Presentazione di “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello – Giovedì 19 dicembre 2024 ore 17 a Porto Venere – Ristorante La Marina Calata Doria
15 Dicembre 2024 – 19:29

Presentazione di
“Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”
di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello
Giovedì 19 dicembre 2024 ore 17
Porto Venere – Ristorante La Marina Calata Doria
I due …

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Lasciamo un’impronta verde

a cura di in data 10 Agosto 2019 – 09:12
Milano, Bosco verticale (2017) (foto Giorgio Pagano)

Milano, Bosco verticale
(2017) (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia, 4 agosto 2019 – La notizia più importante della settimana viene dall’Etiopia e parla anche a noi: il 29 luglio 23 milioni di etiopi hanno piantato 353 milioni 663 mila e 600 alberi in dodici ore. L’iniziativa è partita dal Primo Ministro dell’Etiopia Abiy Ahmed, che da un anno sta profondamente cambiando il suo Paese. Il suo progetto iniziale -piantare 200 milioni di alberi in un giorno- è stato ampiamente superato grazie alla grande partecipazione popolare. Ora l’obiettivo, in un’Etiopia piegata dalla siccità e dalla deforestazione, è aumentare la copertura forestale nazionale piantando 10 miliardi di alberi entro settembre (al 24 giugno ne erano stati piantati 2,6 miliardi)
Dalla fine del diciannovesimo secolo ad oggi il territorio etiope coperto da foreste è passato dal trenta per cento ad appena il quattro per cento. Una deforestazione mossa principalmente dalla ricerca di territori da coltivare. L’80% della popolazione vive infatti in territori rurali ed una percentuale ancora maggiore si mantiene proprio grazie all’agricoltura.
Ma i cambiamenti climatici, il riscaldamento globale e la desertificazione che minaccia molti territori dell’Etiopia -come di tutta l’Africa- rischiano di colpire, anche e soprattutto, proprio i contadini. Se il trend non sarà invertito, nei prossimi decenni milioni di contadini senza più terra diventeranno migranti climatici, costretti ad emigrare per cercare un futuro migliore altrove. L’iniziativa di Abiy Ahmed si inserisce dunque anche nello sforzo di contenere i gas serra nell’atmosfera. Il Primo Ministro ha aggiunto:
“Questa è un’azione che aiuterà a migliorare ogni aspetto della nostra vita. Gli studi dimostrano che il verde aiuta al rilassamento delle emozioni. La deforestazione frustra l’essere umano. Questo è un esempio non solo per il nostro Paese ma per tutto il mondo”.

Milano, Bosco verticale (2017) (foto Giorgio Pagano)

Milano, Bosco verticale
(2017) (foto Giorgio Pagano)

“300 MILIARDI DI ALBERI”
Anche in Italia c’è chi sta facendo, nel suo piccolo, la propria parte. Water Right Foundation, la Fondazione con cui collaboro dall’inizio del 2018 e con cui sono impegnato in un progetto in Palestina, ha lanciato la campagna “300 miliardi di alberi”. Lunedì scorso, nella splendida cornice del Teatro Romano di Fiesole, abbiamo promosso un concerto di Paolo Fresu e Daniele di Bonaventura con Jaques Morelenmbaum e lanciato una raccolta fondi per la ripiantumazione dell’agrumeto storico di Garibaldi a Caprera, che è diventato un simbolo della necessità di agire per combattere i cambiamenti climatici.
Un recente studio pubblicato su “Science” da ricercatori svizzeri ha individuato nella forestazione una soluzione molto efficace per combattere il riscaldamento globale: gli alberi, infatti, producono l’ossigeno che respiriamo ed assorbono e stoccano CO2 in eccesso.
Ogni istituzione, impresa, associazione, ogni cittadino può fare qualcosa: questa è la nostra utopia concreta. Abbiamo lanciato anche una proposta più specifica: promuovere la piantumazione di alberi in ambiente urbano. Gli alberi in città non sono solamente un contributo tangibile alla lotta ai cambiamenti climatici, ma sono capaci anche di mitigare i loro effetti sulla vita quotidiana dei cittadini, contribuendo ad ombreggiare ed a raffrescare. Gli alberi in città, inoltre, abbattono e sequestrano le polveri sottili provocate dall’inquinamento atmosferico, aiutando a prevenire decine di migliaia di morti premature per malattie respiratorie, come documentano l’Organizzazione mondiale della sanità e la Fao delle Nazioni Unite. Ed infine incidono sullo spirito e sul benessere della popolazione, perché i parchi e le aree verdi sono luoghi di incontro e per il gioco dei bambini, perché sono ricchi di biodiversità e perché abbelliscono il paesaggio.
Che aspettiamo, allora, a fare la nostra parte? A Spezia c’è da attuare finalmente il progetto del Parco delle Mura. C’è da salvare il Parco del Colombaio, quello della Rimembranza ed altre aree verdi in pericolo. C’è da realizzare il Parco previsto nell’area ex IP, al cui posto è stata costruita un’enorme distesa di asfalto per i luna park. C’è da immaginare una cintura verde nell’area che l’Enel libererà -se saremo uniti- dalla servitù degli impianti energetici che dura dagli anni Sessanta del secolo scorso… Insomma: dobbiamo lasciare un’”impronta verde”, come dice Abiy Ahmed.

Post scriptum:
Dedico l’articolo di oggi a due cari compagni ed amici partigiani che ci hanno lasciato nei giorni scorsi: Carlo Borrini e Leopoldo de Giromini.
Carlo, migliarinese, sfollò a Bastremoli e, giovanissimo, diede un contributo alla Resistenza come staffetta del Battaglione Val di Vara della Colonna Giustizia e Libertà: “Il giorno più bello -raccontava- fu il 26 aprile 1945, quando feci il picchetto d’onore al Monumento ai Caduti che era allora sulla via provinciale a Follo, oggi via Brigate Partigiane, e assistetti alla sfilata del Battaglione di Giustizia e Libertà e gioii pensando che finalmente eravamo liberi”.
Leopoldo, per tutti Poldo, fu partigiano della Brigata Costiera e poi della Brigata Cento Croci con il nome di battaglia “Freccia”. La sua storia è raccontata nell’articolo di questa rubrica “Ripartire dalle donne e dagli uomini semplici”, dell’8 maggio 2016. L’ultima volta ci vedemmo a Mezzema di Deiva Marina. Di fronte ai ravioli fatti in casa di “O Baccin” non poteva non venirgli in mente l’epopea della battaglia del Gottero, e la fame dopo tre giorni nella neve ghiacciata: “Trovammo in una baita delle patate, che mettemmo a cuocere… ma le mangiammo crude per la fame, con le labbra spaccate dal freddo”. O l’episodio di Salino, tra San Pietro Vara e Velva: “Finalmente trovammo da mangiare, ma non ci riuscimmo, lo stomaco era chiuso per via della troppa fame”.
La memoria della Resistenza era una passione costante della vita di entrambi.
Caro Carlo e caro Poldo, la vostra fu una generazione che, nei giorni della “morte della Patria”, dopo l’8 settembre 1943, produsse gli anticorpi e diede vita al “riscatto della Patria”. Dio solo sa quanto bisogno ci sarebbe di quegli anticorpi nell’Italia di oggi. Grazie per tutto, che la terra vi sia lieve.

lucidellacitta2011@gmail.com

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