Presentazione di “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello – Giovedì 19 dicembre 2024 ore 17 a Porto Venere – Ristorante La Marina Calata Doria
15 Dicembre 2024 – 19:29

Presentazione di
“Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”
di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello
Giovedì 19 dicembre 2024 ore 17
Porto Venere – Ristorante La Marina Calata Doria
I due …

Leggi articolo intero »
Crisi climatica e nuove politiche energetiche

Economia, società, politica: anticorpi alla crisi

Quale scuola per l’Italia

Religioni e politica

Ripensare il Mediterraneo un compito dell’Europa

Home » Città della Spezia, Rubrica Luci della città di Giorgio Pagano

Enel, è il tempo dei costruttori

a cura di in data 14 Febbraio 2021 – 19:25

La Spezia, arcobaleno da Fossitermi
(2013) (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia 31 gennaio 2021

PERCHE’ NO ALLA NUOVA CENTRALE A GAS
Leggo la discussione in città sull’Enel e mi viene in mente il giovane Marx, secondo cui la buona politica sa che la “franca confessione ha già la forza del riscatto”. Bisogna “confessare” come stanno le cose: interpretare i fatti, valutarli, fornire orientamenti, costruire la giusta narrazione. E’ la condizione per tessere il legame tra la politica e il popolo e per mantenere salda la fiducia sociale. La politica spezzina deve -innanzitutto sull’Enel- dire la verità, anziché offrire ai cittadini un groviglio confuso e incomprensibile. Solo sulla base della verità può costruire la fiducia e trasmettere un messaggio mobilitante. Senza la “confessione” e la conseguente costruzione della fiducia che attiva le forze popolari nessun obiettivo di “riscatto” sarà raggiunto.
Bisogna innanzitutto “confessare” che a livello nazionale non esiste uno schieramento politico che oggi sia pienamente dalla nostra parte, dalla parte di una città che non vuole più accettare alcuna “servitù energetica”. Chi è al governo ha proposto un PNIEC (Piano nazionale sull’energia e il clima) che prevede che il carbone non sia sostituito subito dalle rinnovabili ma in parte dalle rinnovabili e in parte dal gas. E uno scenario senza il gas non è affatto proposto dall’opposizione, anzi.
Posso capire questa posizione, anche se non la condivido. Ma non posso capire l’inutile e insensata corsa al gas che è in corso: in Italia è già stato infatti autorizzato un numero sufficiente di impianti a gas, dopo il blackout del settembre 2003, grazie al decreto sblocca centrali dell’allora Governo Berlusconi.
Le nuove centrali elettriche a metano creeranno una situazione di sovrabbondanza: il parco di generazione ammonterà a 115.000 MW di potenza installata, quasi il doppio rispetto alla domanda massima sulla rete (58.219 MW nel luglio 2019, fonte Terna).
Non si capisce perché, allora, costruire ulteriori nuove centrali a gas, come propongono sia il governo che l’opposizione; e perché costruire, in particolare, una nuova centrale a gas a Spezia al posto di quella a carbone, come propone l’Enel (a cui il PNIEC demanda la proposta dei siti).
La battaglia che dobbiamo fare è quindi di impostazione “generale”: la strada da seguire non è quella indicata nazionalmente sia dal governo che dall’opposizione, ma è un’altra e si traduce in: “Stop al carbone, no alla realizzazione di nuovi impianti a gas, sì alle semplificazioni per le rinnovabili”.
La battaglia che dobbiamo fare è, subito dopo, di impostazione “particolare”: in ogni caso una nuova centrale a gas non può essere costruita nel cuore di un centro abitato, in mezzo alle case, in un territorio stretto tra mare e colline, che ha già ospitato per sessant’anni una centrale a carbone. E’ questa l’unica, vera, fortissima argomentazione che abbiamo, supportata da dati sanitari, sia pure parziali e risalenti a troppi anni fa. Ricordo come ottenemmo, negli anni Novanta, il depotenziamento e l’ambientalizzazione della centrale: esattamente con questa argomentazione. Avallata da un Presidente dell’Enel che disse: “Oggi non costruiremmo mai più una centrale in mezzo alle case”. Lo si vuole smentire venticinque anni dopo?
E’ chiaro che questa battaglia non è semplice: sia perché contrasta, in generale, con un’impostazione di altro segno; sia perché, in particolare, deve fare i conti con il fatto che è più semplice costruire una centrale a gas dove ne esiste già una a carbone. E’ quindi una battaglia che richiede grande responsabilità e unità di intenti della città. Anche a Spezia, per usare le parole del Presidente della Repubblica, “questo è il tempo dei costruttori” e “non vanno sprecate energie e opportunità per inseguire illusori vantaggi di parte”.

