Il turismo c’è, la politica lo metta al centro dell’agenda
Città della Spezia, 15 gennaio 2012 – “Turismo c’è…” è il titolo di un’utilissima ricerca commissionata dalle parti sociali (associazioni imprenditoriali e sindacati dei lavoratori) rappresentate nell’Ente Bilaterale per il Turismo. I risultati dello studio sollecitano considerazioni innovative. Ma intanto osserviamo i dati principali, che rimarcano tutti l’importanza crescente del settore turistico nell’economia provinciale.
Gli arrivi, nel 2010, sono stati 559.000, 278.000 italiani e 280.000 stranieri. Nel 2009 furono 448.000. Quindi la crisi non ci ha toccato, almeno fino a un anno fa. Il motivo principale sta nell’aumento dei turisti stranieri, che aumentano del 10% sul 2009, mentre gli italiani scendono del 10%. Circa la destinazione territoriale, il 45% si reca in Riviera, il 38% nel Golfo, il 13% in Val di Magra, il 4% in Val di Vara. 67 turisti su 100 scelgono l’hotel, 33 una struttura ricettiva diversa (campeggi, villaggi turistici, bed & breakfast, agriturismi). Vediamo le tendenze di più lungo periodo: dal 2000 al 2010 le presenze sono aumentate del 26%; del 68% nelle sole Cinque Terre, del 13% nel Golfo, mentre in Val di Magra c’è stagnazione. Qualche luogo comune viene sfatato: forse non è del tutto vero che nelle Cinque Terre “è tutto sbagliato, è tutto da rifare”, e nemmeno che la Val di Magra è il faro da cui tutto imparare. Nel decennio gli stranieri crescono del 64%, segno chiaro che la nostra economia turistica è sempre più volta all’internazionalizzazione. E che nel mondo ci conoscono non più solo per l’industria armiera e il porto, ma anche per le bellezze del paesaggio e per l’ospitalità. Le strutture ricettive alberghiere sono 210, più 16,3% sul 2000; quelle extra alberghiere 976, più 1526,7% sul 2000. I posti letto sono 23.000, 15.000 nelle strutture alternative, 8000 negli hotel: più 38% nel decennio, più 131% nelle Cinque Terre. Si vede subito il rischio, pur connaturato a un territorio che è impossibile disseminare di alberghi: il moltiplicarsi della micro-struttura ricettiva, e quindi una rete disorganica e disorganizzata, con scarsa occupazione. E tuttavia le 18.000 imprese turistiche, il 12% di tutte le imprese (nel 2003 erano 1500: più 48%), danno lavoro a 12.500 persone, il 14,7% dell’occupazione. Ma la stagionalità è rilevante, così il lavoro a tempo determinato. Infine le caratteristiche dei turisti: fanno vacanze per brevi periodi e puntano sulla qualità.
La ricerca contiene anche alcuni spunti utili alla riflessione da farsi. La nostra microimpresa, che ha per l’80% un fatturato inferiore ai 500.000 euro, è troppo piccola e poco organizzata per affrontare da sola il problema di competere sulla qualità. Perché ciò comporta conoscenze, competenze, investimenti, cultura d’impresa votata a mettere al centro il cliente nel processo produttivo, strategie di marketing in un mercato sempre più globalizzato. Bisogna dunque, conclude lo studio, “fare sistema tra le imprese, trasferendo alla rete imprenditoriale una serie di funzioni e di attività che la singola impresa non è in grado di affrontare singolarmente”. E’ un tema di fondo, di cui si discute troppo poco, della nostra economia, non solo turistica: come sostenere le piccole imprese nella competizione globale, come non lasciarle sole? Come aiutarle ad aggregarsi, a internazionalizzarsi, a fare i cambiamenti necessari, anche perché diano più occupazione, e soprattutto occupazione stabile? La domanda ne richiama un’altra: è sufficiente quanto fa il pubblico? Non bisognerebbe riflettere sulle troppe competenze disperse dei vari soggetti operanti del sistema turistico regionale (Agenzia regionale, Province, Comuni, Camere di Commercio, Parchi, Sistemi Turistici Locali)? Era proprio inevitabile dare segnali così dissonanti tra Comuni limitrofi sul punto dell’introduzione della tassa di soggiorno? La formazione, fattore strategico di competitività dell’impresa e di occupabilità dei lavoratori, non potrebbe essere più efficace? Ancora: l’enogastronomia è una delle prime motivazioni per fare turismo in Italia., e il vero valore aggiunto del prodotto locale è il suo consumo sul territorio di produzione. Come rendere più organico il rapporto tra produttori e distributori, tra operatori della filiera agro-alimentare locale e operatori turistici? Non si può parlare di turismo senza vedere la sua connessione con l’agricoltura: la manutenzione del territorio da parte dell’agricoltore è l’attività primaria per la salvaguardia del territorio stesso. Se scompare l’agricoltura scompaiono le Cinque Terre, e quindi anche il turismo: questa fu un’intuizione giusta del Parco nazionale, purtroppo solo in parte praticata. Ma da riprendere, nominando un Presidente del Parco finalmente non provvisorio. E con il sostegno della Regione: in Toscana è operativo da pochi giorni il bando che garantisce quasi 30 milioni di euro ai giovani che vogliono far nascere nuove imprese agricole. Alla Regione Liguria bisognerebbe chiedere di fare leggi analoghe, non di far costruire nelle zone alluvionali vicine ai fiumi (come chiede purtroppo qualche amministratore locale).
Infine, con la tenacia con cui l’ho fatto in tutti questi mesi, ribadisco il punto chiave: ma le elezioni a cosa servono, se non a discutere di queste e delle tante altre sfide innovative che dobbiamo affrontare? E quale modo migliore di scegliere i candidati di quello delle primarie, fuori dai calcoli cinici e quasi sempre perdenti della politica politicante? Le primarie servono perché gli attuali partiti sono in grave crisi e perché tanti cittadini aspirano a prendere la parola. Sono un confronto entusiasmante sulle idee, non un concorso di bellezza per aspiranti sindaci! Mi rivolgo soprattutto alla mia parte politica, il centrosinistra: ha vinto le elezioni amministrative nel Comune capoluogo nel 2007 con il 51% dei voti (il 59% nel 2002), mentre il suo partito principale, il Pd, ha perso 20.000 voti tra le politiche del 2008 e le regionali del 2010. Bisogna reagire liberando la politica e le sue decisioni dalla durezza delle distanze del potere e rendendola più vicina alla vita dei cittadini. Per costituire un “popolo” protagonista delle proprie scelte.
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