Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi, Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
14 Novembre 2024 – 21:22

Presentazione di
“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
Massa, Palazzo Ducale – Sala della Resistenza
Il libro di Dino Grassi “Io …

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Reddito di cittadinanza, come sfamare i nuovi poveri

a cura di in data 29 Giugno 2021 – 22:13

Livorno, la Venezia nuova
(2021) (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia, 13 giugno 2020 – Il 2020 ci ha portato un milione di poveri assoluti in più: ora siamo a 5,7 milioni in Italia, secondo i dati Istat. Oltre ai “soliti casi” -famiglie numerose, persone del Sud, immigrati, persone con basso titolo di studio- questa volta ci sono anche molte persone del Nord. E’ un segno del dramma del lavoro: stagionali, partite Iva, precari senza sussidio…
Quando avremo i numeri, sapremo anche quanti sono i poveri relativi, cioè le persone a rischio di povertà. Erano più di un quinto degli italiani nel 2019.
Sorge subito la domanda: “Ma le misure prese sono state efficaci?”.
Così risponde Roberto Rossini, ex Presidente delle ACLI:
“Se non fossero state varate alcune misure -dal blocco dei licenziamenti alla Cig in deroga, dall’estensione della durata dei sussidi di disoccupazione al bonus per gli autonomi, dal Reddito di cittadinanza (Rdc) al Reddito di emergenza (Rem)- non avremmo ‘solo’ un milione di poveri in più, ma quasi 3”.
Secondo una simulazione dei redditi realizzata da Giovanni Gallo e da Michele Raitano le retribuzioni lorde dei lavoratori si sono mediamente ridotte del 21,5%, ma grazie ai sussidi e ai trasferimenti la riduzione media si è fermata all’11,8%.
Dunque, conclude Rossini, “le misure varate sono state molto efficaci”. Il che non significa che non debbano essere migliorate: bisogna farlo, per ridurre il numero dei poveri. Certamente il Rdc, su cui tanto si discute, va migliorato. Ma soprattutto non dobbiamo abbandonare lo spirito “sociale” e “popolare” che è stato all’origine di quelle misure. In quanto a infrastrutture sociali inseguiamo ancora gli obiettivi europei di vent’anni fa. Supereremo il gap con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)? Non sembra che ci siano le risorse sufficienti: vale, per fare due esempi, per i nidi come per i servizi di prossimità, assistenza e cura alle persone non autosufficienti. Non si trovano i soldi perché si pensa che il sociale sia un costo e non un investimento, e che poi, alla fine, ci penseranno le famiglie. Da noi le infrastrutture sono solamente le “grandi opere”, dal Ponte di Messina in giù.
Da questo punto la politica di Joe Biden appare molto diversa: dopo il varo del piano infrastrutturale da 2 mila miliardi di dollari, il nuovo Presidente americano ha annunciato il Families Plan, un ulteriore investimento di 1.800 miliardi di dollari in istruzione, assistenza all’infanzia, congedi familiari e crediti d’imposta per le famiglie a basso e medio reddito. Non si ricordano interventi simili almeno dai tempi del New Deal di Roosevelt. Non solo strade, ponti, ferrovie e banda larga, ma anche scuole materne gratuite per 5 milioni di bambini tra i 3 e 4 anni, università e un piano per il lavoro che punta ad aumentare le retribuzioni per milioni di americani, in particolare quella fascia di ceto medio impoverito messo ai margini da anni di tagli alla spesa pubblica, deregulation e taglio delle tasse ai ricchi.
La politica di Biden ci insegna, inoltre, che la spesa sociale si finanzia con la progressività fiscale e aumentando le tasse ai ricchi, cioè a chi sta guidando la “grande trasformazione” della nostra epoca guadagnandoci migliaia di miliardi.

Livorno, la Venezia nuova
(2021) (foto Giorgio Pagano)

I GIOVANI NON STANNO SUL DIVANO
Il Rdc, come dicevo, va riformato. Ma è del tutto sbagliato associare il “divano” -su cui sarebbero seduti i giovani “schizzinosi” e “bamboccioni”- al Rdc.
Bisogna partire da una distinzione che andrebbe fatta a monte: dei 3 milioni di percettori di Rdc, meno della metà è abile al lavoro, e tra questi più del 70% ha un titolo di studio che non supera la terza media, vive in territori con bassa domanda di lavoro e spesso è disoccupato di lungo periodo. Una buona parte della popolazione che percepisce il Rdc è quindi, si potrebbe dire, “strutturalmente indisponibile” a svolgere ruoli lavorativi. Ma non per questo non ha diritto a un “reddito di dignità”!
Gli altri sono disoccupati che vanno aiutati ad arrivare a fine mese e ad investire in un percorso di vita. Che magari preveda anche il rifiuto a lavorare in condizioni di sfruttamento tali da trasformare il lavoro stesso in una sorta di regalia da accettare a ogni condizione. Un rifiuto in nome della propria dignità. E’ troppo facile prendersela con i giovani “sfaccendati” senza riflettere su cosa sta diventando il lavoro oggi, con i diritti acquisiti in decenni di battaglie che sono in buona parte perduti. Chiedete ai giovani quante ore lavorano alla settimana nei bar e nei ristoranti, se hanno le ferie, se lo straordinario è retribuito, se prendono la tredicesima, ecc. In molti casi (non in tutti, per fortuna) sentirete storie che purtroppo questi giovani non racconteranno mai pubblicamente, per la paura di perdere il lavoro.
Servirebbe che certi imprenditori fossero meno “accattoni”. Servirebbe che i giovani lavoratori conoscessero meglio i propri diritti. Servirebbe il rafforzamento del welfare locale nella presa in carico dei soggetti in povertà. Servirebbe potenziare la formazione dei giovani per acquisire le competenze utili a trovare lavoro. Servirebbe migliorare le politiche attive del lavoro. In questi giorni 103 spezzini percettori di Rdc hanno iniziato o stanno per iniziare attività socialmente utili nei Comuni: è una delle strade da intraprendere. Detto questo, c’è certamente qualche percettore di Rdc che imbroglia e, più che stare sdraiato sul divano, lavora in nero. E’ necessario, quindi, evitare che ci siano abusi. Ma la grande maggioranza dei percettori di Rdc che può lavorare vorrebbe “solamente” un lavoro vero e dignitoso.

Post scriptum:
Rimando, sul tema del reddito minimo, agli articoli su questa rubrica:
Reddito minimo per tutte e per tutti”, 28 ottobre 2012
Reddito di dignità, ecco il nuovo welfare”, 14 gennaio 2018
Sul tema ho scritto anche: “Un reddito minimo garantito, la sfida ligure alla povertà”, in Primocanale.it, 26 maggio 2015, leggibile in www.associazioneculturalemediterraneo.com
Sul tema della politica economica e sociale di Joe Biden rimando a:
Tassare i ricchi più dei poveri: le scelte di Biden e i problemi della politica italiana”, in MicroMega.net, 1° giugno 2021

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