L’Enel se ne va, ma il nuovo ospedale arriva?
Città della Spezia, 15 novembre 2015 – Come sta Spezia? Un lungo soggiorno di lavoro in Africa mi ha necessariamente portato lontano anche con la “testa”: non solo per il grande impegno che il lavoro ha comportato, ma anche e soprattutto perché l’Africa è una terra che ti entra dentro, coinvolgendoti totalmente (ho raccontato questa esperienza non solo nelle venti puntate del “Diario do centro do mundo” su questo giornale, ma anche nelle interviste “Giorgio Pagano in stile africano” e “Pagano a Sao Tomè per la cooperazione, con un occhio a Spezia”, leggibili su www.associazioneculturalemediterraneo.com).
Tuttavia, luce elettrica e connessione a internet permettendo, qualcosa ho seguito, e ora sto leggendo un po’ di rassegna stampa. Due sono le notizie che mi hanno colpito di più: la dismissione dell’Enel e le difficoltà a realizzare il nuovo ospedale.
L’elaborazione ecologista aveva già da tempo chiarito la scelta della dismissione era ineluttabile, oltre che giusta. Da un lato abbiamo troppa energia: la potenza installata in Italia è più del doppio di quanto il Paese richieda. Dall’all’altro lato, il carbone produce danni all’ambiente: questo torrido 2015 ci dimostra quanto stia crescendo l’effetto serra creato dal consumo degli idrocarburi. Uno studio condotto dalla Bloomberg -una multinazionale dei mass media, non un’associazione ecologista – sulle fonti energetiche per i prossimi 25 anni, conferma il primato delle rinnovabili in un futuro non troppo lontano. Entro il 2026, il costo del fotovoltaico si dimezzerà. Entro il 2040, quasi 4.000 miliardi di dollari saranno investiti nel fotovoltaico, principalmente sui tetti delle case. L’energia solare rimpiazzerà le fonti di energia tradizionali. Prima della metà del secolo, il 13% dell’elettricità mondiale proverrà dai generatori fotovoltaici installati negli edifici. Grazie alla maggiore efficienza, il consumo di elettricità globale aumenterà solo dell’1,8% annuo contro il 3% dal 1990 al 2012, e nei Paesi dell’Ocse addirittura diminuirà. Gli idrocarburi non scompariranno, dice lo studio, solo nei Paesi in via di sviluppo.
La prima riflessione da fare è questa: nonostante tutto ciò, la scelta della dismissione non è arrivata dal Ministero dell’Ambiente, dalla Regione o dal Comune. L’abbiamo saputo dall’Enel! Sul “Secolo XIX” è stata fatta nei giorni scorsi un’inchiesta sul tema “chi detiene il potere a Spezia”, e gli intervistati si sono divisi nel citare gli uomini politici. Ma la vicenda Enel è emblematica: il potere è nelle mani dell’economia! I politici vanno in tv, fanno interviste e twittano, litigano tra loro o spesso fanno finta di litigare: ma a comandare è l’economia. La politica è relegata ai margini delle grandi scelte, e inevitabilmente al suo interno le distinzioni tra destra e sinistra sfumano, perché i politici sono sempre più subalterni al potere del denaro. Qualcuno è corrotto, tanti altri hanno una subalternità di carattere psicologico e culturale. I cittadini si fanno sviare da una politica molto teatralizzata, e pensano che sia essa a detenere il potere, ma non è così. Il Presidente dell’Autorità Portuale è considerato, nell’inchiesta, il più potente: ma in realtà nel porto comanda molto di più la Contship che lui.
Per dimostrare di esistere davvero, la politica dovrebbe intanto anticipare il più possibile la chiusura dei gruppi a carbone. Sono stato molto critico, nel 2013, quando il Ministero dell’Ambiente, d’accordo con Regione e Comune, concesse l’AIA: l’autorizzazione avrebbe dovuto essere molto più vincolante dal punto di vista ambientale, per esempio prescrivendo la chiusura del gruppo a carbone entro i primi tre anni. Ora è tutto più difficile, ma non dimentichiamo un punto chiave: l’AIA avrebbe dovuto basarsi su una Valutazione Integrata di Impatto Ambientale e Sanitario, a sua volta basata anche su uno studio epidemiologico dell’area interessata. Tutto ciò a Spezia non c’è stato, o c’è stato in modo carente. Il Comune, quindi, supportato dalla Regione, potrebbe e dovrebbe giocare un ruolo molto più incisivo, puntando sulla questione della salute dei cittadini.
