Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi, Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
14 Novembre 2024 – 21:22

Presentazione di
“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
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Il libro di Dino Grassi “Io …

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La scommessa delle città intelligenti

a cura di in data 5 Aprile 2012 – 09:04

Camaiore, la badia di San Pietro (2011) (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia – 1 Aprile 2012 – In Italia, come in tutto il mondo, si parla tanto di “smart cities”, di “città intelligenti”. Che cosa vuol dire “smart”? Vuol dire meno traffico, meno inquinamento, energia pulita, niente file e tante altre bellissime cose. La “smart city” si distingue dalla sorella più strettamente tecnologica, la “città digitale”, espressione che sottolinea il ruolo delle tecnologie informatiche. Tuttavia la “città digitale” è essenziale per la realizzazione della “smart city”. Insomma, come scrive il direttore del centro Nexa, il professor Juan Carlos De Martin, “una città digitale non è necessariamente smart, mentre una città smart è necessariamente digitale”.

La “smart city”, attraverso il digitale, promette di risolvere, o attenuare, tanti problemi delle città contemporanee. Su due piani: un piano nascosto e uno palese, visibile ai cittadini. Il piano nascosto, spiega De Martin, “è quello formato da un’informatica diffusa per le città, soprattutto sensori che nascosti sotto l’asfalto o inseriti nei pali della luce, misurano lo stato del traffico, l’inquinamento istantaneo, il livello di rumore, il grado di riempimento dei bidoni dell’immondizia”. Informazioni che possono venir raccolte e elaborate per migliorare molti servizi e anche per sostenere con dati oggettivi le decisioni delle amministrazioni.
Il piano palese “è quello dei servizi e delle informazioni che fluiscono tra i cittadini e i soggetti pubblici e privati”. Sono informazioni offerte via rete, sugli orari degli uffici come dei negozi, e così via; sono meccanismi per segnalare problemi o bisogni alle amministrazioni; sono cultura offerta via internet, dal contenuto degli archivi a quello delle biblioteche fino agli eventi artistici e culturali.
Si tratta di una scommessa fondamentale innanzitutto per la pubblica amministrazione. Portarla in rete significa abolire la carta nelle operazioni con lo Stato e gli enti locali, cancellare le code, superare inefficienze, generare risparmi. E’ un sogno che si potrà realizzare soltanto quando tutti gli italiani, nessuno escluso, avranno la possibilità di collegarsi alla rete. Ciò che oggi avviene solo in parte: più al Nord che al Sud, più in città che in campagna. E poi pesano le differenze tra i nativi digitali e i loro genitori o nonni. Il governo sta lavorando per superare questi problemi e passare dal “digital divide” al “digital united”. E’ in preparazione una legge per dotare l’Italia di un’Agenda digitale, che prevede la banda larga di base per tutti entro il 2013, e quella ultraveloce entro il 2020 almeno per il 50% della popolazione. E che intende promuovere corsi di alfabetizzazione digitale, perché sono ancora tante le persone ad aver bisogno di una guida per sbrigare anche le faccende più semplici con gli strumenti che il web mette a disposizione. Negli anni scorsi i passi in avanti nella pubblica amministrazione sono stati insufficienti perché è stata fatta troppa retorica, non c’è stata una “visione” politica e culturale e non sono state individuate le priorità. Tra cui le infrastrutture digitali, decisive per il superamento dello “spread digitale”. Costa, ma ne vale la pena: altrettanto che per autostrade e ponti, o forse di più, almeno per certe autostrade e certi ponti, meno importanti delle autostrade dell’informazione e dei ponti della conoscenza tra i cittadini italiani e il mondo.
Le città hanno bisogno di Piani strategici, piani di cornice per i piani urbanistici, ambientali, sociali, formativi. Ma oggi, dentro i Piani strategici, serve anche il “Piano regolatore dell’innovazione e della connettività”, serve l’”Agenda digitale locale”, strumenti integrati con tutti gli altri piani, urbanistici e ambientali in primo luogo. Perché solo così si diventa “città intelligenti”.
E a Spezia? Molto, in questo campo, è stato fatto e si sta facendo. Citavo prima l’offerta di cultura: pochi sanno che, a partire dal 2001, i giornali locali conservati nelle nostre biblioteche sono stati digitalizzati, solo per fare un esempio. Gli articoli della rubrica di Alberto Scaramuccia su Città della Spezia “Una storia spezzina”, piccoli pezzi di memoria così preziosi per capire il presente e progettare il futuro, si basano in gran parte sulla lettura, oggi così facile, dei periodici locali. Ora bisogna andare avanti. Sempre di più nella “visione” della città deve pesare il tema della “città digitale”, dove il cittadino sta nella città ma vive il mondo, accede al mondo intero. E sempre di più tutti i cittadini, superando le “diseguaglianze digitali”, devono fruire della rete. Perché, parafrasando il proverbio medievale tedesco, “l’aria delle città e delle sue reti rende liberi”.

lucidellacitta2011@gmail.com

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