Spezia cambia pelle grazie alla sfida del clima
Città della Spezia, 19 Febbraio 2017 – Il programma di iniziative del Comune della Spezia “La Smart City alla sfida del cambiamento climatico” ci porta a riflettere su che cosa si è fatto, si sta facendo e ci si propone di fare per dare gambe all’accordo sottoscritto a Parigi sul clima da 196 Paesi (15 dicembre 2015). A livello globale, nazionale e locale.
Procediamo con ordine. Lo scorso 4 novembre, intanto, quegli accordi sono entrati in vigore, ed è già una notizia perché per il protocollo di Kyoto ci vollero otto anni. Entro il 2018 dovrebbe esserci il regolamento attuativo dell’accordo. L’impresa è immane: le emissioni che alterano il clima devono calare dal 2020 e scendere a zero nella seconda metà del secolo, e al più presto deve cominciare la fase del riassorbimento del tanto carbonio immesso nell’ambiente. L’obbiettivo è quello di contenere l’aumento della temperatura al 2030 entro i due gradi, possibilmente un grado e mezzo sull’era preindustriale, e fare anche meglio. E’ un obbiettivo realistico?
Lo scienziato Gianni Silvestrini, nell’incontro organizzato dall’Associazione Culturale Mediterraneo (si legga su questo giornale l’articolo di Andrea Bonatti “La strada dell’economia decarbonizzata è presa”, 17 febbraio 2017), è ottimista. Certo, il ruolino di marcia è ancora troppo lento. Il 2016 ha battuto il 2015 come anno più caldo della storia. Eppure “la strada è presa”. Anche il Paese che finora ha inquinato di più, la Cina, è ora leader nel settore delle rinnovabili: da solo investe in rinnovabili più di Europa e Usa messe insieme. Gli Usa di Obama hanno preso impegni, così l’Europa. Il Brasile ha tagliato un miliardo di dollari di sussidi alle fossili, mentre il Marocco ha annunciato un obbiettivo del 52% di rinnovabili elettriche al 2030. La rivoluzione è in corso ed è inarrestabile, nonostante Trump e le lobbies del carbone a cui è legato. Per il nuovo Presidente americano sarà difficile attuare il suo programma: “Perché gli imprenditori americani non investono più sul carbone -spiega Giuseppe Onufrio, Direttore di Greenpeace Italia- perché il solare offre più posti di lavoro del carbone e del gas, perché i costi delle rinnovabili continuano a scendere, perché gran parte della politica energetica americana viene fatta dagli Stati, che vanno avanti, come la California del Governatore Jerry Brown, sulla linea di Parigi”.
E l’Italia? Il nostro Paese registra un aumento doppio delle temperature rispetto agli altri Paesi europei e si affaccia sul Mediterraneo, che verrà stravolto dal nuovo clima. Anche per questo dobbiamo darci molto più da fare. L’obbiettivo per l’Italia è la riduzione delle emissioni del 40% rispetto al 1990. Per raggiungerlo è necessario intervenire nella produzione di energia, nei trasporti, nell’agricoltura, nell’edilizia, nel risparmio e nell’efficienza energetica, nell’economia circolare. “Come Ministero dell’Ambiente -ha ammesso ieri in sala Dante il Ministro Gian Luca Galletti-dovremo fare un altro lavoro rispetto a quello che abbiamo fatto fino a oggi, altrimenti ci perde tutto il Paese”. Deve cambiare la Strategia energetica nazionale (Sen), contrassegnata finora da troppi freni al solare e dalla costruzione di troppi impianti a gas. Leggiamo sempre Onufrio: “In Italia prevale l’idea sbagliata espressa nella Strategia energetica di Monti e Passera di fare del nostro Paese un hub del gas: un’idea Eni-centrica, che non ha molto senso: vinceranno le rinnovabili e l’efficienza”. Silvestrini ha spiegato molto bene quanto si potrebbe ottenere con la “riqualificazione spinta” del patrimonio edilizio, e anche con la trasformazione del sistema dei trasporti verso una mobilità elettrica. Un settore, quest’ultimo, in cui l’Italia ha una posizione di retroguardia per responsabilità dell’ex Fiat. Ormai tutti i grandi produttori d’auto, anche i giapponesi, stanno puntando sull’auto elettrica, ma la fabbrica di Marchionne no.
Non tutto dipende, però, dai Governi nazionali, dai loro accordi globali e dalle loro politiche. C’è il ruolo di noi cittadini, che è decisivo: dobbiamo cambiare modelli comportamentali e stili di vita. E c’è il ruolo delle città: il 70% dei gas serra proviene dalle città. Le città sono le principali responsabili del cambiamento climatico, devono dunque diventare gli attori principali dell’iniziativa per contrastarlo. Anche Spezia deve la sua parte. Il Comune si è dotato di un Piano Energetico Ambientale Comunale nel 2009 e poi di un Piano di Azione per l’Energia Sostenibile, con l’obbiettivo di ridurre i consumi energetici del 2007 del 20% entro il 2020 (con esclusione del porto commerciale e della centrale Enel). Alla fine del 2016 gli interventi realizzati e conclusi -riqualificazione energetica di edifici e impianti termici, risparmio dei consumi degli impianti termici, introduzione di sistemi a LED nell’illuminazione, diffusione del fotovoltaico sull’edilizia pubblica, svecchiamento del trasporto pubblico e così via- hanno garantito una riduzione pari al 13% delle emissioni del settore pubblico. Gli interventi in corso, una volta terminati, determineranno una riduzione di quasi il 23%, sempre delle emissioni del settore pubblico. Quindi un processo si è messo in moto anche da noi. Un processo che deve andare radicalmente avanti in tutti i campi. Innanzitutto in quello dei trasporti e della mobilità, in cui siamo più indietro. Nel campo dell’edilizia molto resta da fare, e tanto spetta all’edilizia privata, che va sollecitata e incentivata. Le aziende Acam e Atc devono, per ciò che loro compete, “svoltare”. Così l’Autorità Portuale: l’assessore Laura Ruocco, in sala Dante, ha annunciato che a breve l’ente di via del Molo presenterà -finalmente!- il progetto di elettrificazione delle banchine. E poi c’è l’Enel, che deve dismettere la centrale il prima possibile ma anche, nel frattempo, inquinare il meno possibile.
L’auspicio è che la campagna elettorale per il Sindaco abbia questi temi al centro. Sono decisivi non solo per salvare l’ambiente e la salute, ma anche per creare lavoro: una strategia climatica vincente è anche economicamente vantaggiosa. Tuttavia non c’è dubbio che l’incisività dei cambiamenti previsti comporta la rimessa in discussione dell’attuale modello economico. E’ qui che si verificherà la capacità delle forze politiche di anticipare il futuro, di avviare azioni coraggiose, di compiere scelte efficaci, di suscitare processi partecipativi dal basso. Spezia ha bisogno di una nuova classe dirigente: la reinvenzione del modello di sviluppo e la conversione ecologica dell’economia sono il terreno principale su cui selezionarla.
Post scriptum
Sul contrasto al cambiamento climatico ho scritto molto in questi anni. Tutti gli articoli sono leggibili su www.associazioneculturalemediterraneo.com. Su questa rubrica si veda “L’anno più caldo”, 20 e 27 dicembre 2015.
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