Partecipazione, economia verde, welfare. Ecco le svolte da fare
Città della Spezia, 3 giugno 2017 – Tra i candidati a Sindaco c’è, al di là delle polemiche, una sintonia di fondo su alcuni punti. Tutti convergono sugli obbiettivi che la città -non la sola Amministrazione comunale ma la comunità in tutte le sue espressioni- si diede nei due Piani strategici discussi e condivisi a cavallo del millennio: la conferma della vocazione industriale, non “difensiva” ma su basi innovative (un esempio per tutti: i cantieri della nautica da diporto al posto dei cantieri di demolizione navale); la scelta della vocazione portuale, da far convivere con la sostenibilità ambientale e con l’altra grande vocazione marittima, il turismo (il Piano Regolatore del Porto); la centralità della cultura e del sapere (i musei e l’Università). Naturalmente i candidati hanno opinioni diverse su come consolidare e sviluppare questi obbiettivi: non tutti (almeno nella destra) concordano sul riuso industriale delle aree dell’Enel, sul waterfront ci sono visioni più o meno “continuiste” rispetto al PRP, e così via. Ma sugli assi del modello di sviluppo dell’ultimo ventennio c’è una concordanza, che è di per sé un fatto positivo: le città che ce la fanno sono quelle che hanno un buon grado di coesione interna e che non sono troppo frammentate e litigiose.
Tuttavia ciò non basta: oggi la città ha di fronte temi chiave sui quali cimentarsi con una progettualità radicalmente nuova, tale da segnare una svolta analoga a quella fatta a cavallo del millennio. Il primo tema chiave è quello della partecipazione. Resta la necessità del “patto sociale”: ma oggi deve essere, ancora più di allora, un patto aperto, che sappia guardare ben oltre le forze organizzate del lavoro e delle imprese, e che sia pensato con l’insieme dei lavori della città, anche quelli poco rappresentati, e con le nuove sensibilità urbane, quella ambientale in primis. Vanno poi adottati strumenti partecipativi diversificati: dispositivi collegati al diritto di informazione, tra cui le norme sulla trasparenza, il diritto di accesso e i nuovi strumenti di rendicontazione; dispositivi di inclusione nel processo decisionale politico-amministrativo (petizioni, referendum, consulte, organismi di quartiere…); dispositivi come i laboratori di progettazione urbanistica, i bilanci partecipati, i consigli di ragazze e ragazzi, che si avvalgono tutti di tecniche specializzate, come gli Open space technology, i Town meeting, le giurie di cittadini, i sondaggi deliberativi, ecc. E ogni quartiere o gruppo di quartieri dovrebbe avere il suo Urban center, spazio di aggregazione e di cultura, di informazione e di partecipazione.
Il secondo tema chiave su cui svoltare è l’economia verde, che deve essere la base, come il nuovo welfare, di un grande Piano del lavoro per i giovani. L’economia verde va concepita come qualcosa di più di una branca specialistica dell’economia. E’ un approccio globale nuovo ai temi dello sviluppo che mette al centro modalità di produzione e consumo di beni e servizi proiettate verso il futuro e durevoli, cioè in grado di durare nel tempo riducendo al minimo il consumo delle risorse finite. Quindi l’economia verde comprende una gamma ampia e diversificata di attività economiche, che non si limitano al pur importante settore energetico. Vuol dire città compatta e rigenerata al suo interno, che non si espande più e non consuma più suolo; città che punta sul trasporto pubblico, sulle piste ciclabili e sul car sharing, anziché sulle auto private; città che contrasta il dissesto idrogeologico anche con il ritorno all’agricoltura… Città in cui qualcosa decresce e qualcosa di alternativo, invece, cresce.
Il terzo tema chiave è il welfare, che non può non rinnovarsi profondamente di fronte alle nuove povertà e diseguaglianze e ai nuovi bisogni sociali. La questione fondamentale (per Stato, Regione e Comune) è certamente quella di dare più risorse al welfare, e di concepirlo come condizione per lo sviluppo (creazione di occupazione). Ma le risorse vanno anche meglio indirizzate. Serve una maggiore integrazione tra i servizi: dar vita a un coordinamento con il servizio Pubblica Istruzione, per dotarsi, d’intesa con le scuole, di un “Piano adolescenti”; evitare una gestione separata della questione immigrazione; realizzare uno sportello unico per assistenza, casa e lavoro… E serve puntare su alcune priorità: più percorsi di inclusione attiva per famiglie e persone in difficoltà; più interventi di domiciliarità per anziani, minori in difficoltà, disabili; una rete di vicinato e di comunità, a partire dalle “sentinelle di condominio” nelle case popolari (in rapporto con Arte); sviluppo delle politiche di invecchiamento attivo, collegando di più i Centri Anziani alla rete delle associazioni cittadine… A proposito di welfare, non mi soffermo sulla sanità, su cui ho già scritto in questa rubrica. Ma sottolineo ancora una volta che stiamo costruendo il nuovo ospedale senza sapere quali specialità, sale operatorie, tecnologie conterrà. Dopo averlo detto, e invitato la città a mobilitarsi, qualcuno della “classe dirigente” mi ha “gentilmente” invitato a non preoccuparmi. Peccato che da allora non se ne sia più parlato: il tema è, non a caso, del tutto assente dalla campagna elettorale.
