Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi, Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
14 Novembre 2024 – 21:22

Presentazione di
“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
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Il sogno di Lia ha cambiato la città

a cura di in data 13 Settembre 2012 – 09:15

La Spezia, Cadimare (2011) (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia – 9 Settembre 2012 – La scomparsa di Amedeo Lia, protagonista dell’ultimo ventennio della storia della città, ci rattrista e nel contempo ci invita a riflettere sul nostro passato e sul nostro futuro. E’ difficile descrivere, per chi non l’ha vissuta direttamente, la grande crisi che colpì Spezia tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90: declino dell’industria manifatturiera, disoccupazione, calo demografico, perdita di ruolo e di funzione della città. La questione ambientale fu un ulteriore elemento di aggravamento: eravamo “la città della discarica di Pitelli”, mentre il porto cresceva senza programmazione e infrastrutture. Fu una crisi assoluta, così profonda e strutturale che minò lo stesso orgoglio e senso di appartenenza degli spezzini. Un evento inatteso, la donazione dell’ingegner Lia, concorse in modo decisivo alla reazione e al riscatto della città. Così vivemmo quell’esperienza in Comune, con Lucio Rosaia indimenticato Sindaco. Custodimmo il segreto della donazione per alcuni mesi, definimmo ogni dettaglio e poi rendemmo pubblico tutto. Eravamo pronti a raccogliere la sfida che la donazione lanciava alla città: quella della centralità della cultura per la rinascita di Spezia. Innanzitutto eravamo pronti a realizzare il Museo nei tempi -strettissimi- imposti da Lia nella donazione. Scegliemmo la struttura dell’ex convento dei frati Paolotti in via Prione, da anni in degrado, nella quale pensavamo inizialmente di realizzare il Museo di arte contemporanea, a cui comunque non rinunciammo (lo costruimmo in seguito nella sede dell’ex tribunale in piazza Battisti). Ero assessore ai lavori pubblici, la responsabilità era da far tremare i polsi. Ce la facemmo grazie all’impegno di tanti, a partire dai dirigenti dell’assessorato, Claudio Canneti e Pierluigi Fusoni. Senza dimenticare l’impresa “Restauri & recuperi” di Napoli, e le sue straordinarie maestranze. Ma eravamo pronti anche ad avviare, a partire dal Museo Lia, la rinascita della città, con un programma che comprendeva la riqualificazione del centro storico, con la pavimentazione in pietra e la lotta senza quartiere al traffico automobilistico che lo invadeva e lo rendeva invivibile, la realizzazione degli altri Musei, la ristrutturazione del Teatro Civico (chiuso da anni), la nascita dell’Università. Ora che tutto questo -il riconoscimento collettivo di una nuova dimensione urbana che Spezia aveva perduto, quella del “centro”, nonché la scelta consapevole di un’economia plurale basata su vocazioni anch’esse perdute come la cultura e il turismo- è diventato da tempo realtà, non si può non riconoscere che nacque da lì: da quella donazione generosa, da quell’atto di amore e di fiducia dell’ingegner Lia nei confronti della città. Un atto che innescò un circuito virtuoso anche nel mecenatismo privato: alla donazione Lia ne seguirono altre importanti, quelle di Giorgio Cozzani e Ferruccio Battolini, che costituiscono il cuore del CAMeC, e quella dei coniugi Capellini, ospitata nel Museo del Sigillo.

La città iniziò ad offrire un’immagine di sé rinnovata, inedita. Lo si capiva meglio “da fuori”, com’è normale che sia. Ricordo che, da Sindaco, nelle altre città italiane ed europee dove mi recavo, alle tradizionali domande su “come va l’industria armiera?” o su “come va il porto?” se ne accompagnarono o sostituirono altre, tipo appunto “coma va il Museo Lia?”. Questa domanda me la fecero sia Romano Prodi, da Presidente della Commissione europea, che Carlo Azeglio Ciampi, in visita come Presidente della Repubblica. Suggerisco, per capire bene di che si tratta, la lettura, che feci attentamente, dei registri dei visitatori del Museo: migliaia di cittadini italiani e di tutto il mondo vi hanno scritto parole di elogio e di ammirazione.

La Spezia, Cadimare (2011) (foto Giorgio Pagano)

Naturalmente per la cultura in città molto altro resta da fare. Dobbiamo riflettere su strumenti di promozione e di gestione non solo più efficaci, ma anche più in grado di favorire la partecipazione dei privati, delle associazioni, dei “cittadini attivi”. Amedeo Lia era molto attento e propositivo su questi punti. Non era, insomma, il rappresentante di una concezione sacrale ed elitaria della cultura. L’arte era per lui il luogo dove la gente si incontra. Ecco perché era entusiasta di tutta l’opera di promozione culturale che il direttore del Museo Andrea Marmori e i suoi collaboratori organizzano: laboratori didattici, rapporti con le scuole, iniziative per avvicinare al Museo un pubblico largo e per eliminare steccati e barriere. Lia era convinto che il Museo dovesse essere, certo, luogo della conservazione e della memoria, ma anche di civilizzazione e di formazione dei cittadini, a cominciare dai bambini. E che fosse importante mantenere sempre vivo l’interesse del pubblico, offrendogli servizi, spazi e allestimenti ad hoc: per questo volle aggiungere al Museo, a sue spese, una sala polivalente, per mostre e incontri. Lia, infine, insisteva giustamente su una maggiore capacità di promozione del Museo a livello nazionale e internazionale, con adeguate politiche di comunicazione e di marketing. Politiche che, in ogni caso e tanto più in una fase di risorse scarse, possono però essere efficaci solo se praticate su scala comunale e sovracomunale, anziché museo per museo. E’ una riflessione che riporta alla necessità che, in campo culturale, si operi sempre più in una logica di sistema e di rete, contro ogni particolarismo.
Lia ci mancherà. Da lui abbiamo imparato tante cose, sull’amore per la città ma anche sull’arte e sul legame che l’arte ha con la vita quotidiana dei cittadini e dei bambini. Non sempre siamo riusciti a metterle in pratica compiutamente. Alle nuove generazioni non mancherà l’occasione di guardare a lui con spirito nuovo, per continuare il nostro lavoro e per fare meglio di noi.

lucidellacitta2011@gmail.com

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