La Val di Vara alla riscossa
Città della Spezia, 10 settembre 2017
BIOLOGICO E’ MEGLIO
Pochi spezzini conoscono l’esistenza delBiodistretto Val di Vara. Eppure è una realtà che supera le 100 aziende certificate, con 160 addetti e un fatturato di 11 milioni di euro. Il suo Presidente Alessandro Triantafyllidis mi riceve nel suo agriturismo nel Comune di Varese Ligure, lungo la strada che porta al passo delle Cento Croci, e mi spiega: “Il Biodistretto è un territorio vocato al biologico, dove agricoltori, cittadini, operatori turistici, associazioni e pubbliche amministrazioni stringono un accordo partendo proprio dal modello biologico di produzione e di consumo… le aziende biologiche dell’Alta Val di Vara, le associazioni di categoria e i Comuni di Varese Ligure, Maissana, Sesta Godano, Zignago, Rocchetta, Carro e Carrodano hanno fatto un patto pubblico-privato per promuovere il territorio… un patto che ha anche l’obbiettivo di far crescere l’amor proprio e il senso di appartenenza nella vallata”. Il Biodistretto è nato nel 2014 -ma è funzionante dal 2015- sulla base di una legge regionale del 2009, e soprattutto delle intuizioni e dell’operato di Maurizio Caranza, indimenticato Sindaco di Varese Ligure. Gli ettari di superficie aziendale bio sono 3500: prati e pascoli per l’allevamento più che terre coltivate, mi spiega Triantafyllidis. L’agricoltura sta diminuendo dappertutto, ma meno in Val di Vara: “la Liguria è la regione che ha perso più aziende, una su due, nella vallata il calo è del 12%… reggiamo meglio grazie al biologico… diminuisce l’agricoltura ma sta prevalendo il biologico dove c’è ancora l’agricoltura”. L’obbiettivo è incrementare sempre più il biologico, perché riprenda a crescere tutta l’agricoltura.
Ecco il quadro descritto dal presidente: “La cooperativa delle carni di San Pietro Vara ha il 90% di prodotto bio, quella casearia è mista, perché c’è penuria di latte biologico. Ars Food, la principale azienda di yogurt in Italia con 21 milioni di vasetti venduti, non usa latte della Val di Vara. E’ difficile coltivare cereali bio, il mangime bio costa il doppio di quello convenzionale… quindi si produce sempre meno latte, si preferisce fare carne”. Per svoltare “occorrono aziende più grandi e stalle più moderne… ogni famiglia dovrebbe avere almeno venti mucche, in media oggi ne ha cinque”. Bisogna, poi, “aumentare il paniere della produzione: frutta, ortaggi, castagne, miele, erbe, vino”. Qualcosa si sta muovendo: “L’azienda Biovara produce frutta, ci sono microaziende che lavorano nelle erbe, il prossimo anno, a Cornice, sarà prodotto vino biologico… il miele è una potenzialità inespressa… gli agriturismi con prodotti biologici sono una quindicina”. “Soffriamo molto -aggiunge Trianatfyllidis- per la presenza di lupi e cinghiali”. Si punta molto sulla ricerca, la formazione, la promozione: a tali fini il Biodistretto ha presentato progetti per il finanziamento con il Piano di Sviluppo Rurale (fondi europei erogati dalla Regione).
Certo, per “tornare alla terra”, come pure alcuni giovani stanno facendo, servono fondi, sgravi fiscali, incentivi, servizi, infrastrutture (non solo strade ma anche internet). Serve una politica nazionale e regionale che non si vede ancora. E tuttavia la Val di Vara, pur tra tante difficoltà, è sulla strada giusta.
MONTAGNE E FORESTE, UNA MINIERA
L’Unesco ha inserito le antiche faggete italiane nella lista dei beni “patrimonio dell’umanità”. Viene subito in mente la domanda: chi sa che cosa sono le faggete? Che cosa fanno la scuola, la cultura, la politica per farle conoscere? I nostri ragazzi, ormai, non vedono più un albero, un bosco, un paesaggio agrario… Suggerisco di salire sul monte Zatta, nell’Alta Via dei Monti Liguri, una montagna a metà tra le province di Spezia (il Comune è Varese Ligure) e Genova, vicina anche al Parmense (Val di Taro). E’ una delle mie mete preferite. Si può salire da più punti: il percorso più breve è dal Passo del Bocco, oltre Varese, e il sentiero è tutto in una splendida faggeta. Quasi sulla vetta si incontrano le sorgenti del fiume Vara. Poi un panorama magnifico, dalle Apuane al monte di Portofino.
