Risvegli
Città della Spezia, 6 gennaio 2019 – Alcuni lettori, dopo l’articolo di domenica scorsa, mi hanno scritto formulando varie opinioni, tutte comunque scorate sul futuro della sinistra e con domande sulla sua possibile rinascita. Confesso che ho poche risposte. In ogni caso non ho certezze. L’unica certezza è che bisogna guardare fuori dalle Leopolde, dalle primarie del Pd, dalle beghe dei partitini di sinistra. E’ la motivazione che mi portò, dodici anni fa, a lasciare la politica “partitica” per tentare nuove strade nel sociale, qui nella mia città e nel mondo. Certo, allora avevo più speranze: sia nella vitalità del sociale sia nella capacità della politica “partitica” di cambiare se stessa interpretando il sociale. E tuttavia il punto è sempre quello: c’è un’Italia che si muove, che non pensa alle candidature alle prossime elezioni, che -come me- non sa cosa votare la prossima volta, eppure resiste e si impegna. Rappresenta quanto di più idealistico e al tempo stesso di pragmatico ci sia: come i volontari di Sant’Egidio, di cui ho scritto due domeniche fa, o come i cooperanti che incontro in Africa e in Palestina, di cui ho scritto tante volte.
IL POPOLO CONTRO LA LEGGE SCHIAVISTA
Una nota di ottimismo ci è stata regalata nei giorni scorsi dall’Ungheria. Tanti ungheresi sono scesi in piazza contro quella che viene definita la “legge schiavitù”, una norma approvata dal Parlamento che aumenta di 150 (da 250 a 400) il monte ore annuale degli straordinari che, su richiesta dei datori di lavoro, i dipendenti faranno e che difficilmente rifiuteranno di fare, dato che i salari medi non arrivano a 1000 euro al mese. Ma queste 150 ore aggiuntive potranno essere retribuite in tre anni. Il concetto è: sfruttiamo gli affamati, per pagarli c’è sempre tempo. E’ drammatica, poi, la motivazione della norma: la scarsità di manodopera, dovuta in buona parte alla chiusura delle frontiere ai migranti. Il che dovrebbe insegnare qualcosa a noi italiani.
La lezione è chiara: neppure un leader illiberale e autoritario, con una larga maggioranza parlamentare, come Viktor Orban può pretendere di avere sempre l’ultima parola, perché la democrazia sta anche fuori dalle istituzioni e si manifesta, ha scritto Nadia Urbinati su “la Repubblica” del 20 dicembre 2018, “con il dissenso, un ossigeno della mente che non può essere facilmente ingabbiato”. E che prima o poi si libera.
L’OMBRA DI RENZI E L’ESTINZIONE DEL PD
E’ da qui che si può ripartire. Non dalle primarie del Pd. Questo partito è stato portato alla sconfitta finale da Matteo Renzi, che non porta la responsabilità delle sconfitte precedenti, che hanno preparato la sua, ma che comunque oggi, dopo tanti “ciaoni” dal popolo, è diventato impresentabile. Tuttavia Renzi è una presenza incombente nel partito, che punta ancora alla leadership. In attesa che ne maturi un’altra, su una piattaforma politica davvero distinta e alternativa al renzismo, il Pd rischia l’estinzione. Questa leadership, però, non c’è ancora. Soprattutto, ecco il punto di fondo, non si vede come possa nascere in questo Pd. E’ questa una delle ragioni per cui le primarie non suscitano interesse ed emozioni. Qualche sera fa ero a cena con amici che sono vissuti di “pane e politica” e ho chiesto loro: ma ce la fate a leggere sui giornali gli articoli sulle primarie? La risposta corale è stata: No! Per forza: il dibattito è stanco, privo di idee, senza distinzioni comprensibili.
Il popolo disperso della sinistra non lo si recupera con posizioni moderate sul piano economico-sociale, che portano all’alleanza con la corte fatiscente del Caimano, ma con proposte aggressive basate sulla lotta alle diseguaglianze sociali. Non si vede come ciò possa emergere nel Pd. Il Pd è nato male ed è finito da tempo, perché sono finite le culture politiche, sia pure mal amalgamate tra loro, che lo avevano prefigurato. Nuove sfide esigono nuovi strumenti politici. Il che vale anche per i partitini della sinistra.
