Presentazione di “Tra utopia e realismo. Appunti sul Sessantotto” – Mercoledì 18 Settembre ore 21 – Circolo Arci Solaro a Lerici, dialogo tra Giorgio Pagano e Roberto Centi – Un’intervista e una recensione sul libro
11 Settembre 2024 – 08:07

Presentazione di
“Tra utopia e realismo. Appunti sul Sessantotto”
Mercoledì 18 Settembre ore 21 – Circolo Arci Solaro a Lerici
dialogo tra Giorgio Pagano e Roberto Centi
Un’intervista e una recensione sul libro
Mercoledì 18 settembre alle ore 21 al …

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Eros, un sovversivo spezzino a New York

a cura di in data 16 Agosto 2024 – 12:52

Eros Papini, anni Venti
(Archivio famiglia Papini-Rosati)

Città della Spezia, 21 gennaio 2024

Nel 1923 Eros Papini aveva ventuno anni: era nato a Castellammare di Stabia il 28 gennaio 1902. Il padre, Papiniano, era stato una delle 19 vittime della strage fascista del gennaio di quell’anno alla Spezia: una rappresaglia feroce contro l’uccisione del fascista Giovanni Lubrano nella notte tra il 21 e il 22 gennaio. Lubrano, in realtà, non era stato ucciso dai sovversivi ma da due fratelli legati al Fascio. La furia squadrista esplose già nella notte del 21, e poi per tutta la giornata del 22 e nella notte successiva. Ho raccontato l’eccidio cento anni dopo in questa rubrica (“L’orribile strage del gennaio 1923”, 22 gennaio 2023).
Papiniano fu ucciso con un colpo di rivoltella alla testa e gettato nel canale della Sprugola. Abitava in via Napoli. Secondo i giornali era un operaio cinquantenne dell’Arsenale, comunista. Aveva cinque figli: Eros, il maggiore, Bruno, Velia, Iolanda e Argentina detta Tina. Il nipote di Velia, Gianluca Rosati, mi ha detto che non è certo se Papiniano fosse dipendente dell’Arsenale o di una ditta che lavorava per l’Arsenale. Sicuramente la sua era un’occupazione legata alla Marina. Per questo aveva girato l’Italia: non a caso Eros era nato a Castellammare, e una sorella a Taranto. E sicuramente era comunista, iscritto al partito fin dalla fondazione, nel 1921.
ll giornale filofascista “Il Tirreno” riferì che, dopo l’uccisione, “i parenti sono venuti a trovarci nella nostra redazione a dichiararci che deve escludersi in modo assoluto l’ipotesi anche lontana che il loro congiunto sia rimasto vittima di un’aggressione fascista”. Ovviamente i familiari cercarono di dissimulare per evitare che i fascisti si accanissero anche sui figli di Papiniano. Ma fu inutile. In un giorno del 1923 Eros – racconta Gianluca – era seduto in una panchina di piazza Brin, quando vennero i fascisti a “cercare i figli di Papiniano Papini”. Eros scappò, fu ferito da un colpo di rivoltella ma riuscì a salvarsi: si rifugiò in Arsenale, dove stava facendo il servizio militare, e salì a bordo di una nave americana lì ormeggiata. Il capitano lo nascose, salvandogli la vita. Il ragazzo di piazza Brin arrivò in America: in Texas, poi a New York, dove visse fino alla morte. Una volta fu operato di ernia, gli trovarono il proiettile fascista che aveva ancora in corpo.

Papiniano Papini, anni Venti
(Archivio famiglia Papini-Rosati)

