Il “Mai più” è tragicamente urgente
Città della Spezia 28 gennaio 2024
Se vogliamo che il Giorno della Memoria non sia solo un rito dobbiamo cercare di capire qual è il terreno sociale e culturale che ha preparato quel crimine unico nella storia dell’umanità che è stata la Shoah. Come poté la civiltà europea amputare una parte di se stessa? Dobbiamo capire quel che successe allora: perché se tutto è Shoah, niente è Shoah.
Nell’articolo della rubrica dello scorso anno scrivevo:
“Hitler ha voluto il caos, l’ha alimentato, per poter poi assumere l’incarico di governarlo come padrone assoluto, come ‘salvatore’. Cercando un nemico da additare alle masse: gli ebrei, le razze non ariane, i bolscevichi”.
E citavo la celebre lettera di Primo Levi, ebreo deportato, “Al visitatore di Birkenau”:
“La storia della deportazione e dei campi di sterminio, la storia di questo luogo non può essere separata dalla storia delle tirannidi fasciste in Europa: dai primi incendi delle Camere del Lavoro nell’Italia del 1921, ai roghi di libri sulle piazze della Germania del 1933, alla fiamma nefanda dei crematori di Birkenau, corre un nesso non interrotto”.
Il Presidente della Repubblica è intervenuto su questo punto in un discorso di grande spessore, pronunciato venerdì 26 gennaio. Leggiamone un brano:
“Auschwitz spalancava – e spalanca tuttora – i suoi cancelli su un abisso oltre ogni immaginazione. Un orrore assoluto, senza precedenti – cui null’altro può essere parificato – ideato e realizzato in nome di ideologie fondate sul mito della razza, dell’odio, del fanatismo, della prevaricazione. Un orrore che sembrava inconcepibile tanto era lontano dai sentimenti che normalmente si attribuiscono al genere umano.
Eppure Auschwitz e tutto il meccanismo di sterminio – che ha inghiottito milioni di ebrei, e anche appartenenti al popolo Romanì, omosessuali, dissidenti, disabili, testimoni di Geova – sono stati concepiti e realizzati da menti umane. Menti che, per quanto perverse, hanno sedotto, attratto e spinto alla complicità centinaia di migliaia di persone, trasformate in ‘volenterosi carnefici’ secondo la lucida definizione di Daniel Goldhagen”.
Le ideologie alla base della Shoah furono quelle del fascismo e del nazismo. Leggiamo ancora Mattarella:
“Non si deve mai dimenticare che il nostro Paese, l’Italia, adottò durante il fascismo – in un clima di complessiva indifferenza – le ignobili leggi razziste: il capitolo iniziale del terribile libro dello sterminio; e che gli appartenenti alla Repubblica di Salò collaborarono attivamente alla cattura, alla deportazione e persino alle stragi degli ebrei”.
La Shoah non è dunque una questione che riguarda solo gli ebrei: riguarda il mondo intero, e la civiltà occidentale in particolare. Non sempre lo si fa, ma è inevitabile collegare strettamente 27 gennaio e 25 aprile, dal momento che se si pensa alla Shoah non si può non pensare anche al nazifascismo che l’ha generata, e alla Resistenza che ha impedito che continuasse fino allo sterminio totale. Certamente non si può non pensare alla componente ebraica della Shoah, cioè al popolo che ebbe il maggior numero di vittime. Ma la Shoah va pensata come un male che non è fuori dalla storia: e la storia è quella del nazifascismo e della Resistenza.
Detto questo, l’orrore della Shoah va certamente riportato anche nell’attualità e nelle sue tragedie. E quindi al barbaro attacco di Hamas del 7 ottobre e all’orribile massacro e ai crimini di guerra compiuti per reazione da Israele a Gaza. Il “Mai più” è tragicamente urgente. Non dobbiamo confondere la Shoah con Hamas o con Netanyahu: la Shoah è un abisso che non ha paragoni. Però, oggi più che in passato, possiamo meglio rispondere all’interrogativo “Come è potuto accadere” e meglio impegnarci per il “Mai più” proprio perché la guerra e la disumanità sono tornate nelle nostre vite.
