Il cammino per diventare una green city
Città della Spezia – 10 Novembre 2013 – La bellezza delle città sta nella composizione armoniosa di strade, piazze e palazzi. La città è innanzitutto pietra. Ma nelle città, perlomeno dai giardini di Babilonia in poi, alla pietra e agli altri materiali con cui sono state costruite ha fatto da contrappunto la presenza progettata di elementi naturali: piante, fiori, alberi. In particolare nell’Ottocento, con la nascita della città del capitalismo e delle fabbriche, nasce anche il verde pubblico, e si realizzano i primi giardini pubblici.. Anche a Spezia: alla pietra della città medievale e poi di quella ottocentesca si accompagna la creazione del “Prato”, che si espande ai primi del Novecento nell’area che corrisponde agli attuali Giardini chiamati appunto “storici”. Nella seconda metà del secolo scorso, in seguito all’estensione delle urbanizzazioni, il verde entra obbligatoriamente nelle dotazioni pubbliche necessarie, i cosiddetti standard urbanistici. Si creano nuovi parchi e aree verdi di quartiere. Da noi, per esempio, i parchi della Maggiolina e del Colombaio.
Da allora molte cose sono cambiate, e altri mutamenti si prospettano all’orizzonte. Il verde in città è considerato sempre più importante non solo dal punto di vista estetico, ma anche da quello ambientale, perché combatte l’inquinamento atmosferico e acustico, e da quello sociale, perché è occasione di convivialità e di incontro. Non solo: le esperienze più avanzate ci mostrano come oggi sia estremamente accattivante utilizzare lo spazio verde per muoversi in città, con la creazione di percorsi ciclo-pedonali nel verde alternativi alle strade trafficate dalle auto. Il mio osservatorio di segretario della Rete delle Città Strategiche (ReCS), l’associazione delle città italiane impegnate nella pianificazione strategica, che ha estese relazioni con le tante città strategiche europee, è un punto privilegiato per capire come il tema “rinverdire la città” sia oggi prioritario nelle realtà urbane di eccellenza. Proprio su questo punto sono stato chiamato a relazionare nei giorni scorsi alla “Scuola – Lab sul Green Urbanism,” nello splendido scenario del lago di Massaciuccoli. L’occasione può offrire qualche spunto di riflessione, come vedremo, anche per la nostra città.
Va detto innanzitutto che negli anni della “deregulation” urbanistica le città che hanno elaborato e attuato la pianificazione strategica sono andate in generale in direzione contraria rispetto alla privatizzazione cementificatrice, pur pagando qualche prezzo all’ideologia dominante. In queste città, cioè, si è mantenuta ancora abbastanza forte la regolazione politica, che contrasta il puro affidamento al mercato. I risultati, dunque, non sono mancati, soprattutto in Europa.
Non a caso sono state le città impegnate nella pianificazione strategica quelle che si sono di più e meglio cimentate nell’urbanesimo verde. Si guardi a Barcellona, città strategica per antonomasia (il primo Piano è del 1990): l’attenzione alla sostenibilità ambientale, agli spazi pubblici, al verde urbano e all’edilizia sociale ha caratterizzato le scelte urbanistiche, e la città si presenta meno socialmente polarizzata e più attenta alle risorse ambientali di molte altre metropoli europee. Il Piano strategico di Barcellona ha portato al recupero di 200 ettari di terreno urbano destinandolo a parco, mentre le aree forestali della collina sono state attrezzate e rese fruibili alla collettività. Un’esperienza altrettanto significativa è quella di Monaco. Nel Piano della capitale bavarese il verde urbano e la mobilità sostenibile sono gli assi di fondo. Il sistema del verde ha una funzione estetica, ecologica, sociale, ma è anche il legame tra le diverse zone della città, innanzitutto grazie alle piste ciclo-pedonali, parte integrante di un processo di forestazione urbana. La quota di verde pubblico è pari al 18% dell’intera superficie urbana. Al sistema concorre in modo decisivo il verde privato: giardini, cortili verdi, parchi condominiali, orti sociali. E grande è l’attenzione all’impiego del verde architettonico sugli edifici: tetti verdi, giardini pensili, verde alle pareti con rampicanti. Le finalità dei due Piani sono identiche, anche se gli strumenti sono in parte diversi: se Monaco si caratterizza per le piste e la forestazione urbana, a Barcellona spiccano i giardini storici e gli orti sociali. Un altro esempio rilevante è Lione, con il progetto Lyon Confluence, che prevede la valorizzazione delle sponde del fiume Saone attraverso sistemazioni paesaggistiche e nautiche (porto e parco), con l’obbiettivo finale della continuità tra tutte le passeggiate fluviali e i parchi che si affacciano su Saone e Rodano, l’altro fiume che bagna la città.
