di quel calvario durato quindici mesi.
Ventun giorni passammo a Mauthausen, tra sevizie di tutte le specie: dal dormire in cinque persone su un pagliericcio largo settanta centimetri, a dover ingoiare la magra zuppa di rape, bevendola per mancanza di cucchiaio, a doverci pulire l’ano con le mani, asciugarci la faccia al mattino con la camicia, a subire ogni giorno la mortificante verifica dei pidocchi, ed essere percossi per un non nulla.
In questo periodo di Mauthausen avemmo le prime vittime, un uomo morì tra spasimi atroci, altri morirono per infezioni, altri ancora vennero ricoverati nell’infermeria, dove con mezzi inumani venivano eliminati”.
Il testo prosegue con il racconto, di grande intensità narrativa, dell’arrivo al sottocampo di Gusen, dove Ioriche sopravvisse per quattordici mesi, nel corso dei quali assistette impotente alla morte spaventosa di quasi tutti i suoi compagni.
A distanza di tanti anni – ottanta – non possiamo dimenticare i sacrifici di Ioriche, degli operai, delle persone semplici che hanno dedicato la loro vita alla libertà. Non possiamo regalare tutto alla “dannazione della memoria”.
Post scriptum
Il volantino del Comitato di Agitazione provinciale è custodito presso l’Archivio di Stato della Spezia.
Il testo con l’immagine dei lavoratori deportati e deceduti è tratto da una pubblicazione dell’Istituto spezzino per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea.
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