L’altro punto per un “riscatto” della politica è quello di un utilizzo dell’area bonificata per un nuovo tipo di sviluppo, che dia lavoro rispettando l’ambiente. Non c’è dubbio che l’area debba restare produttiva. Che un Presidente, sia pure dimissionario, dell’Unione Industriali abbia proposto, come ha fatto Giorgio Bucchioni su “Città della Spezia” a fine settembre, di realizzare il nuovo stadio nell’area Enel o in quella limitrofa della polveriera militare, mi è sembrato quantomeno bizzarro. A parte il fatto che è molto più semplice ampliare il Picco, e semmai mitigare i problemi viabilistici in viale Fieschi trovando un’intesa con la Marina, mi domando: ma se vogliamo, come città, continuare a produrre cose senza pensare di vivere solo di economia immateriale, dove produciamo queste cose se non in aree industriali dismesse, vicine all’autostrada, al porto e alle altre aree industriali? Il punto è: quali cose produrre in quest’area dalle enormi potenzialità? L’accento va certamente posto sulla lavorazione delle merci che arrivano in porto e sulla nautica da diporto, ma anche sulle fonti rinnovabili -con un’auspicabile presenza in forme del tutto nuove di Enel- e più in generale sulle produzioni innovative e green. Senza dimenticare che sarà destinato ad altre funzioni il grande molo che nel porto è utilizzato dalle carboniere, il che rende possibile quantomeno discutere di una questione che finora nemmeno poteva essere posta: la realizzazione della stazione marittima a Levante. Da questo punto di vista è positivo che il Sindaco e l’assessore alla Sostenibilità ambientale abbiano affermato nei giorni scorsi che “la programmata dismissione della centrale Enel impone l’avvio di un confronto nella città per definire, con il coinvolgimento di tutte le parti interessate, scenari futuri condivisi e capaci di assicurare nuove forme di sviluppo per il nostro territorio” (“Città della Spezia”, 30 ottobre). Ritorna, insomma, l’esigenza della “strategia”. La solleva, su un altro tema, quello del riuso delle aree militari, anche la segretaria della Uil Nadia Maggiani, che in un’intervista alla “Gazzetta della Spezia” del 17 ottobre propone un di lavorare a un “progetto di ampio respiro, a una strategia complessiva” che riunisca attorno a un tavolo permanente tutti gli attori istituzionali e sociali. Si riaffaccia, insomma, il tema della politica e non dell’economia come vettore. Cioè il tema della politica come deliberazione partecipata e discorso pubblico per le scelte condivise della collettività. Il che richiede non solo “tavoli” sui singoli temi separati tra loro ma anche una sede unitaria di progettazione territoriale del governo locale che certamente non si sostituisca al mercato, ma offra un luogo per la sintesi tra pubblico e privato e contribuisca a creare mete collettive, una visione del futuro nella quale possano riconoscersi non solo gli operatori privati ma tutti i cittadini spezzini.
– – –
Mi ha colpito, infine, un articolo di Renzo Raffaelli sul “Secolo XIX” del 14 settembre, dal titolo “Quale ospedale? Nessuno lo ha capito”. Scrive Raffaelli: “Nel 2016 inizierà il percorso che porterà al nuovo ospedale. Ma quale ospedale avremo? Dipende, come noto, dal bacino di utenza. Quello spezzino, 220.000 abitanti, con le nuove disposizioni consente un ospedale provinciale, ridimensionato rispetto a quello attuale. Il Sant’Andrea, con questi numeri, perderebbe divisioni importanti come medicina nucleare e dovrebbe rassegnarsi a un Dea (Dipartimento di emergenza e accettazione) di primo livello. Per ampliare il bacino di utenza è necessario dunque fare delle alleanze guardando verso il Tigullio o verso Massa-Carrara. Questa necessità è nota a tutti da tempo: ma che cosa si è fatto fino a oggi? Quali politiche sono state messe in campo?”. Domande precise, che non mi pare abbiano avuto ancora risposte precise da parte della Regione e dei Comuni. L’unica cosa che ho letto è che tre Comuni spezzini hanno chiesto di passare dalla nostra Asl a quella del Tigullio! Ma senza queste risposte rischiamo di costruire un ospedale senza sapere che cosa conterrà.
Resta poi aperto il nodo delle risorse, che in parte dovranno essere reperite vendendo l’attuale ospedale. Ma qualcuno comprerà il Sant’Andrea? E che cosa vorremmo al suo posto? Stiamo parlando di un’area chiave della “nuova città”, punto di interconnessione tra l’area ex Ip, che sta alle sue spalle, e Calata Paita, che le sta davanti. Ma nell’area ex Ip c’è solo il centro commerciale, non si sente più parlare del grande parco urbano ma solo dell’area per i luna park e i circhi. Mentre la restituzione di Calata Paita alla città è avvolta nelle nebbie. Il Piano Regolatore del Porto non ha fatto un passo in avanti in otto anni, ora leggo che si può finalmente partire con l’espansione del porto a levante. Ma a tre condizioni, che sono alla base del PRP: che le Marine del Canaletto e di Fossamastra e le attività dei mitilicoltori abbiano spazi equivalenti; che siano attuate le prescrizioni ambientali; e che la città abbia in cambio Calata Paita. Tutto si lega, non può esserci un tassello senza l’altro. Insomma, la domanda “come sta Spezia?” ci spinge, innanzitutto, a riprendere, in forme nuove, la strada della partecipazione e della condivisione.
Post scriptum
Ho affrontato il tema dell’Enel nei seguenti articoli, leggibili su www.associazioneculturalemediterraneo.com
Per qualche settimana le fotografie della rubrica saranno ancora fotografie di Sao Tomè e Principe. La foto odierna in alto è in realtà una foto scattata a Ginevra da Enrico Amici il 24 ottobre scorso, in occasione del 70° anniversario dell’Onu. Nel Parco del Palazzo delle Nazioni è stata inaugurata la grande scultura di Michelangelo Pistoletto “Rebirth”, ispirata al simbolo dell’infinito, composta da 193 pietre che rappresentano gli attuali Stati membri delle Nazioni unite. “Rebirth” è il simbolo della rinascita, della creazione di un nuovo mondo di armonia attraverso il dialogo tra gli opposti. Ogni pietra porta inciso il nome del Paese che rappresenta: la foto è della pietra di Sao Tomè e Principe. Con “Rebirth” esprimo la vicinanza alla Francia, nel nome dell’armonia e del dialogo, della civiltà e della cultura, della libertà e della democrazia.
lucidellacitta2011@gmail.com
Popularity: 5%