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Quarant’anni di Teatro Civico

a cura di in data 13 Giugno 2012 – 14:37

La Spezia, Tramonti (2011) (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia – 10 Giugno 2012 – Nel febbraio del 1972, quarant’anni fa, cominciò la grande stagione del Teatro Civico. Prima di allora il Civico era un cinema gestito da privati. Il Consiglio Comunale, il 9 dicembre 1971, approvò il “Regolamento per la gestione diretta del Teatro Civico”, che diventò cinema e teatro pubblico. Prima gli spezzini, per andare a teatro, dovevano emigrare. Noi studenti liceali andavamo, con la scuola, allo Stabile di Genova. Ricordo, ero ancora al liceo, gli spettacoli nel nuovo teatro cittadino dal febbraio al maggio del ‘72: i recital di canzoni e testi poetici di Edmonda Aldini e Duilio Del Prete e della grande Milly, il concerto del jazzista Giorgio Gaslini, e poi “Storie vecchie e nuove del signor G.” di Giorgio Gaber, “Sei personaggi in cerca d’autore” di Pirandello con Tino Buazzelli, “Madre Courage” di Brecht con Lina Volonghi e il nostro Eros Pagni… Il clima era effervescente, entusiasta.

Sindaco era Varese Antoni, assessore alla cultura e alla pubblica istruzione Luigia Rosaia, che sottolinea la cosa che fu davvero più importante di quel periodo: “lo spirito nuovo in città, di adesione fortissima, di partecipazione degli strati popolari a tutte le forme di spettacolo, dal teatro alla musica classica”. Il Civico diventò subito un punto di riferimento per le scuole, i Comitati di quartiere, i Consigli di fabbrica. La discussione pubblica sui programmi e i principi di politica culturale era molto vivace. A decidere, alla fine, era una Commissione amministratrice nominata dal Consiglio Comunale: presieduta dalla Rosaia per conto del Sindaco, era composta da Mauro Lotti, Ettore Dazzara, Alberto Tanfi, Domenico Bevilacqua, Ivano Manici, Ettore Alinghieri, Oriana Giusti. Il Comune si era preparato molto seriamente alla nuova avventura: fece partecipare una funzionaria, Margherita Garibbo, a un corso sulla gestione dei teatri pubblici, e scelse come Direttore un giovane attore trentenne del Teatro Stabile di Genova, Antonello Pischedda, che poi tenne quell’incarico fino al 2007, cioè fino alla fine del mio mandato da Sindaco.
“Un mio orgoglio -mi racconta Antonello- è la struttura del Civico, la squadra che ho creato: persone con cui il Civico va avanti ancora adesso”. Cita, come esempio, il “fedelissimo” Luigi Lupetti. Purtroppo qualcuno non c’è più: il pensiero va innanzitutto all’efficientissima segretaria Tamara Borrini. Ma altre sono le persone che ci hanno lasciato: come Nino Benetti, maschera elegante e perfetta, che al Civico ci abitava e che al Civico morì d’infarto, mentre era chiuso per lavori. Il Civico, continua Pischedda, diventò “un teatro importante a livello nazionale, per la ricchezza delle sue proposte e per il successo di pubblico: il 75% dei 950 posti era sempre occupato”. Fino al giugno 1987 continuò l’attività di cinema (“finanziavamo il teatro anche con il cinema”), poi le due attività diventarono incompatibili, date le esigenze di programmazione delle case di distribuzione cinematografica, che non gradivano le giornate di interruzione provocate dagli altri spettacoli. Il cinema fu uno dei linguaggi protagonisti di una delle iniziative più interessanti e riuscite del Civico: “Il mare dello spettacolo, lo spettacolo del mare” (novembre-dicembre 1978), pensato da Antonello con un altro grande intellettuale spezzino, prematuramente scomparso, Enzo Ungari. Un “altro spazio”, come fu definito, “per aprire un ventaglio i cui lembi estremi ci sembrano quanto di più valido è stato proposto nel vecchio e nel nuovo, nell’industria culturale e nei laboratori che le pullulano contro o intorno”. Cinema, teatro, musica, performances e arti visive sparsi in tutti i luoghi culturali della città: ricordo “Sacco” con Claudio Remondi e Riccardo Caporossi al Centro Allende, e un doppio Roberto Benigni all’Unione Fraterna, con “Mario Cioni di Gaspare fu Giulia” e il giorno dopo con il monologo in anteprima assoluta “Mare mare…” (che andrebbe in qualche modo “recuperato” nell’ambito della Festa della Marineria). “Aveva un cachet di 250.000 lire”, ricorda Antonello, che poi va con la memoria a tanti anni dopo, a uno spettacolo dell’estate del 1995 al Picco -lui la chiamava “Arena dei Pioppi”, io lo prendevo in giro ma poi cedevo alla sua dizione- con 13.000 spettatori.
