Sarzana, ancora deserto rosso
Città della Spezia, 20 novembre 2022
La disfatta del centrosinistra alle elezioni politiche del 2022 renderà molto difficile la vittoria alle elezioni amministrative del 2023, che nella nostra provincia riguarderanno, in primo luogo, Sarzana.
E’ vero, come ho ricordato in questa rubrica, che alle elezioni politiche il centrodestra ha ottenuto a Sarzana il 39,18% contro il 46,91% della possibile alleanza centrosinistra-M5S, allora rimasta solo sulla carta (senza considerare il 2,14% di Unione Popolare).
Ma le elezioni amministrative sono un’altra faccenda. In cui, tra l’altro, è raro che un Sindaco che si ripresenti dopo il primo mandato non sia rieletto. A meno che non abbia commesso una serie di misfatti o che abbia un’immagine ormai distrutta, il che fu il caso dell’ultimo Sindaco sarzanese del Pd, ma non è il caso dell’attuale Sindaco di centrodestra, che non ha commesso misfatti e gode di buona immagine. E che ha governato con una dose di civiltà personale oggi non molto diffusa tra i politici.
Un suo errore è stato la subalternità alle scelte nefaste della Regione governata da Toti in materia di sanità. Ma è difficile dimenticare, in materia, le scelte sbagliate della Regione quando era governata da Burlando, e la subalternità dei sindaci Pd dell’epoca. Forse l’errore principale è stato non aver dato corso al nuovo Piano Regolatore, strumento chiave per la Sarzana del futuro. Ma il vecchio Piano Regolatore risale al 1998: il che significa che al futuro non ci hanno pensato nemmeno “quelli di prima”.
Sarzana si potrebbe certamente governare meglio di quanto non sia fatto oggi. Ma ciò sarebbe possibile solo se uno schieramento unitario, popolare e di sinistra si presentasse con una prospettiva chiara. Ad oggi mancano sia lo schieramento politico-sociale sia la capacità di indicare una prospettiva, un orizzonte di cambiamento all’insegna della “giustizia sociale e ambientale”. E’ questa mancanza di unità e di prospettiva che ha fatto perdere in questi anni il senso stesso del voto “a sinistra”. Ciò che molto probabilmente accadrà anche a Sarzana nel 2023.
Per svoltare dopo la disfatta alle politiche servirebbero, a Sarzana, tre condizioni di cui oggi non c’è traccia.
La prima è la presenza del M5S nello schieramento popolare e di sinistra. Non è solo una questione di voti, anche se non è ovviamente indifferente: il M5S, se si votasse oggi, supererebbe certamente il Pd. E’ anche e soprattutto una questione politica: il M5S interpreta la parte più fragile della società, tant’è che è il partito più votato da coloro che dichiarano di avere condizioni economiche basse, e quindi “in questa fase è la forza più a sinistra”, come ha scritto Carlo Galli, uno dei principali studiosi del pensiero politico. Non si vede, quindi, come uno schieramento cosiddetto “progressista” possa fare a meno dei Cinque Stelle.
La seconda condizione è l’apertura alla società civile e al mondo associativo, il coraggio di incontrarsi tra diversi e di rompere gli odierni steccati. Da questo punto di vista a Sarzana c’è stato un fatto davvero nuovo. Uno dei migliori giornalisti italiani, Antonello Caporale, è venuto appositamente a Sarzana, lui che inviato non è, per capirlo. L’articolo, pubblicato su “Il Fatto quotidiano” del 18 ottobre, era intitolato “’Generazione Sarzana’. I ‘pulcini’ fanno politica”. 150 giovani, dal basso, hanno firmato un appello, ha scritto Caporale, “per svuotare il centrosinistra della prosopopea”. “Cambiare la nostra vita e cambiare anche il nostro municipio”, ha detto il loro principale punto di riferimento, Marco Lorenzo Baruzzo.
