La maggioranza invisibile
Città della Spezia, 12 aprile 2015 – Come è possibile trasformare la nostra società, renderla meno diseguale e più giusta? Come si può vincere la passività che ci schiaccia sull’esistente? Chi ha la forza di trasformare? Serve, per cercare di rispondere a queste domande, un’analisi delle forze che potenzialmente costituiscono la base sociale di un nuovo “blocco” egemonico, per usare il linguaggio di Antonio Gramsci. Venerdì ho presentato a Genova il libro del nipote Antonio Gramsci jr, uno straordinario affresco della sua famiglia, e ho tenuto una relazione sul tema “L’importanza di Gramsci nel pensiero democratico e popolare italiano”. Per Gramsci è chiaro qual è la soggettività che cambia la storia: è la classe operaia delle grandi fabbriche. Ma oggi l’organizzazione produttiva fordista e la società di massa industriale appartengono a un mondo in declino, almeno nel nostro Occidente. L’interesse del libro “La maggioranza invisibile” di Emanuele Ferragina, docente di sociologia a Parigi, sta nel fatto che ha un approccio gramsciano -la ricerca delle forze del “blocco” progressista- e che individua, in questa ricerca, il “blocco” dei nostri tempi, radicalmente diverso da quello dei tempi in cui Gramsci viveva.
Chi bisogna unire per trasformare il nostro Paese? Qual è la maggioranza invisibile? I disoccupati nel 2014 sono cresciuti del 5,5% rispetto al 2013, arrivando a 3,5 milioni. I “neet” (chi non lavora e non studia) sono 3,5 milioni: un milione e mezzo sono disoccupati, altri due milioni sono inattivi. 3,9 milioni sono i lavoratori precari. Undici milioni sono i pensionati con meno di 1000 euro al mese. I migranti sono 5,4 milioni. Sono in tutto 25 milioni di persone, elettoralmente valgono oltre il 50%. Poi ci sono gli operai, metalmeccanici in primis, che vivono l’impatto della crisi, sul lavoro e sul reddito. Ci sono gli studenti. E c’è, soprattutto, la classe media impoverita, che si ritrova sempre più a condividere problemi e bisogni di chi considerava lontano: è una situazione inedita, in cui chi aveva un reddito sufficiente a garantire uno standard di vita confortevole ed era portatore di una visione del mondo moderata, è oggi spinto a mobilitarsi per una più equa redistribuzione della ricchezza. La redistribuzione e una maggiore eguaglianza sono, per Ferragina, l’elemento unificante di questo nuovo “blocco” di forze. C’è una grande maggioranza potenziale favorevole a un progetto politico che abbia questi obbiettivi. Ma, per organizzare sul piano politico la maggioranza invisibile, dice Ferragina, serve una netta rottura con il passato: con il sindacato fordista, con il Pd asservito alle politiche di austerity e con la galassia dei partitini di sinistra, ormai morti. Quello che viene prospettato è un percorso lungo, tutto da costruire, ma in direzioni del tutto nuove. Posizioni simili ha espresso, in questi mesi, Stefano Rodotà: uscire dagli schemi classici visti finora, costruire una coalizione sociale maggioritaria, senza pensare a trasformare il Pd o ad assemblare i frammenti e i gruppi perdenti della sinistra.
E Maurizio Landini? La coalizione sociale che la Fiom cerca di costruire sembra andare in questa direzione: prendere atto della crisi della rappresentanza per cercare non di ripristinare la vecchia rappresentanza ma di costruirne una nuova. L’importante è che la coalizione sociale non si affianchi come “terza forza” alla sfera politica e alla sfera sindacale così come sono, ma entri in rotta di collisione con loro per cambiarle profondamente. La crisi dei partiti ha portato al partito mediatico, leaderista e monocratico. Ma anche la crisi del sindacato non è da meno. La coalizione sociale, per Landini, è uno strumento per cambiare il sindacato ma non è lo strumento per creare un nuovo partito: deve pretendere, però, che anche i partiti cambino. Ma ecco, a questo punto, la vera domanda: è possibile riformare questi partiti? C’è da dubitare che da qualche loro costola, miracolosamente sana, possa prendere avvio una diversa direzione di marcia. Lo vedremo. Prima c’è da mettere in relazione i soggetti sociali con le reti civiche e l’associazionismo diffuso, c’è da rilanciare l’attivismo dei cittadini. C’è da costruire la vera coalizione sociale, che unisca la maggioranza invisibile.
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