Presentazione di “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello – Giovedì 19 dicembre 2024 ore 17 a Porto Venere – Ristorante La Marina Calata Doria
15 Dicembre 2024 – 19:29

Presentazione di
“Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”
di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello
Giovedì 19 dicembre 2024 ore 17
Porto Venere – Ristorante La Marina Calata Doria
I due …

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Dalla nautica all’energia, come cambia l’industria spezzina

a cura di in data 15 Febbraio 2012 – 16:41

Lunigiana, il Monte Marmagna al tramonto dai prati di Logarghena (2011) (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia – 12 Febbraio 2012 –La crisi cambia i connotati dell’industria spezzina. Gli yacht di Ferretti sono diventati cinesi: la conglomerata Shandong Heavy Industry Group (Shig), il più grande produttore cinese di bulldozer ma anche di motori marini, ha salvato la storica casa nautica travolta da 600 milioni di debiti. E’ stato il prezzo da pagare per non portare i libri in tribunale. Come hanno scritto i corrispondenti cinesi di Bloomberg, “lo Stato comunista controlla ora il più grande produttore di luxury yacht del mondo”. E’ la prova che il futuro dell’Europa dipende in maniera crescente dai capitali cinesi, che stanno facendo acquisti in massa di imprese e marchi europei: lo spettacolo della debolezza e della disunione dell’Europa è davvero preoccupante.

Un’altra casa storica della nautica, Baglietto, ha evitato il fallimento, invece, grazie all’intervento di un gruppo italiano, Gavio. Le due vicende, e la più generale difficoltà dell’industria nautica italiana, ci pongono una domanda: è ancora valida la scelta, che facemmo a cavallo del millennio, di riconvertire i vecchi cantieri navali in cantieri della nautica? Il settore è ancora portante per l’economia? La risposta è sì, a due condizioni. La prima è che le imprese si internazionalizzino ed esportino all’estero, perché il mercato interno è in crisi. Il che significa puntare sempre più sulle tecnologie di qualità, sulla struttura manageriale, sui consorzi tra imprese. E su formazione e ricerca: il polo universitario è decisivo, e il suo ridimensionamento è prova di autolesionismo da parte della classe dirigente. Meno male che l’Autorità Portuale ha deciso di entrare in Promostudi: non è ancora l’inversione di tendenza, ma è un buon segnale. La seconda è che si realizzi un centro di assistenza, manutenzione, service, refitting (miglioramento) per gli yacht del Mediterraneo. L’acquisto sta calando, ma questa richiesta cresce. Sarebbe una grande occasione di lavoro per tecnici, operai, membri di equipaggi. Se la Marina liberasse un’area per realizzare questo centro, diventeremmo la capitale della nautica del Mediterraneo.

Restando all’industria, aggiungo che la crisi va concepita anche come occasione per produrre cose nuove. Il motore sono le tecnologie di qualità, e quelle decisive sono, e saranno sempre più, quelle “verdi”. La Commissione europea, nella “Road Map” 2050, stima un aumento dell’occupazione nella green economy di oltre 1,5 milioni di posti: non solo grazie a fonti rinnovabili, risparmio energetico ed edilizia sostenibile, ma anche alla conversione ecologica di molti comparti industriali. Certo, dipenderà dal ruolo propulsivo dello Stato -il Ministro dell’Ambiente Clini ha annunciato una svolta a breve- e da strategie formative innovative, ma anche da scelte locali: Regione, Comuni, imprese, polo universitario. La parola d’ordine deve essere “Avanti tutta per la Spezia verde”. La green economy, nuovo paradigma tecnologico, è da noi un territorio quasi inesplorato, ma è mille volte più importante, sia per l’ambiente che per il lavoro, di una centrale a carbone. L’Enel, ma anche l’Eni, fanno sia ricerca che impianti nel settore delle rinnovabili e del risparmio: perché non a Spezia, dove sono presenti da tempo con grandi impianti impattanti?

Già, la centrale Enel di Vallegrande e il rigassificatore di Panigaglia… Quale sarà il loro futuro? In gran parte è legato alla ridefinizione della politica energetica nazionale, alla quale sta mettendo mano il Ministro dell’Industria Passera. La discussione, lo ha ben spiegato lo studioso Massimo Scalia in un incontro organizzato qualche giorno fa dall’Associazione Culturale Mediterraneo, verte su questo punto: come affrontare la fase di transizione da qui a un ulteriore sviluppo delle rinnovabili e del risparmio, che potrebbe coprire il fabbisogno entro il 2050? Secondo Scalia la rete italiana dovrebbe basarsi sul gas, che presenta caratteristiche ideali per combinarsi con le rinnovabili, e non sul carbone, per motivi ambientali e sanitari. In questo scenario, che condivido, la centrale di Vallegrande, che va sia a  gas che a carbone, dovrebbe dire addio al carbone. Lo scenario non comporta, però, quello che il mercato ci propone: rigassificatori dappertutto, raddoppio di quello di Panigaglia, ecc. Serve una programmazione organica, che consenta di realizzare gli impianti effettivamente necessari. Altrimenti si farebbe come per le centrali elettriche, che oggi permettono una produzione di energia di gran lunga sovrabbondante rispetto anche alle domande di punta presenti sulla rete.

Come si vede, le sfide la città ha davanti non sono facili. In nessun campo. Il tema vero, allora, è capire qual è la cosa giusta da fare per scegliere i candidati a sindaco. Si può seguire il metodo tradizionale e racchiudere questa scelta tra i gruppi dirigenti dei partiti: è legittimo. Oppure si può compiere un atto di coraggio e insieme di umiltà e responsabilizzare i cittadini sulla scelta dei nomi e delle priorità programmatiche. Ho sempre sostenuto che convocare le primarie sarebbe stato un atto importante e concreto per ridurre la distanza tra politica e cittadini. Il Pdl lo farà il 4 marzo: sembrava non fosse più così, ma ora la scelta è netta, e fa onore a questo partito. Nel centrosinistra è prevalsa la tesi opposta. Se ne capisce il motivo, cioè il fatto che ci sia un sindaco che ha fatto un solo mandato. Ma in Provincia, se si fosse votato, sarebbe andata diversamente. E’ questo che lascia un po’ di amarezza. Perché fa trasparire una visione delle primarie come lotta tutta interna, come sfida “contro” qualcuno e non “per” le idee nuove: una visione che non posso far mia. Detto questo, è vero che alla proposta di Sel il Pd e il sindaco hanno risposto offrendo un percorso alternativo basato comunque sull’ascolto e il coinvolgimento dei cittadini nell’elaborazione del programma. E’ indispensabile, per chi crede che il futuro della politica stia nella democrazia e nella partecipazione.

lucidellacitta2011@gmail.com

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