Ma la faggeta a cui sono più legato è quella del monte Gottero, la vetta più alta della provincia (il Comune è Sesta Godano), al confine con Parma e Massa. Forse il suo nome deriva dal tedesco “Gott” (Dio), ma certamente è una delle due montagne “sacre” -l’altra è il monte Sagro, sulle Apuane- che cinge la nostra “Terra della Luna”. Dalla vetta c’è il panorama più bello del nostro Golfo. Il Gottero con la sua foresta è una riserva di memoria, compresa quella più recente della Resistenza (come pure lo Zatta e il Sagro), ma anche una grande opportunità. Venerdì, mentre salivamo insieme sul monte Dragnoneal santuario di Nostra Signora -in occasione della tradizionale festa religiosa e del ricordo dei partigiani catturati sul monte e poi uccisi-, l’amico Tonino Tosi, consigliere delegato del Comune di Sesta Godano all’agricoltura, ambiente e territorio, mi ha raccontato tutti i progetti del Comune per la valorizzazione del Gottero. Sono ormai pronti cinque percorsi ad anello per gli appassionati della mountain bike, tre dei quali passano anche nel “cammino dei carrelli”, una strada sterrata pianeggiante che a inizio Ottocento era provvista di binari che servivano per il trasporto della legna. I percorsi, finanziati dalla Regione, partono tutti da Chiusola. Il più lungo arriva ai confini con la Provincia di Massa, sale a Fontanafredda, scende al cippo che ricorda il rastrellamento nazifascista dell’agosto 1944, imbocca il “cammino dei carrelli”, poi va a Canevarbone, Rio, Giandì e nuovamente a Chiusola, per un totale di 32 km. Gli altri sono più brevi, ma tutti di grande fascino. Il Comune, inoltre, continua Tosi, ha presentato il piano di assestamento boschivo, una sorta di piano regolatore della foresta, per il finanziamento con il Piano di Sviluppo Rurale. Prevede molti interventi: la regimazione delle acque, il miglioramento del bosco con il taglio delle piante malate (“senza tagliare per lucrare”), la sentieristica per il trekking, la realizzazione di un rifugio vicino alla Foce dei Tre Confini e di un’area di sosta attrezzata nell’area dove sorge il cippo ai partigiani, la costruzione di tracciati. Tosi crede nello sviluppo turistico della valle ma anche in quello agricolo, strettamente connessi tra loro. Ha lavorato ai marchi dei prodotti tipici: la cipolla dolce di Pignona, il granturco di Sesta Godano, la castagna, il fungo del Gottero. Bisogna aumentare la produzione, sostiene, perché la domanda è più consistente dell’offerta.
Sulla falsariga del Comune di Sesta si muovono anche gli altri Comuni dell’Alta Val di Vara, all’insegna di una apprezzabile visione comune. Riccardo Barotti, Sindaco di Rocchetta, ha lavorato al piano di assestamento boschivo prevedendo due progetti: uno per la prevenzione incendi e il rifornimento idrico, l’altro per valorizzare i sentieri che portano all’Alta Via, con due punti ristoro a Veppo e a Stadomelli e un punto di osservazione panoramico. Anche a Rocchetta si punta su turismo e agricoltura: sono sorti alcuni agriturismi, e si è lavorato per tornare a coltivare i prodotti tipici, soprattutto il grano.
A Zignago il Comune ha adottato il piano di assestamento presentato dal Consorzio dei giovani allevatori. Il Sindaco Simone Sivori punta sul miglioramento del bosco e sul recupero del sentiero che da Pieve di Zignago porta ai Vezzanelli e al monteDragnone. La realtà di Zignago è meno turistica e più agricola: “la gente va avanti ancora con l’agricoltura, c’è tenacia. Si è rimessa a coltivare il grano, e nella parte bassa si produce un ottimo olio d’oliva”, racconta il Sindaco. Sivori è molto preoccupato per il progressivo abbandono dell’allevamento ovino. Le pecore e le capre, sbranate dai lupi, erano mille, ora sono cento. Ma senza gli ovini, spiega, aumenta la macchia del bosco.
Infine Varese Ligure. Il Sindaco Gian Carlo Lucchetti punta, con il piano di assestamento, a rendere il tratto dell’Alta Via che attraversa il territorio del suo Comune un percorso sicuro e attrezzato, per il trekking, la mountain bike e l’equitazione. Sono previsti la regimazione delle acque, il ripristino di scarpate e versanti,la prevenzione incendi, il miglioramento della viabilità, il recupero del vecchio rifugio di Colla Craiolo, da cui si può imboccare l’Alta Via o verso lo Zatta o verso le Cento Croci e poi il Gottero.
Tutti i progetti saranno ora al vaglio della Regione. L’auspicio è un successo collettivo dei Comuni. Forse la riscossa della Val di Vara è cominciata.
lucidellacitta2011@gmail.com
Popularity: 5%