PAMELA, ALEXANDRIA, ILHAN E ADA
Per non citare sempre la Rossanda o la Urbinati, grandi intellettuali della sinistra che fu, questa volta riprendo le parole di un’attrice. E’ la star, molto bella, di Bywatch, si chiama Pamela Anderson, ed è anche un’attivista da anni impegnata contro le ingiustizie dell’economia globale. Contro i partiti di destra, dice Pamela, ci manca “la capacità di ispirare”: “Loro usano la paura, noi dobbiamo usare la speranza ed emozioni positive e potenti. Ho speranza nella nuova Internazionale Progressista, appena formata dal movimento DiEM 25 e dal Sanders Institute, che include leader capaci di ispirare, da Bernie Sanders a Yanis Varoufakis, da Ada Colau al primo ministro dell’Islanda e altri. Allo stesso tempo, credo che tutti noi dobbiamo assumere il controllo delle nostre vite e organizzarci dal basso” (“la Repubblica”, 10 dicembre 2018).
In effetti, Sanders ispira. Che nel Partito Democratico americano ci siano giovani come Alexandria Ocasio-Cortez, 29 anni, la più giovane deputata Usa, eletta a New York e vicina a Sanders, che fino a pochi mesi fa lavorava al bancone in un ristorante messicano di Union Square, o come Ilhan Omar, 37 anni, scappata da bambina dalla Somalia in guerra, cresciuta in un campo profughi in Kenya, la prima ex rifugiata africana, musulmana e nera a diventare deputata, stupisce e fa sperare.
Così come fa sperare Ada Colau, Sindaca di Barcellona e “teorica praticante” del municipalismo:
“Dopo quasi quattro anni di governo della città, siamo ancora più convinti che il municipalismo sia più importante che mai. Non solo perché le città sono sempre più attori cruciali nel mondo globale, pensiamo al cambio climatico o alle diseguaglianze, ma soprattutto perché le città sono il luogo della prossimità, della vita quotidiana, dove l’Altro non è un’astrazione, ma è il mio vicino di casa, lo conosco… E’ nella vita di tutti i giorni che si pratica il cambiamento. E il luogo dell’esperienza, per eccellenza, è la città” (“Left”, 21 dicembre 2018).
Ho proposto l’esperienza di “Barcelona en Comù”, l’alleanza di liste civiche e di sinistra che ha portato Ada a vincere le elezioni comunali di quattro anni fa, sia a Spezia che a Sarzana. Ma queste liste, da noi, si sono divise e frammentate, in preda ai personalismi e ai settarismi. La sconfitta è stata inevitabile.
Eppure è da qui, dal basso, che si deve ripartire. Che siano stati alcuni Sindaci a reagire, nel nostro Paese, alla disumanità e all’efficacia del decreto sicurezza è un bel segnale. E nella nostra città è da queste liste che forse può venire, rimediando al tragico errore elettorale, un’azione di contrasto a una Giunta priva di visione del futuro. Non giocando di rimessa, vivendo alla giornata e parlando degli ombrelli natalizi, ma elaborando un progetto autonomo di città: parlando, per esempio, di cosa si vuol mettere nelle aree dell’Enel al posto della centrale a gas proposta dalla Giunta, o di come vogliamo che sia un waterfront che non nasca dagli interessi delle compagnie crocieristiche.
PERCHE’ “LUCIO” NON E’ UN CIARLATANO
A inizio anno dobbiamo avere, innanzitutto, qualche speranza nei risvegli. Concludo allora con le parole di Luis Sepulveda, “Lucio” per gli amici, il grande scrittore cileno che facemmo venire più volte a Spezia in passato. Alla domanda del “Secolo XIX” (19 novembre 2018) ha risposto:
“Con grande speranza: i giovani sanno scendere in strada a protestare e trasformarsi in movimento. In Germania crescono i Verdi… Essere di sinistra significa essere onesti. Come Mujica (ex Presidente dell’Uruguay, NdR)… L’unica forma per manifestarsi di sinistra è avere un’etica rigorosa, così la vedo anche per me stesso. Altrimenti sarei solo un ciarlatano”.
lucidellacitta2011@gmail.com
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