Eros morì a 76 anni, nel 1978. Il 18 marzo di quell’anno il quotidiano newyorchese “Daily World” pubblicò l’articolo “Un lavoratore antifascista italiano ricordato dagli amici”. Dopo aver ricordato l’uccisione di Papiniano, “membro del Partito Comunista in Italia” da parte dei fascisti, il tentativo di uccidere Eros e la sua fuga, il giornale così proseguiva:
“Divenne marinaio mercantile e ultimamente operaio. Ha contribuito a organizzare i disoccupati e ha preso parte all’organizzazione di molti sindacati, in particolare dell’Unione dei Lavoratori dei Trasporti. Per molti anni, fino alla fine della sua vita, fu un fedele sostenitore e divulgatore del quotidiano progressista in lingua italo-americana ‘L’Unità’ e del “Daily World’. Molte sue lettere al ‘Daily World’ furono spesso pubblicate. Uno dei suoi beni più preziosi era la sua tessera associativa all’Associazione dei Perseguitati Politici Italiani Antifascisti, firmata dal suo segretario generale Umberto Terracini […] Gli sopravvivono il figlio e la nuora negli Stati Uniti, e gli altri parenti in Italia”.
Era già morta la moglie Rosa, ebrea russa fuggita da un progrom – un attacco antisemita – dello zar. L’aveva conosciuta in America: lei, ad Ellis Island, il punto d’ingresso per gli immigrati che sbarcavano negli Stati Uniti, era riuscita a farsi passare come italiana. Ed era già morto l’altro loro figlio, sotto le armi, durante le esercitazioni per la guerra in Vietnam. Il figlio sopravvissuto, Michael, ora vive in Italia, nella terra del padre.
Eros tornò nel Paese natio solo una volta, pochi anni dopo la fuga. Date le circostanze della partenza, era arrivato in America senza documenti. Durante un viaggio in nave – era un marittimo – sbarcò a Livorno e si precipitò a Spezia a prendere i documenti del fratello Bruno per poi tornare a bordo. Per qualche tempo in America Eros veniva chiamato Bruno. Fu anche disoccupato, poi trovò il lavoro come operaio.
Dal “Daily Word”, dalla testimonianza di Michael e dai ricordi di Gianluca, emerge che Eros era comunista. Secondo la polizia politica, che lo aveva schedato e lo “vigilò” fino al 1960, era “anarchico”. Ma spesso i due modi di essere “sovversivi” venivano confusi. Dal fascicolo del Casellario Politico Centrale apprendiamo che Eros fu sempre “vigilato” dal Consolato italiano a New York: classificato come disertore – per questo fu condannato dal Tribunale della Spezia e colpito da un mandato di cattura il 10 agosto 1925 –, in America fu arrestato e condannato a tre mesi di carcere nel 1930 per “attentato alla libertà del lavoro”. Evidentemente per l’organizzazione di scioperi. Ancora il 16 febbraio 1960 una guardia di P.S. scriveva al Questore della Spezia: “si presume risieda tuttora all’estero”.
Gianluca mi ha dato copia di alcune lettere – avute da Michael – che Eros ricevette dai familiari. Il fratello Bruno, anche lui minacciato dai fascisti, era scappato in Francia e si era arruolato nella Legione Straniera, per poi pentirsene amaramente, sia per la durezza della vita militare sia per i misfatti a cui dovette assistere – ha foto da far vedere a Eros di “arabi impiccati nella piazza pubblica di Damasco”, di “un arabo legato alla ruota di un cannone”, di “ribelli morti per terra”. Tornato in Italia a metà degli anni Trenta fece vita grama.

La mamma Giuseppina, la vedova di Papiniano, nel 1932 ringraziava Eros per l’aiuto economico, che aveva evitato lo sfratto causato dal mancato pagamento dell’affitto (ammontava a 113 lire al mese, la pensione di Giuseppina a 214 lire). Nel 1936 era tornato Bruno, e la sorella Iolanda scriveva che lui era disoccupato, che erano poveri e che lei si sposava con “un bravo giovane e un po’ di biancheria me l’ha fatta lui”. Nel 1937 la mamma ringraziava ancora per i soldi ricevuti e scriveva: “Qui le cose vanno sempre peggio e la miseria aumenta sempre, Bruno è sempre disoccupato e lo mantengo io, e non vi è neppure la più tenue speranza di trovare lavoro, credi io sono proprio disperata […] e non so se ciò possa durare ancora tanto. Alcuni mesi fa Bruno era andato a lavorare a Genova dove guadagnava parecchi soldi al giorno, ma il destino ci perseguita sempre perché dopo dieci giorni di lavoro è ritornato a casa perché la questura non ha voluto che lavorasse fuori Spezia, essendo sprovveduto della tessera del fascio, e oggi qui senza quella non si lavora”.
In una lettera del 10 giugno 1945 Giuseppina scriveva a macchina su carta intestata “Partito Comunista Italiano Sezione piazza Benedetto Brin”: “Caro Eros, è per mezzo di un soldato americano che ti invio questa lettera, come vedi dopo tanto disastro sono sempre in vita [..] Abbiamo subito molti dolori per via dei fascisti, Bruno è andato ai monti prima della Liberazione ed ora la nostra situazione è alquanto brutta finanziariamente”.
La storia di Eros e della sua famiglia ci racconta che cosa caratterizzò il fascismo: il grande flusso migratorio all’estero degli antifascisti e dei disoccupati, la soppressione di tutte le libertà, la politica sociale antioperaia, i bassi salari, dal 1929 la disoccupazione massiccia, la corruzione dilagante a favore di chi aveva la tessera.
Ma ci racconta anche la resistenza alla fascistizzazione durante il ventennio. La forza, quasi religiosa, dell’opposizione comunista, ma anche delle altre opposizioni. L’importanza della famiglia, macchina di isolamento dalla società ma al tempo stesso di difesa solidale: i Papini, perseguitati e poverissimi, si opposero sempre, non si arresero mai e alla fine riuscirono a conquistare un po’ di libertà e un po’ di dignità.

Post scriptum
Le foto in alto sono di Eros Papini, quella in basso di Papiniano Papini. Risalgono tutte agli anni Venti e appartengono all’archivio delle famiglie Papini e Rosati.
Sulla strage del gennaio 1923 rimando a questi miei articoli:
“L’orribile strage del 22 gennaio 1923”, Città della Spezia, 22 gennaio 2023
“La Spezia 1923, i giorni del terrore”, Il Secolo XIX nazionale, 22 gennaio 2023, leggibile su www.associazioneculturalemediterraneo.com
“1923, la strage squadrista del fascismo di governo”, www.patriaindipendente.it, 22 gennaio 2023

lucidellacitta2011@gmail.com

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