PERCHE’ NO AL RINVIO DELLA DATA DI CHIUSURA DELLA CENTRALE A CARBONE
Nei giorni scorsi è scoppiata un’altra questione: il Direttore generale per le infrastrutture e la sicurezza del sistema energetico del Ministero per lo Sviluppo Economico Gilberto Dialuce ha scritto che non si può autorizzare la chiusura della centrale a carbone spezzina, prevista entro il 2021. I motivi li ha ben spiegati Thomas De Luca in un articolo pubblicato su questo giornale: “Non si lega la chiusura del gruppo a carbone spezzino all’avvio del nuovo gruppo a gas, bensì alla capacità produttiva richiesta nell’area Nord del Paese. Un aspetto che coinvolge direttamente anche il nuovo impianto previsto da Enel alla Spezia, ma che richiede necessariamente anche la realizzazione e la messa in attività di almeno altre due centrali a gas” (“Enel, ecco a cosa è davvero legato lo stop al carbone”, 22 gennaio 2021).
La questione era già chiara da tempo. A Spezia ne aveva parlato Luigi Michi, responsabile strategia e sviluppo di Terna, la società che gestisce la rete di trasmissione elettrica in Italia, al convegno dei sindacati del 26 giugno 2019: “Il Nord è più in sofferenza che il resto d’Italia, gran parte del gas che serve all’Italia serve soprattutto al Nord”. Secondo Dialuce mancano, nel Nord, 500 MW di gas. Se è così, più che realizzare nuovi impianti, basterebbe aumentare le ore medie annue di esercizio delle centrali a gas esistenti. E comunque: che cosa si aspetta ad autorizzare i tanti progetti presentati da anni presso il Ministero dell’Ambiente che riguardano adeguamenti o nuove centrali a gas? Anche se, a questo punto, sorge spontanea una domanda: ma se da tutti (non da me e dalle associazioni ambientaliste) il gas viene considerato come un indispensabile combustibile di transizione perché i progetti giacciono senza risposta da mesi se non da anni? Ripeto: se fossero approvati tutti, sarebbero troppi, perché porterebbero a una produzione di energia esagerata.
Ci sono tutte dunque le condizioni, anche in questo caso, perché la città non sia sconfitta e perché la decisione del Ministero dello Sviluppo Economico sia rivista, mantenendo la data prevista di dismissione dell’attuale centrale a carbone.
Anche in questo caso la classe dirigente deve essere responsabile, unita, “costruttiva”, capace di una giusta narrazione che coinvolga la città.

La Spezia, palazzo di Via XX Settembre 119, costruito nel 1926 su progetto dell’ingegner Gino Bacigalupi
(2015) (foto Giorgio Pagano)