Subito il Teatro iniziò la collaborazione con la Società dei Concerti per la musica classica, e con l’Associazione Amici del Jazz: il Festival si trasferì da Villa Marigola al Civico, che ospitò concerti memorabili. Due volte Keith Jarrett (1973 e 1974) e Charles Mingus (1975 e 1977), Chet Baker nel 1975, tre volte Michel Petrucciani (1986, 1988 e 1998), e poi quasi tutti i grandi del genere. Il merito si deve alla collaborazione tra Antonello e il “mitico” Tiberio Nicola, la vera anima del Festival. Un “innamorato” del jazz, che aveva Antonello e me (ancor prima che diventassi amministratore, quando ero il responsabile per la cultura del Pci) tra le “vittime preferite”, per sollecitarci un Festival sempre migliore. Per fortuna non ce ne liberammo più, fino a quando, purtroppo, anche lui ci ha lasciato. Il Civico, inoltre, avviò subito la stagione del “decentramento” delle iniziative, da piazza Brin alla Chiappa e a Rebocco, da Melara al Favaro. Artisti famosi si cambiavano, senza camerini, “dietro gli alberi”, ricorda Pischedda. Fu un’esperienza positiva, oggi probabilmente irripetibile: il che non ci impedisce di dire che ci manca davvero.”Allora -commentiamo- si poteva competere con la televisione!”. Straordinario fu anche il rapporto con le scuole, di cui fu simbolo lo spettacolo “Da storie di tutte le storie” di Gianni Rodari (1975), prodotto alla Spezia con la collaborazione di tante classi delle nostre scuole. Un esempio della creatività locale, che Antonello vuole sottolineare, insieme a quelli di Loredana Rovagna per la danza e di Gloria Clemente per la musica. Senza dimenticare, aggiungo io, l’attrice Mara Baronti, moglie di Antonello.
Tra gli spettacoli di cui Antonello va più orgoglioso c’è, al primo posto, “Il cerchio invisibile” di Victoria Chaplin, figlia di Charlot: illusionismo, mimi, giochi per chi è capace ancora di stupirsi. Una scelta coerente con il suo amore per il teatro di strada, protagonista di tante edizioni dell’Estate Spezzina e del Capodanno in piazza, che organizzammo dal 2000 in poi. Subito dopo il concerto del grande musicista cubano Compay Segundo per l’inaugurazione di piazza del Bastione: eravamo seduti nello stesso bar dove si è svolta la nostra chiacchierata, Compay volle un rum e un sigaro toscano, “il migliore del mondo, anche di quello di Cuba”. Gli ricordo, nella stessa piazza, una grande versione della Carmen di Bizet, e lui mi rivela ciò che non avevo mai saputo: durante l’allestimento, al giorno, ci fu una grande perdita d’olio che macchiò la pavimentazione della piazza. “Se rimane così mi dimetto”, decise: per fortuna, grazie ai mezzi di Contship, rimediò e io non seppi mai nulla. Ma non si finirebbe mai di ricordare le serate memorabili: il concerto di Bob Dylan al Picco durante il G8 del 2001, che avevamo voluto fortissimamente, la sera stessa del giorno in cui morì Carlo Giuliani. Fu lui ad annunciarlo al microfono, dopo la decisione non facile, che prendemmo insieme, di tenere ugualmente il concerto. O i tanti concerti di Giorgio Gaber che debuttarono proprio al Civico. E poi Dario Fo, Carmelo Bene, Fabrizio De Andrè… E l’artista più bella? Non ha dubbi: Carla Gravina. Lo chiedo anche a Lupetti, e mi risponde allo stesso modo. Aveva un fascino speciale, non c’è dubbio.
“E Pischedda attore?”, gli chiedo.”Trascurabile”, è la risposta, anche se io me lo ricordo come se fosse ora al Civico in “Madre Courage”: non era poi male… Certo, Antonello ha dato il meglio di sé come Direttore: ha fatto errori, come tutti, ma ha dimostrato notevoli capacità, unite a un amore grande e sincero per il Civico e la città. “Ora servirebbe un nuovo Direttore, più giovane”, mi dice. Ha ragione: bisogna innovare, ma non perdere in qualità. E poi rilanciare un’idea a cui entrambi abbiamo lavorato in passato: un’associazione, o comunque una forma di gestione unitaria, tra tutti i teatri pubblici della provincia. Ciò che allora era una virtù oggi è una necessità, dati i tagli di bilancio. La crisi ci impone di essere virtuosi, cioè di razionalizzare, fare economie di scala, superare il localismo claustrofobico. Anche per la cultura e lo spettacolo va aperta una nuova fase.

lucidellacitta@gmail.com

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