Ma torniamo alle svolte da fare. Per realizzarle serve un nuovo Sindaco, che sia capace di dotarsi di una buona squadra e che creda nella partecipazione, nella conversione ecologica dell’economia e nella giustizia sociale. Ma il nuovo Sindaco dovrà trovare una rispondenza nelle persone, nella società. Molto dipende da noi stessi, dal cambiamento personale. Uno dei massimi studiosi delle città, l’americano David Harvey, ha scritto: “La domanda riguardo a che tipo di città vogliamo non può essere separata dalla domanda circa che genere di persone vogliamo essere, quali tipi di relazioni sociali ricerchiamo, quali relazioni con la natura apprezziamo, quale stile di vita desideriamo..”. C’è bisogno di persone che si impegnino e di un Sindaco che sappia interpretarle e rappresentarle: per fare un esempio, il Sindaco di New York Bill De Blasio in questi anni ha dimostrato che si possono costruire case popolari nel centro della città, a Manhattan. Ma lo ha potuto fare perché c’è stato un movimento come Occupy Wall Street. I cambiamenti radicali che sono necessari non si possono fare senza un impegno dei cittadini in prima persona.
QUALCHE PREVISIONE
Qualche lettore mi ha chiesto una previsione sull’esito del voto, da “analista” della politica. Credo che nessuno vincerà al primo turno e che al ballottaggio arriverà certamente la destra. Non brilla né per programmi né per idee, e nemmeno per il candidato: ma ha un forte spirito pragmatico, ha cioè saputo unire forze molto diverse, che alle elezioni politiche saranno assai probabilmente divise. Più difficile è prevedere chi affiancherà la destra al ballottaggio. Quel che si nota è una grande difficoltà del Pd e del suo candidato. L’orientamento degli elettori dipende, sempre e ovunque, da dati obbiettivi ma anche e soprattutto da percezioni e da interpretazioni. Oggi, a Spezia, prevale una percezione, un’interpretazione: quella secondo cui, questa volta, “è meglio cambiare”. Ecco perché è probabile che il Pd, se dovesse arrivare al ballottaggio con la destra, perda, così come è avvenuto, per esempio, a Savona. Mentre se al ballottaggio dovessero arrivare o la lista civica di Melley o il M5S (gli altri concorrenti meglio piazzati) è probabile che a perdere sia la destra. Se le cose stessero così, come credo, allora il vero “voto utile” per sconfiggere la destra non sarebbe quello al Pd. Mentre la destra dovrebbe augurarsi proprio il ballottaggio con il Pd.
UN LABORATORIO NAZIONALE?
Un lettore, che ha letto come voterò a Spezia, mi ha chiesto come voterò alle prossime elezioni politiche. E’ una domanda, lo confesso, per me angosciante. Milioni di elettori di sinistra, che vogliono un’inversione di rotta sulla partecipazione, sull’ecologia e sulla giustizia sociale, si fanno questa domanda, e si rispondono con un silenzio che prelude a un’astensione di massa, temperata da uno spostamento elettorale (sempre meno convinto) verso il M5S. E’ quello, del resto, che è già accaduto in questi anni, e che può ripetersi, in modo amplificato, alle prossime elezioni. L’unica novità capace di riportare questi elettori alle urne e di farli votare a sinistra sarebbe, come ha scritto il Presidente di “Libertà e giustizia” Tomaso Montanari, “una grande lista civica nazionale: di sinistra, ma senza contenere gli apparati della sinistra” (”Huffington Post”, 21 maggio 2017). Una sorta di edizione nazionale di ciò che si sta, felicemente, tentando in molte città nelle amministrative, anche a Spezia. Forse, quindi, siamo un “laboratorio nazionale”. Con l’intesa di vertice tra le vecchie sigle la sinistra non avrebbe alcun futuro. Meglio, a quel punto, astenersi o votare M5S. Una grande lista civica nazionale, partorita nella società civile e decisa a cambiamenti radicali, nel segno dell’attuazione della Costituzione: a mio parere è l’unica strada.
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