PERCHE’ E’ DECISIVO IL RUOLO DELLA REGIONE
La città potrà conquistare il “riscatto” se ci sarà questo salto in avanti della sua classe dirigente; e se esso sarà accompagnato da una forte intesa con la Regione, finora mancata. Questa forte intesa è necessaria non solo perché, nel procedimento di autorizzazione alla costruzione di nuove centrali elettriche, la Regione è decisiva: o dà l’intesa all’autorizzazione ministeriale, o la rifiuta, opponendosi così alla realizzazione della nuova centrale. Ma anche perché in ogni fase della vicenda il Comune è troppo debole se non ha a fianco la Regione. Anche nella battaglia per la conferma della data di dismissione del carbone è del tutto evidente che la Regione sarebbe di forte aiuto se sostenesse soluzioni per far fronte ai problemi, sollevati da Terna e dal Ministero, di sicurezza e di affidabilità del funzionamento della rete elettrica nazionale: potrebbe farlo ben più e meglio del solo Comune, proprio perché alle Regioni la legge assegna il compito di concorrere all’elaborazione della politica energetica nazionale.
Circa il no alla nuova centrale a gas, l’argomentazione da usare non può che essere, anche da parte della Regione, quella che va ripetuta sempre e dovunque: la specificità del nostro sito. Non si possono dismettere le centrali situate in lande desolate, come è stato fatto a Montalto di Castro, e mantenere invece le centrali costruite in mezzo alle case.
Per il “riscatto” servono le posizioni unitarie in Parlamento (è già successo nel dicembre 2019); servono le posizioni unitarie in Consiglio Comunale (è stato un grave errore avervi rinunciato, da parte della maggioranza, nei giorni scorsi; ma è stato possibile nell’ottobre 2019, perché non più?); è stato giusto predisporre una variante urbanistica riguardante le aree attualmente occupate da Enel, al fine di escluderne l’uso per impianti energetici. Ma mancano ancora le tre cose più importanti. La prima: uno studio sanitario aggiornato che rafforzi l’argomentazione chiave della città. La seconda: serve, come per le altre centrali a carbone in via di dismissione, un dialogo serrato tra Enel, Governo, Regione e Comune sull’uso alternativo delle aree in cui oggi è collocata la centrale. La terza: è decisivo che la Regione faccia fino in fondo la sua parte.
Può darsi che tutto questo non basti. In tal caso lo studio della storia della città ci spiega perfettamente che cosa si potrebbe fare ancora. L’ho già scritto in questa rubrica il 30 giugno 2019: “il Sindaco può esercitare un ruolo politico: c’è un atto forte, fortissimo, che solo lui può fare. L’unico, in una stretta drammatica, capace di scompaginare tutto. Il Sindaco sa cosa può fare, e qual è la sua forza”.

Sul tema rimando a questi articoli della rubrica:
Enel, i quattro errori da evitare”, 7 ottobre 2018
Lo studio SENTIERI e la battaglia per la dismissione dell’Enel”, 9 giugno 2019
Enel, se il Sindaco volesse…”, 30 giugno 2019
Un po’ di luce sull’Enel”, 22 settembre 2019
Enel, tutto va avanti come se niente fosse”, 17 novembre 2019
Enel, i due argomenti forti della città”, 2 febbraio 2020

lucidellacitta2011@gmail.com

Post scriptum:
Dedico questo articolo a due combattenti della libertà scomparsi nei giorni scorsi.
Il primo è Umberto Bellavigna “Willliam”. Mi ha onorato della sua amicizia, e della sua testimonianza nel libro “Eppur bisogna ardir”. Poche ore prima di andarsene ha voluto che, in un video su Whatsapp, gli ricordassi ancora la sua esperienza partigiana nel mitico Battaglione “Picelli”, a fianco di Dante Castellucci “Facio” e di Nello Quartieri “Italiano”. Il testo del mio ultimo saluto, ieri nella chiesa di Santa Maria, è leggibile nella rubrica di questo giornale “Lettere a Cds”.
Su “William” si veda, in questa rubrica, l’articolo “Il giovane ‘William’ e il tragico duello tra ‘Facio’ e ‘Salvatore’”, 22 febbraio e 1° marzo 2015.
Il secondo combattente della libertà è Igino Malatesta “Pantera”, partigiano della Brigata Garibaldi “Leone Borrini”. Sulla Brigata “Borrini” si veda, in questa rubrica, l’articolo: “I ribelli della Lunigiana e Aurelio Gallo, il torturatore” (22 aprile 2019).
Espressione del mondo contadino della “rossa” Merizzo (Villafranca Lunigiana), Igino Malatesta fu eletto Vicecomandante di distaccamento a soli diciassette anni.
Su YouTube potete vedere questo video: https://www.youtube.com/watch?v=8zDrm7Z1C68
La testimonianza è tratta dal film intervista “La Collina Rossa. Voci della Resistenza” a cura di Archivi della Resistenza, che racconta la storia della Brigata “Borrini”. “Pantera” racconta dei pidocchi e della fame: partendo dall’esperienza vissuta ci descrive la “scelta morale” dei partigiani come meglio non si potrebbe fare.

Popularity: 3%