Là dove c’era il gas… Sognando la California
Città della Spezia, 27 marzo 2022
Nessuno può negare, ma ipocritamente non si dice, che le pressioni dell’Europa sulla Russia per la fine della guerra in Ucraina e per il negoziato di pace sarebbero molto più incisive se il nostro continente non dipendesse così pesantemente dal punto di vista energetico dalla Russia. La verità è che se trent’anni fa avessimo preso coscienza della crisi climatica e avessimo sviluppato l’efficienza energetica e le energie rinnovabili, oggi avremmo la sovranità energetica. Ma ora non possiamo continuare nell’ipocrisia: lamentarci per la dipendenza dalla Russia e non fare nulla per ridurre gli oltre 70 miliardi di metri cubi di gas che consumiamo ogni anno.
Il governo italiano ha deciso di utilizzare sette centrali a carbone o a olio combustibile. La centrale di Spezia non è compresa, perché attualmente spenta e non autorizzata. Ma si tratta di una scelta irrilevante: se pure ripartissero 1.000 MW di potenza installata potremmo risparmiare poco più di un miliardo di metri cubi di gas.
Anche la scelta delle esplorazioni e delle coltivazioni del gas sul territorio nazionale, con l’obiettivo di raddoppiare la produzione da gas da circa 3,5 a 6-7 miliardi di metri cubi l’anno, è sostanzialmente ininfluente. La produzione nazionale di gas, anche nella ipotesi di studio di poterla realizzare completamente subito, sarebbe in grado di far funzionare appena un terzo delle centrali termoelettriche esistenti caratterizzate da una potenza complessiva pari a 120 GW, e questo con costi non trascurabili. Ed avverrebbe solo per meno di dieci anni, alla fine dei quali la risorsa sarebbe esaurita.
In entrambi i casi si danneggia l’ambiente e si resta nell’ambito delle piccole quantità: quasi nulla al confronto del contributo, rispettoso degli obiettivi climatici e di lotta all’inquinamento atmosferico, che garantirebbero l’efficienza energetica, lo sviluppo delle fonti rinnovabili, del sistema di pompaggi e accumuli e della rete di trasmissione e distribuzione (il punto debole delle rinnovabili è la loro discontinuità, per questo sono indispensabili sistemi di accumulo a batterie).
Dobbiamo quindi cambiare scenario, perché possediamo tecnologie che possono portarci nel giro di dieci anni fuori da questa situazione. Come sta facendo La Germania, che ha aperto il confronto politico sull’anticipazione al 2035 dell’obiettivo di arrivare al 100% da fonti rinnovabili per tutti i consumi elettrici.
Il nuovo scenario dovrebbe prevedere la diminuzione dei consumi di gas delle imprese e di quelli civili. Tutti i nuovi edifici dovrebbero utilizzare solo sistemi di riscaldamento a emissioni zero -con la sostituzione delle caldaie a gas con pompe di calore elettriche- mentre scelte altrettanto coerenti andrebbero prese per la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente.
Circa le rinnovabili, va considerato il dato di Terna che, a fine 2021, ha registrato richieste di connessione alla rete in alta tensione per impianti rinnovabili per circa 200 GW ascrivibili a fotovoltaico ed eolico. Un dato tre volte superiore al target da realizzare seguendo le indicazioni europee da qui al 2030. Aver sprecato, in particolare, gli ultimi cinque anni senza aver sostanzialmente realizzato nuovi impianti rinnovabili ci ha portato in questo cul-de-sac. Se avessimo continuato dopo il 2014 a installare solare ed eolico al ritmo del periodo 2008-2013 avremmo potuto ridurre di oltre il 70% le importazioni di gas dalla Russia. La decisione politica presa dai governi Monti, Letta e Renzi -un sostanziale stop alle rinnovabili- fu davvero assai poco lungimirante. Se a ciò uniamo frammentazione decisionale e burocrazia, capiamo il patatrac. Occorre quindi svoltare e scegliere. Se per l’eolico esiste un rischio paesaggistico di cui tener conto, per il solare il problema non esiste, visto che la superficie cementificata nel nostro Paese copre circa 350 metri quadri per abitante: basterebbe quindi coprire tetti, capannoni, pensiline e serre senza consumare nuovo suolo.
L’Enel -che punta forte su rinnovabili ed elettrificazione- è per la prima volta nella condizione di dettare la linea ai governi, e di esercitare, nella transizione energetica, il ruolo che fu dell’Eni di Enrico Mattei nel dopoguerra. In questo quadro l’area della vecchia centrale in dismissione a Spezia potrebbe assumere un ruolo chiave. Vi si potrebbe sviluppare una catena produttiva per liberarci dal gas che creerebbe molti posti di lavoro. La Liguria dovrebbe diventare come la California, dove lo Stato ha annunciato che investirà solo in sistemi di accumulo delle rinnovabili e chiuderà le centrali a turbogas.
Post scriptum
Le due foto (che ho scattato nel 2021) fanno riflettere. Nella foto in alto si vede l’impianto eolico realizzato al passo della Cappelletta, nella foto in basso l’impianto eolico in costruzione alle pendici del monte Scassella, lungo il sentiero tra il passo delle Cento Croci e il passo della Cappelletta. Due pale sorgeranno anche sulla vetta del monte. Ma un conto è collocare un impianto in un passo, un conto sulla vetta di un monte. Ecco perché, in Liguria e in Italia, il solare è preferibile all’eolico. Solo sui tetti abbiamo milioni e milioni di ettari…
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