L’altra epidemia
Città della Spezia, 8 marzo 2020 – L’emergenza in cui viviamo deve portarci a riconoscerci come comunità. Siamo obbligati a ridurre le nostre relazioni sociali ed a stare isolati, ma proprio questa condizione può spingerci a riflettere ed a riscoprire l’interesse per gli altri ed un nuovo senso civico.
A capire, per esempio, che esistono anche altre epidemie. La guerra è un’epidemia fuori controllo da anni, come ci ricordano i profughi siriani, moltissime donne -oggi è la loro Festa, pensate- e bambini, che la Turchia “invia” in Europa e che la Grecia respinge con una violenza inaudita.
Il corona virus finirà, prima o poi, ed il vaccino lo troveremo. Ma la tragedia umana e sociale dei profughi non finirà, ed il vaccino non si troverà. Almeno finché non capiremo che siamo tutti nella stessa barca: cioè in un’unica “zona rossa”.
In un mondo in cui ci sarebbe sempre più bisogno dei valori umanistici della parte migliore della storia europea, la vecchia Europa ha invece perso l’anima: sostiene la politica di respingimento attuata dalla Grecia, dimenticandosi dei propri obblighi di difesa dei diritti umani fondamentali e di garanzia della sicurezza e della protezione di chi ha perso tutto.
Ha ragione il Circolo di Genova dell’Associazione “Libertà e Giustizia”, che denuncia “l’assenza di iniziative, e addirittura di prese di posizione, delle istituzioni italiane ed europee, nonché lo scarso interesse dell’opinione pubblica, rispetto a quanto sta avvenendo alla frontiera turco-greca. Il dittatore turco Erdogan ha vergognosamente strumentalizzato, illudendoli di poter giungere in territorio europeo, coloro che erano fuggiti dalla guerra in atto in Siria; e le forze armate greche, con il sostanziale avallo della Presidente della Commissione europea, hanno compiuto ulteriori atti di guerra nei loro confronti”.
Dobbiamo ribellarci a tutto questo, far sentire la nostra voce: è una tragedia morale, ed un fallimento politico. L’Europa deve accogliere e garantire un futuro ai profughi siriani al confine greco, salvare le loro vite e redistribuirli in tutti Paesi europei, rispettando la lettera e lo spirito della Convenzione sui rifugiati. Non si deroga all’umanità ed al diritto d’asilo.
Ma l’Europa deve anche annullare l’accordo criminale -come lo definisce il missionario comboniano Filippo Ivardi Ganapini- con il leader turco Erdogan, a cui abbiamo dato sei miliardi di euro per tenersi tre milioni e mezzo di profughi, affidandogli il ruolo di ferreo custode dei confini di un versante dell’Europa. Abbiamo rinunciato a governare un problema e l’abbiamo appaltato alla Turchia, che ora ci ricatta perché gli abbiamo dato il coltello per il manico. Abbiamo pagato, quindi, per farci ricattare. E ora dobbiamo gestire un’emergenza che non sarebbe tale se negli anni avessimo ricollocato ordinatamente -con sei miliardi di euro- i profughi in tutta l’Unione europea.
Si poteva fare, si può fare. La prova provata risiede nel fatto che, già da quattro anni, funziona un canale -i corridoi umanitari- che permette l’arrivo in Italia delle famiglie siriane che si trovano nei centri di raccolta in Libano, grazie alla Federazione delle Chiese evangeliche, alla Tavola valdese ed alla Comunità di Sant’Egidio. Basterebbe avere quei sei milioni di euro…
E poi dobbiamo andare alla fonte dei problemi, la questione siriana. L’ondata di rifugiati che Erdogan spinge con le forze speciali verso la Grecia è anche la sua vendetta per la debàcle in Siria ad opera della Russia di Putin, che dovremmo pagare anche noi. Erdogan vorrebbe farsi pagare ancora, per i profughi ma anche per i costi della sua guerra.
Ma se nel caso dei profughi è lecito domandarsi se esiste l’Europa, nel caso della Siria la domanda è ancora questa, ma anche un’altra: esiste l’ONU? O siamo tutti incatenati allo Zar, al Sultano ed alla nostra ipocrisia?
Stanno morendo non solo le donne ed i bambini siriani, ma anche l’Europa e l’ONU. Mentre avanza quella che Papa Francesco ha chiamato “la terza guerra mondiale a pezzi”.
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