Presentazione di “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello – Giovedì 19 dicembre 2024 ore 17 a Porto Venere – Ristorante La Marina Calata Doria
15 Dicembre 2024 – 19:29

Presentazione di
“Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”
di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello
Giovedì 19 dicembre 2024 ore 17
Porto Venere – Ristorante La Marina Calata Doria
I due …

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Spezialand? Meglio il Parco della Collina

a cura di in data 4 Giugno 2017 – 10:11
La Spezia, tramonto da Campiglia    (2011)    (foto Giorgio Pagano)

La Spezia, tramonto da Campiglia
(2011) (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia, 28 maggio 2017 – Qualche giorno fa mi è capitato di discutere del futuro di Genova con l’amico Massimo Quaini, grande geografo e studioso del paesaggio. Un dialogo pieno di stimoli, come vedremo, anche per la discussione sul futuro di Spezia. Secondo Quaini le eccellenze culturali del centro storico, grazie alle quali Genova è diventata o è tornata a essere una “città turistica” come al tempo del Grand Tour, hanno un futuro solo se il nuovo Sindaco di Genova si riconoscerà finalmente nelle nuove funzioni di “Sindaco metropolitano” che la legge Del Rio gli riconosce. Solo se riuscirà a guadagnare una prospettiva veramente europea e a capire che il futuro sta nel modello di tante aree metropolitane d’Europa che hanno saputo ridisegnare il proprio territorio e le proprie competenze in funzione delle sfide di oggi. Non è quindi sufficiente dire, come ha fatto qualche giorno fa l’ex Presidente della Regione Liguria Claudio Burlando, che l’eccezionale patrimonio culturale di Genova si difende concentrando nel perimetro del Porto antico un’ulteriore iniziativa come l’Exploratorium di San Francisco. Prima, secondo Quaini, bisognerebbe imparare a esplorare risorse e possibilità, già esistenti ma nascoste, in un diverso contesto, quello metropolitano. E’ chiaro allora che lo sguardo va spostato verso nuove direttrici territoriali, quelle dei maggiori corsi d’acqua genovesi (Bisagno, Polcevera, Cerusa). Nei giorni scorsi ho percorso i sentieri dei forti genovesi: solo da lì si capisce la bellezza di tutta Genova, e l’importanza di riconoscere il ruolo delle valli e dei bacini idrografici, di unire i mondi separati di costa e entroterra, di mare e montagna, di promuovere lo scambio tra la cultura urbana, fondata sui valori della socialità, e la cultura del territorio, fondata sui valori dell’identità.

É in questa direzione che dovrebbe esercitarsi, anche a Spezia, la creatività dei movimenti politici e del Sindaco che verrà. Decisiva, dopo la “riscoperta” del centro storico, avvenuta a cavallo del millennio, è la “riscoperta” del mare, bloccata nell’ultimo decennio dalle divisioni paralizzanti tra Comune e Autorità Portuale sul waterfront. Bene ha fatto il candidato Sindaco Guido Melley a rilanciare l’idea dell’interramento di viale Italia, per superare la barriera creata tra centro storico, giardini e mare. Ma il mare da “riscoprire” non è solo quello di Passeggiata Morin e di Calata Paita: è ancora invalicabile il “muro” della Marina dalla foce del Lagora a Marola. E’ questa la vera ferita: è dal 1860 che Spezia non è più “città di mare” perché, a scapito del golfo, arriva l’Arsenale e il mare non “entra” più in città, è ai margini, sullo sfondo, alle nostre spalle. Ma, tornando agli stimoli del dialogo con Quaini sul rapporto tra costa e entroterra, emerge la necessità di una terza “riscoperta”: quella del nostro bellissimo patrimonio collinare.

Era uno dei progetti del primo Piano strategico (2001), ripreso dal vecchio Piano urbanistico comunale (Puc) e ora rilanciato dal nuovo Puc: un vero e proprio “Parco della Collina”, una connessione verde che unisca, passando per la collina spezzina, il Parco Montemarcello-Magra con quelli delle Cinque Terre e di Portovenere. Una rete di sentieri che unisca la costa della città alle colline e alla costa del comprensorio “metropolitano”, lungo la quale favorire l’insediamento di attività legate all’economia del turismo sostenibile, coniugate con nuove forme di produzione agricola e con il recupero del patrimonio storico architettonico, quello dei forti in primis. L’importanza del progetto è evidente: sta nella visione d’insieme e nell’integrazione tra territori diversi ma tutti caratterizzati dalla qualità dei sistemi ambientali e paesistici, che hanno un’unitarietà storica che in questo modo viene recuperata. Così come è evidente il beneficio che può portare al disegno di far diventare Spezia una vera città turistica.

In questi anni si sono fatti primi passi avanti nell’attuazione del progetto. Ma manca ancora la consapevolezza della sua importanza. Anche in questa campagna elettorale se ne parla troppo poco. Stupisce il gran parlare di “Spezialand” nelle aree dell’Enel -una proposta proveniente da un settore del centrodestra -e il silenzio o quasi sul “Parco della Collina”: eppure quest’ultimo progetto è molto più praticabile; è legato all’identità del territorio e non è una mera fotocopia di progetti già realizzati altrove; e ha una valenza sia turistica che culturale incomparabilmente maggiore.

La Spezia, le Pianazze    (2012)    (foto Giorgio Pagano)

La Spezia, le Pianazze
(2012) (foto Giorgio Pagano)

Qualche considerazione, infine, sulle aree dell’Enel. Sono d’accordo su un riuso a fini industriali. Ma con due precisazioni. La prima: le nuove tecnologie consentono la compresenza tra industria innovativa e spazi sociali e culturali, verde pubblico e, soprattutto, realizzazione di una darsena collegata al mare, come già facemmo a Pagliari. La dismissione della centrale deve cioè diventare occasione per il riscatto del levante, pesantemente penalizzato dalle scelte compiute dal vecchio industrialismo del secolo scorso. La seconda: le nuove attività industriali pulite devono avere un rapporto con la tradizione industriale della città. Quindi: o nautica o energia. E in questo secondo caso energia rinnovabile, che è sempre più competitiva ed economica. Dopo la presentazione da parte dell’azienda Malacalza della prima bobina per il progetto Iter, destinato a produrre energia dalla fusione nucleare, il candidato Sindaco Paolo Manfredini ha dichiarato “L’idea di un centro pilota alla Spezia per la fusione nucleare mi vede assolutamente favorevole… Ci sono le condizioni perché le aree pregiate di Enel che saranno dismesse dal 2021 possano essere attrattive per questo tipo di industria” (“Il Secolo XIX”, 21 maggio 2017). Secondo Robert Arnoux, responsabile della comunicazione di Iter, l’uso della fusione a scopi commerciali potrebbe essere una realtà tra il 2040 e il 2050. Sono date forse ottimistiche, e non è detto che saranno rispettate. Del resto fra gli scienziati gira spesso una battuta, secondo la quale “la fusione è quella cosa per la quale mancano solo 30 anni (e sempre mancheranno solo 30 anni)”. Speriamo non sia così, ma non credo che a Spezia convenga aspettare così tanto. Molto meglio puntare sulle energie rinnovabili, che sono già una realtà e costano molto meno.

Post scriptum:
Sui temi affrontati in questo articolo si vedano, su www.associazioneculturalemediterraneo.com:
il parco delle colline opera dei volontari”, “Il Secolo XIX”, 18 ottobre 2009
Riuso dell’area Enel e riscatto del levante”, “il Secolo XIX”, 26 febbraio 2017

lucidellacitta2011@gmail.com

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