Presentazione di “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello – Giovedì 19 dicembre 2024 ore 17 a Porto Venere – Ristorante La Marina Calata Doria
15 Dicembre 2024 – 19:29

Presentazione di
“Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”
di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello
Giovedì 19 dicembre 2024 ore 17
Porto Venere – Ristorante La Marina Calata Doria
I due …

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Il popolo dei festival chiede una nuova città e una nuova politica

a cura di in data 3 Ottobre 2012 – 09:47

Mostra fotografica a cura di Enrico Amici "La Paura" 12-29 gennaio 2011, Archivi multimediali Sergio Fregoso (2010) (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia – 30 Settembre 2012 – Settembre è il mese dei festival della cultura. Qualche volta, nel corso degli anni, sono riuscito ad andare: al festival della Mente a Sarzana e a quello della Filosofia a Modena, Reggio e Carpi. Ma ve ne sono tantissimi altri, dedicati alla letteratura, alla lettura, alla spiritualità, alla scienza, all’economia, al diritto… In tutti i casi la partecipazione è amplissima: piazze e strade, teatri e tendoni si riempiono per ascoltare parole che fanno pensare. Il pensiero, declamato pubblicamente, perde la sua astrattezza e si avvicina alla vita delle persone. C’è sempre il rischio della spettacolarizzazione, del gusto per l’evento mediatico a scapito della riflessione approfondita, all’altezza cioè della complessità dei problemi del nostro tempo. Ma le esperienze migliori sanno rifuggire dalla banalizzazione e diventano importanti momenti di democrazia e di divulgazione culturale. In antitesi a due tendenze: quella alla cultura elitaria e accademica, incapace di comunicare, e quella, oggi dominante, alla manipolazione e alla mistificazione culturale. Nel nostro tempo la politica da un lato è sempre più populistica, il che comporta appunto manipolazione e mistificazione: anche la grande occasione rappresentata dal web viene usata per l’invettiva. Ma la politica, dall’altro lato, è anche sempre più tecnocratica e asservita all’economia, il che comporta un altro tipo di manipolazione e mistificazione, quella dei sistematici luoghi comuni per i quali non esiste mai un’alternativa alle idee dominanti (si pensi appunto all’economia). In realtà il nostro mondo complesso si conosce e si cambia con il pensiero critico e problematico, non con l’invettiva populistica e nemmeno con la semplificazione tecnocratica.

L’esperienza dei festival riempie quindi un vuoto, in un momento i cui si avvertono la crisi della politica e i suoi riflussi populistici e tecnocratici, che si alimentano a vicenda svuotando la democrazia. Come spiega l’antropologo Marino Niola, il popolo dei festival esprime una domanda di cultura ma anche di cittadinanza. Questa “marea umana che occupa le città è orfana della polis”. E tenta “di ricostruirla dal basso, colmando il vuoto aperto in questi anni da una politica sempre più lontana dai bisogni, dagli ideali, dai desideri”. Così, aggiunge Niola, “gli spazi urbani diventano agorà del pensiero, dove si delineano le nuove topografie dello spazio sociale”.
Il tema del “ritorno alla polis”, come ho cercato di spiegare nel mio ultimo libro e come molto meglio di me sostengono autorevoli studiosi, è dunque centrale. Riguarda le città e riguarda la politica. I legami tra le persone si dissolvono, i vincoli comunitari si erodono, polverizzandosi in una folla di solitudini. La città è sempre meno luogo di coesione sociale, in cui sostare, riconoscersi, intrecciare relazioni, occuparsi e curarsi degli altri, dialogare con le idee. Bisogna ritornare all’origine, mai del tutto cancellata, della polis. Il che comporta dotarsi di un programma di impegno e di lotta, che riguarda più campi. Quello urbanistico, per la riconquista di una dimensione sociale della pianificazione territoriale che porti alla riconquista della Città Pubblica e degli spazi pubblici: gli spazi aperti, i luoghi della cultura, dell’incontro e della socialità, le piazze e i parchi urbani, senza i quali la vita pubblica si impoverisce. C’è poi il campo sociale, per la riconquista di quel welfare che è sempre più privatizzato e incapace di dare risposte ai cittadini più deboli: stiamo passando dalla lotta alla povertà alla lotta ai poveri. Il “ritorno della polis” è dunque anche il ritorno della Città Solidale, di forme di vita associata: non solo servizi, ma coinvolgimento degli anziani nelle attività di quartiere, centri civici e culturali, banche del tempo, facilitazione d’uso di locali ai giovani per attività culturali… E quindi festival della cultura che non si esauriscano in pochi giorni, con il rischio che non comportino mutamenti significativi nelle coscienze e nei comportamenti, ma durino tutto l’anno, facendo vivere le suggestioni creative dei giorni dei festival in attività educative e culturali permanenti nelle scuole e nei quartieri. La Città Solidale aiuta a vincere i modelli competitivi di relazione umana, la segregazione e la paura. Ed essa spesso non ha bisogno di soldi per essere attiva, ma solo di organizzazione, della creazione di una rete di relazioni che riempiono di vita il territorio. C’è, infine, il campo di ciò che Niola definisce la cittadinanza, cioè la partecipazione dei cittadini attivi e competenti. Il “ritorno della polis” è anche il ritorno della Città Partecipata, della progettazione della città con il dialogo, della ricerca dell’accordo e della cooperazione nell’agorà. Tema decisivo in una fase in cui la distanza tra governanti e governati è diventata enorme.
Ma il “ritorno della polis” nelle città è un obbiettivo possibile? La risposta, come si diceva, deve venire soprattutto dalla politica, dalla sua capacità di riconnettersi con i “mondi della vita” e di mantenere alla città la sua dimensione pubblica, senza subalternità all’ideologia neoliberista della privatizzazione degli spazi e dei servizi. La critica a questa ideologia combatte nelle città le manifestazioni urbanistiche e sociali di un problema più generale: lo svilimento della sfera pubblica nella società contemporanea. La partecipazione lascia il posto a un rapporto distaccato con la cosa pubblica, in un contesto di progressiva erosione dei legami sociali, mentre avanza la crisi dei partiti e dei corpi intermedi e la politica democratica sottostà al potere dell’economia. E tuttavia, nelle città, appare un nuovo civismo: sono i cittadini che affollano i festival, sono gruppi e associazioni che rivendicano lo spazio pubblico e combattono il privatismo individualistico. Solo guardando a queste forze, pur disordinate e frammentate, la politica democratica potrà tornare ad avere un ruolo.

lucidellacitta2011@gmail.com

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