Il Giorno della Memoria ha coinciso, nel 2024, con un fatto storico: la Corte Internazionale dell’Aja ha accolto le richieste avanzate dal Sudafrica affinché vengano applicate misure immediate in prevenzione di un genocidio compiuto da Israele a Gaza. Il grande intellettuale palestinese Edward Said parlava spesso della difficoltà a riconoscere “le vittime delle Vittime”. Oggi non dimentichiamo l’unicità della Shoah ma siamo costretti a riconoscere che anche lo Stato ebraico di Israele è imputabile di crimini contro l’umanità.
Israele è oggi di fronte alle sue responsabilità. Così gli Stati che l’hanno appoggiato, che non devono permettere che gli obblighi di Israele siano disattesi.
Ritorna la necessità dei “Giusti”, secondo una terminologia cara al popolo ebraico perseguitato. Così è stato nel momento dell’abisso. Mattarella lo ha ricordato:
“Nel buio più fitto, nella lunga e oscura notte dell’umanità, prendendo a prestito un’immagine di Elie Wiesel, tante piccole fiammelle hanno indicato una strada diversa dall’odio e dalla oppressione”.
Erano persone che rischiavano la vita, e a volte l’hanno perduta, per salvare gli ebrei. I “Giusti” ci insegnano a non girare la testa, a non rivolgere lo sguardo altrove.
Ci sono i “Giusti” in prima linea. Sono i molti volontari che aiutano e soccorrono senza armi, nel conflitto israelo-palestinese come in quello russo-ucraino. Da entrambe le parti ci sono dei “Giusti” che non hanno ceduto alla politica della violenza, e che sono rimasti umani in un mondo disumanizzato. Tutti noi possiamo cercare di essere un poco “Giusti” impegnandoci per la Pace. Sappiamo quanto sia difficile negoziare tra israeliani e palestinesi, e tra russi e ucraini. Ma l’alternativa della guerra infinita non è certo la migliore.
Post scriptum
L’articolo odierno è dedicato a Enrico Colombo, giornalista spezzino, simbolo dell’epoca delle “radio libere” e delle “televisioni libere”. Ho sempre apprezzato la sua cultura e la sua gentilezza, fin dall’impegno comune nell’emittente “Uno Tv” e poi in una lunga storia di collaborazioni per “Tele Liguria Sud”. Nel 2005 partecipammo insieme al pellegrinaggio nei campi di sterminio nazisti, con i deportati e i ragazzi delle scuole, nel Sessantesimo della Liberazione. Un viaggio indimenticabile, da cui Enrico trasse il bellissimo documentario “Conoscere per non dimenticare”, adottato da allora in tante scuole della Provincia.
Sull’argomento rimando a questi articoli della rubrica:
“Alfredo Angeloni: una voce della memoria dai campi di sterminio”, 27 gennaio 2013
“La dolcezza e la serenità di Bianca”, 10 marzo 2013
“Storia di Adriano, deportato a 17 anni”, 24 novembre 2013
“Migliarina ricorda”, 23 novembre 2014
“Aiuta una persona, fallo adesso”, 29 gennaio 2016
“Mirella Stanzione e le rose di Ravensbruck”, 2 aprile 2017
“Il Porrajmos, l’altro Olocausto”, 5 agosto 2018
“La Shoah e la responsabilità individuale”, 27 gennaio 2019
“Viviamo ancora all’ombra di Auschwitz”, 26 gennaio 2020
“Gli spezzini nel borgo delle Orobie, una storia che fa credere nella vita”, 7 febbraio 2021
“Auschwitz, l’indicibile non è incomprensibile”, 23 gennaio 2022
“Che cosa rimane della Shoah”, 5 febbraio 2023
E all’articolo su www.micromega.net:
“La vittima, il persecutore e la necessità della riflessione storica”, 27 gennaio 2022
La foto in alto ritrae un monumento eretto nel campo di Mauthausen, che riporta i versi finali della poesia “Germania” di Bertolt Brecht, scritta nel 1933, all’avvento del nazismo: “O Germania, pallida madre! Come t’hanno ridotta i tuoi figli, che tu in mezzo ai popoli sia o derisione o spavento!”
La foto in basso ritrae due forni crematori a Mauthausen.
lucidellacitta2011@gmail.com
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