La terza condizione è la missione politico-programmatica del nuovo, auspicabile, campo “progressista”: l’ambizione di cambiare il paradigma culturale e politico che ha governato in tutti questi anni e che si è rivelato palesemente inadeguato. Esaurito il “modello Variante” come può Sarzana riconquistare il suo ruolo storico di “città mercato” e di punto di riferimento della Val di Magra? Bisognerebbe unire la piana fluviale-agricola, con il suo parco d’acqua (chi parla più dei Bozi?), al centro storico e all’altro parco sarzanese, quello delle colline. Il nuovo sviluppo di Sarzana passa da questo disegno, che punta a farla diventare polo cerniera tra costa, fiume, città e entroterra. Solo così la cultura potrà vivere tutto l’anno e il commercio del centro storico potrà trovare una sua specializzazione. Ancora: esaurito il “modello del cemento e del carbone”, come può Sarzana “ri-naturalizzare” il territorio e contribuire allo sviluppo delle energie rinnovabili? Infine: esaurito il “modello neoliberista” che ha impoverito la società, come costruire un nuovo welfare, come includere i più deboli, come salvare l’Ospedale, come realizzare la medicina territoriale, come costruire case popolari recuperando edifici abbandonati?
Ma tutto ciò non appare all’orizzonte. Nella provincia che esprime i due esponenti che nel Pd nazionale rappresenterebbero al più alto livello l’anima “di sinistra” e quella “attenta ai giovani”, nulla si fa, a Sarzana, per ricercare l’unità con il M5S e per interloquire con un movimento di giovani. E’ stupefacente! I dirigenti di un partito che non dico sia odiato, ma che certamente non è sentito utile da coloro che investono in politica ideali e passioni mette da parte chi ideali e passioni vorrebbe ancora investirli proprio nel Pd!
Ci si affida al Sindaco di qualche decennio fa e a Italia Viva. Senza fare nessuna autocritica sul passato. Perché c’è stata, prima della disfatta delle politiche del 2022, quella delle comunali di Sarzana del 2018? Com’è stato possibile dilapidare un patrimonio culturale, politico e sociale così grande? Perché il Sindaco che portò alla disfatta è oggi vicino a Forza Italia e sostiene il Sindaco di centrodestra che lo mandò a casa? Le colpe della disfatta furono tutte sue? La verità è che allora ci fu una tappa di una rivolta che è poi proseguita: la rivolta elettorale dei luoghi trascurati, dei ceti abbandonati, delle idealità tradite. La rivolta contro un partito che da partito del popolo si è trasformato in partito dei padrinati locali. Una forza politica troppo fredda, ormai, per riuscire a dare una risposta a queste domande.
Egidio Banti, intervistato da Caporale, si è soffermato su un punto di analisi che condivido: “la possibile saldatura tra nuovissima guardia e vecchissima guardia. Giovani, soprattutto studenti, e anziani, soprattutto pensionati, soprattutto operai”. Nonni e nipoti contro la generazione di mezzo, contro i boomers, il ceto possidente della società, il nucleo affluente e influente, il ceppo monopolista nel municipio. Banti ha ragione. Conosco e apprezzo Baruzzo e tanti dei giovani firmatari. Conosco e apprezzo tanti operai sarzanesi, che ho intervistato per il mio libro sugli anni Sessanta: c’è in loro una forma di resistenza orgogliosa, non urlata e non esibita, che nasconde il dolore della ferita del tradimento delle parole e delle idee della loro vita ma che potrebbe dare ancora molto nei tempi nuovi, con la stessa onestà, abnegazione, disinteresse personale del passato.
Vedremo se questa saldatura prenderà corpo in un’altra aggregazione elettorale, che veda la sua forza principale nel M5S e che comprenda sinistra e civismo. O se in questa fase il “nuovo inizio” sarà in primo luogo fuori dal Comune, nell’opposizione sociale. Certamente non potranno essere i capicorrente sopravvissuti del Pd a interpretare il processo del “nuovo inizio”. Le loro biografie e le loro scelte di oggi li destinano a farsi da parte.
Post scriptum:
sui temi affrontati oggi rimando a due articoli di questa rubrica:
“Sarzana, deserto rosso”, 1° luglio 2018
“C’è una nuova destra, non c’è una nuova sinistra”, 2 ottobre 2022
Le foto di oggi sono state scattate ai Bozi e a Villa Ollandini nel 2017.
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