Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi, Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
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Presentazione di
“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
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Le liste civiche e il sussulto che serve ai partiti per non morire

a cura di in data 10 Aprile 2012 – 09:10
 Le Alpi Apuane all'alba dalle alture di Tresana   (2011)   (foto Giorgio Pagano)

Le Alpi Apuane all’alba
dalle alture di Tresana
(2011) (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia – 8 Aprile 2012 – A Spezia non era mai accaduto, e per questo siamo finiti nelle pagine nazionali dei quotidiani: 792 candidati alle elezioni comunali, in 27 liste collegate a 14 candidati a Sindaco. Il fenomeno riguarda, più o meno, anche le altre città in cui si va al voto. Eppure, nonostante il proliferare di liste e candidati, si sente nell’aria la disaffezione elettorale. Potrebbero, dunque, verificarsi sia il fenomeno della dispersione dei consensi alle tante liste localistiche che quello dell’aumento dell’astensionismo. In questo caso mancherebbe la chiarificazione che si attendono i principali partiti, e avremo la frammentazione del sistema politico, cioè un sistema di partiti tutti “minori” (e non solo in senso aritmetico).
E’ un fenomeno che nasce dalla debolezza della politica e dei partiti. Le origini sono lontane, e risalgono alla crisi della Prima Repubblica all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso: la politica dei partiti fu sostituita dalla politica spettacolo dei “partiti personali”, che perse progressivamente la presa sui territori. E’ vero che i sindaci eletti dai cittadini rappresentarono una nuova stagione di civismo e di partecipazione alla vita associata, ma essi furono emarginati e lasciati soli, e i territori consegnati a potentati e cordate locali. Con il passar degli anni i processi di disgregazione e di corruzione si sono aggravati, e anche la Seconda Repubblica è al tramonto. E’ finita la stagione del dispotismo carismatico di Berlusconi e di Bossi, frutto non del destino cinico e baro ma anche degli errori dei partiti di centrosinistra, spesso subalterni agli avversari e comunque incapaci di riformarsi e di stabilire un nuovo legame tra governanti e governati. Al capolinea, quindi, come dice il sociologo Aldo Bonomi, sono arrivati i tre movimenti di questi vent’anni: berlusconismo, leghismo e ulivismo: “Tutti hanno avuto difficoltà a trasformarsi in forma partito, il che rimanda alla crisi della politica, il peccato originale della Seconda Repubblica”.
Ecco allora, nel tempo della politica inefficace e delegittimata, il proliferare delle liste civiche e localistiche, come “segnale della disaffezione fra gli italiani e la politica dei partiti”, scrive il politologo Carlo Galli. Che però aggiunge: esse “acquistano spesso anche il significato politico di una rivendicazione di autogoverno e di volontariato civico”. Vedremo, anche a Spezia, quale delle due componenti prevarrà: quella dell’insofferenza qualunquista verso i partiti e la malattia oligarchica che li affligge, una linea puramente distruttiva e alla mercé degli spregiudicati arrivismi dei capetti locali; o quella, costruttiva, della rappresentanza di una volontà di partecipazione che cresce nella società. Lo capiremo dalla campagna elettorale e soprattutto dal dopo, cioè dal fatto se queste esperienze avranno una continuità o meno.
Una cosa è certa: la sfiducia oggi intacca la legittimità dei partiti in quanto tali, tanto che la maggioranza assoluta degli italiani (indagine Demos del marzo 2012) approva l’idea che “la democrazia può funzionare anche senza i partiti”. Come risalire la china della fiducia? Servono risposte immediate da parte dei politici onesti, che pure esistono. Un ceto politico che aspiri a sopravvivere o è capace di questo sussulto o è destinato ad essere giustamente sommerso dal discredito. L’agenda politica deve dunque avere chiare priorità: una nuova normativa sulla corruzione; una buona legge elettorale, che non ci faccia tornare all’epoca in cui i governi si facevano dopo le elezioni e ci consenta finalmente di eleggere i nostri rappresentanti; una buona legge sui partiti, che li vincoli alla democrazia interna e alla trasparenza dei bilanci, ridimensioni l’ammontare del finanziamento pubblico e blocchi subito vergogne come il denaro a partiti inesistenti. Non bisogna abolire i partiti, consegnando la politica ai poteri della finanza e dell’economia, ma ricostruirli e rinnovarli profondamente aprendoli ai cittadini. Ma queste sono parole ormai consumate: i politici onesti hanno il dovere di agire subito e radicalmente. Altrimenti non usciremo da questo tramonto della dignità e del ruolo della politica e dei partiti. E saremo governati da una elite senza popolo al comando di un popolo senza partiti.

lucidellacitta2011@gmail.com

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