E in Italia? Colpisce la trasformazione di Torino, città in cui la qualità urbana e il verde pubblico sono molto cresciuti, in tutti i quartieri: non a caso il Progetto Periferie è parte integrante del Piano. Molti altri Piani strategici hanno il verde al centro. Quello di Firenze, per esempio, si propone di ampliare l’offerta di parchi urbani, operando un collegamento di vaste aree verdi già strutturate a parco, dislocate lungo l’Arno. Mentre Pisa si propone il raddoppio del verde in città e progetta interventi di rinaturalizzazione dell’ambiente urbano.
Sono terreni battuti, da noi, solo in parte e da poco tempo rispetto alle città europee più avanzate. Servono, dentro i Piani strategici e quelli urbanistici, i Piani del paesaggio e i Piani del verde. I primi sono necessari per analizzare i quadri conoscitivi dei sistemi e degli ambiti di paesaggio, mentre ai secondi va delegata la definizione della strategia e degli indirizzi anche economici di gestione. Che cosa si intende per strategia? Innanzitutto l’affiancamento del verde ornamentale (parchi e giardini) al verde territoriale (agricoltura urbana, orti sociali, boscaglie, siepi, prati), nel nome di un sistema del verde unitario, senza soluzioni di continuità. Ma anche il tema delle green ways di collegamento, cioè del verde come strumento nuovo della mobilità urbana. E il tema della rinaturalizzazione o rivegetalizzazione dell’ambiente urbano: il verde architettonico dei giardini verticali e dei tetti, quello industriale delle pareti e dei parcheggi verdi, ecc.
E ora qualche riflessione su Spezia. Il Piano strategico conteneva anche il Progetto Quartieri: fu una scelta analoga a quella di Torino, che elaborai insieme all’allora Sindaco della città sabauda Valentino Castellani e ai Sindaci di alcune città tedesche, in un piccolo seminario per i primi Sindaci impegnati -da “pionieri”- nella pianificazione strategica, organizzato da un’associazione di amicizia tra Italia e Germania. Risultato: tra il 1997 e il 2007 furono realizzate o ristrutturate 21 aree verdi e 16 piazze, dotando per la prima volta tutti i quartieri di almeno uno spazio pubblico per la socialità. Iniziò la costruzione di una vasta rete di piste ciclabili, che doveva connettere tutte le principali aree verdi, le scuole, la Stazione, dalle Pianazze fino a Marola. Progettammo inoltre il Parco dell’arco collinare, che ha come dorsale il sentiero dell’Alta Via del Golfo, collegato con i Parchi di Portovenere e delle Cinque Terre da un lato e con quello di Montemarcello-Magra dall’altro, oltre che con le aree verdi della città attraverso scalinate e sentieri.
Il Comune, in seguito, si è dato un altro obbiettivo ambizioso: il progetto “Campagna Urbana”, che si propone di riattivare pratiche di uso agricolo del territorio in aree abbandonate al confine con la città. Si tratta ora di passare alla fase attuativa dei diversi progetti. Si sta lavorando al Parco dell’area collinare, mentre il progetto “Campagna urbana” è al nastro di partenza. La costruzione della rete delle piste, invece, si è fermata: mancano ancora i collegamenti da Fabiano a Marola e quello con la Stazione dalla pista di Rebocco, che in entrambi i casi prevedono l’utilizzo dei binari ferroviari dismessi; e il corridoio verde che dovrebbe unire tutti i parchi lungo l’Aurelia, dal Limone alle Pianazze. I privati, inoltre, devono realizzare un grande parco urbano nell’area ex Ip. Peccato che il Comune, nella realizzazione della viabilità di collegamento di quest’area con la città, non abbia previsto percorsi ciclo-pedonali. Occorrerà rimediare, se vogliamo che quel parco faccia parte di una connessione verde e sia in questo modo fruibile da tutti. Altro punto critico è quello del recupero delle alberate urbane: che peccato per quei platani di viale Amendola! E poi quello della progettazione partecipata applicata al verde urbano, che pur diede risultati assai positivi in passato (si pensi al parco della Pianta, progettato dai bambini). Ma su questo punto, nonostante tutto, qualcosa sta cambiando: se il restyling di piazza Verdi non è certo un esempio positivo, alla fine, invece, lo è diventato quello di scalinata della Cernaia, grazie alla spinta dei cittadini poi recepita dal Comune. Insomma: resta tanto da fare, ma a poco a poco possiamo diventare anche noi una “green city”. La prossima tappa deve essere quella dei fondi europei 2014-2020. L’Unione europea vuole assegnare alle città un ruolo da protagoniste, ma chiede grandi azioni integrate, non piccoli progetti. E mette al centro il tema della sostenibilità ambientale. E’ realistico pensare a una pista ciclabile del Golfo dei Poeti, che unisca Spezia a Lerici e a Portovenere e che connetta il Golfo alla Val di Magra, da Sarzana a Ortonovo e a Marinella, fino alle piste della Versilia e della Toscana. Diventerebbe il grande simbolo identificativo di un territorio “green”, che crede nell’ambiente, nella qualità della vita, nel turismo “attivo” e sostenibile.
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